2025-07-12
Nagel arroccato dice l’ultimo no a Mps. Più Francia in Bpm
Il cda di Piazzetta Cuccia respinge l’Ops del Monte ma l’ad perde alleati. Crédit Agricole chiede alla Bce di salire oltre il 20%.Al centro del ring, nella luce cruda dei riflettori, mentre volano colpi di Borsa e sussurri da corridoi ministeriali, c’è lui: Alberto Nagel, ultima vestale di una Mediobanca che non c’è più. La trincea è più scoperta che mai.La battaglia è quella per il controllo dell’istituto fondato da Enrico Cuccia. E da lunedì il duello si fa ufficiale, con l’offerta di Montepaschi che promette di riscrivere le mappe della finanza italiana. E non solo a Piazzetta Cuccia ma anche a Piazza Meda, sede di Banco Bpm. I francesi di Crédit Agricole, infatti, hanno comunicato di aver chiesto alla Bce di superare la soglia del 20% dell’istituto guidato da Giuseppe Castagna pur restando sotto la soglia d’Opa. Perché intendono qualificare la partecipazione come «influenza notevole». Vuol dire che se l’Ops di Unicredit dovesse fallire, Banco Bpm parlerà con un forte accento francese. Anche per questo la giornata di ieri è destinata a restare negli annali della finanza italiana.Il consiglio d’amministrazione di Mediobanca, con tono più da ultimatum che da comunicato, ha respinto l’offerta pubblica di scambio di Monte dei Paschi di Siena con parole che scottano: «Ostile, priva di razionale industriale, inadeguata per gli azionisti». E ancora: sprechi per oltre 660 milioni, minore utile, perdita di talenti e di patrimonio, rischio reputazionale, esposizione a contenziosi legali. Il tutto condito da un verdetto tombale: «Un’offerta che danneggia la banca invece di rafforzarla». Ma mentre lancia missili per difendersi, il terreno intorno a Nagel si fa franoso.Uno dopo l’altro, i vecchi compagni d’arme si sfilano. Gilpar, società del gruppo Lucchini, ha venduto 5.000 azioni in un solo giorno, un’uscita che non sposta l’ago della bilancia in termini numerici, ma manda un messaggio chiarissimo: «ce ne andiamo». Prima ancora erano già usciti dal patto i Gavio, Banca Mediolanum e altri pattisti minori.La parola chiave è: disimpegno. Il patto di consultazione, una volta cuore pulsante dell’equilibrio di governance, oggi è ridotto a un fragile involucro. E Nagel, da stratega navigato, sa bene che la guerra non si vince senza esercito.E mentre i vecchi alleati abbandonano il campo, si muovono nuovi attori, mai così pesanti: le Casse previdenziali.Enasarco è salita silenziosamente fino al 2,52% del capitale, investendo oltre i due terzi della sua capacità azionaria in Mediobanca. Una mossa che il Financial Times ha definito «inusuale e sproporzionata». Ma di certo non casuale. E neanche solitaria. Anche Enpam, la potente cassa di medici e dentisti, avrebbe acquistato un altro 2% abbondante.Non serve il pallottoliere per capire che, se questi ingressi continueranno, l’Ops di Montepaschi potrebbe salire ben oltre la soglia del 35% che Siena considera un traguardo adeguato potendo già contare sul 20% di Delfin e il 10% di Caltagirone. E, in effetti, il progetto di Mps guidata da Luigi Lovaglio ha tutti i crismi di un’operazione di sistema: costruire un terzo polo bancario, ancorato al retail senese e alla finanza di investimento di Mediobanca. Un polo nazionale, strategico, patriottico quasi. Che male c’è? Nulla, salvo che chi viene inglobato non vuole.Il documento con cui Mediobanca ha respinto l’Ops è un capolavoro di diplomazia avvelenata. Elenca rischi patrimoniali, dissinergie, perdite di valore, ma soprattutto danni alla redditività e alla reputazione. Le cifre sono implacabili: 460 milioni di sprechi in caso di fusione, 665 milioni senza fusione. E quelle sinergie stimate da Mps? Secondo Nagel sono «poco realistiche», sulla base delle esperienze precedenti. Tradotto: abbiamo già visto film del genere, e finiscono sempre male.Non solo. Il board sottolinea che Mps non chiarisce l’assetto post-fusione, non specifica le autorizzazioni richieste e non dice nulla sui contenziosi legali da tre miliardi che gravano sul bilancio. Come se non bastasse, l’offerta è a sconto del 32%.E poi ci sono Delfin e Caltagirone, grandi protagonisti silenziosi, presenti in Mps, Mediobanca e Generali. Per Piazzetta Cuccia, il loro doppio ruolo crea un conflitto potenziale che può non coincidere con gli interessi degli altri azionisti. L’ombra lunga dei salotti buoni si allunga sull’operazione, tra disallineamenti e alleanze incrociate. Da lunedì parte l’Ops. E se finora è sembrata una guerra di comunicati e di strategie in penombra, adesso comincia la conta vera. Quella delle azioni. Degli azionisti. Delle scelte.Nagel ha sbarrato le porte.