
Caro Massimo Lovati, caro avvostar del caso Garlasco, le scrivo questa cartolina nella speranza che lei trovi il tempo per leggerla fra una comparsata e l’altra in tv. Ho visto infatti che da qualche tempo, insieme ai suoi colleghi protagonisti del celebre caso giudiziario, ha preso sui nostri schermi il posto occupato fino a qualche tempo fa dalle virostar: lei è il Burioni della cronaca nera, il Crisanti degli omicidi. Ci manca solo che si metta a chiedere green pass e vaccino obbligatorio per entrare nei tribunali e poi sarebbe proprio come loro. Più o meno con la stessa attendibilità, per altro. Come quando ha detto: «Chiara Poggi fu uccisa perché a conoscenza di segreti indicibili su esorcismi e riti satanici nella zona del pavese, però non posso provarlo. È un sogno». Ecco: lì mi ha ricordato il miglior Bassetti.L’altro giorno, sempre per aumentare la sua credibilità, ha accettato di incontrare l’ex paparazzo Fabrizio Corona che le proponeva di diventare protagonista del noto serial televisivo Gerry la Rana. Il quale serial televisivo Gerry la Rana non solo non è noto, ma non esiste neppure. Ma questo, ovviamente, è un dettaglio irrilevante per un protagonista dello show come lei: infatti ha colto al volo l’occasione per far bisboccia con l’ex galeotto Corona. E così ha tirato in ballo (a sproposito) Yara Gambirasio, ha accusato i pm di Pavia di giocare ai cavalli e via con le «lovatate» assortite che hanno suscitato perplessità nel suo assistito, Andrea Sempio, nonché un procedimento all’ordine degli avvocati. «Avevamo bevuto troppo», ha confessato poi rilanciando ancora più in alto la sua carriera. Chi è, infatti, che non sogna un avvocato di-vino?Originario di Vigevano, 73 anni, iscritto all’Albo dal 1982, una vita passata nei tribunali di provincia, sempre con quell’aria stropicciata da Tenente Colombo della bassa, un po’ sciamano un po’ fattucchiera, i capelli disinvolti e la erre arrotata («proprio quella di Gerry la Rana», le ha assicurato Corona), da quando ha scoperto le telecamere, ha cambiato vita: prima difendeva gli imputati, ora difende soprattutto i suoi spazi in tv. Riservando, per altro, parole dure ai suoi assistiti: ha definito Andrea Sempio «un comunista, un disadattato» e ha detto che lui e la sua famiglia sono «ignoranti come capre». Cosa, quest’ultima, probabilmente vera: altrimenti perché, caro avvocato, avrebbero accettato di farsi difendere da uno come lei?Un giorno ha detto di aver fatto un incubo: «C’era del Dna di Sempio nel Fruttolo», qualche tempo dopo si è fatto fotografare con il Fruttolo in mano insieme a una comitiva sempre piuttosto allegra, nonostante l’assenza di Corona. Un’altra volta per giustificare i prelievi di denaro dei suoi assistiti, ha detto che lei è abituato a farsi pagare in contanti, non perché ama il nero ma perché lo fa «anche il pescivendolo». In effetti la similitudine le calza a pennello: l’unica cosa che resta da capire è perché Sempio si faccia difendere da lei, anziché da un pescivendolo. Forse è solo per sottrarla alla sua vera vocazione. Per questo ho deciso di scriverle questa cartolina: rompa gli indugi, lasci la toga e resti in tv per fare, finalmente, quello che le viene meglio. Gerry la Rana, per l’appunto.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Cambia l’emendamento alla manovra di Fdi sulle riserve di Bankitalia: appartengono al popolo italiano. Il ministro Giorgetti apre ad aiuti per accedere alle paritarie. Un’altra idea porta a finanziare gli istituti per acquistare i testi da dare in prestito agli studenti.
Fratelli d’Italia non molla sul tema delle riserve auree della Banca d’Italia e riformula l’emendamento alla manovra che era stato bocciato. Un fascicolo che rimette insieme i segnalati dai gruppi, infatti, contiene il riferimento al fatto che «le riserve appartengono allo Stato». Il nuovo emendamento prevede una interpretazione autentica dell'articolo riguardante la gestione delle riserve auree del testo unico delle norme di legge in materia valutaria che, si legge, «si interpreta nel senso che le riserve auree gestite e detenute dalla Banca d'Italia appartengono al Popolo Italiano». Sparisce il riferimento al trasferimento della proprietà allo Stato.
Ansa
Al liceo Giulio Cesare di Roma spunta su un muro una «lista stupri», con accanto i nomi delle studentesse. Un gesto orribile, che viene subito cavalcato dalla sinistra per rilanciare la pasticciata norma sul consenso e le lezioni di «sessuoaffettività».
Ansa
Gli antagonisti, tra cui qualche ex brigatista, manifestano insieme a imam radicalizzati e maranza. Come Omar Boutere, italo marocchino ricercato dopo gli scontri a Torino, ritrovato a casa della leader di Askatasuna. Una saldatura evidente che preoccupa gli inquirenti.
La saldatura che preoccupa investigatori e intelligence ormai non è più un’ipotesi, è una fotografia scattata nelle piazze: gli antagonisti, compreso qualche indomito ex brigatista, manifestano contro Israele, marciano accanto agli imam radicalizzati comparsi in inchieste sul terrorismo jihadista e applaudono a predicatori salafiti che arringano la folla tra le bandiere rosse e quelle palestinesi. È tutto lì, in una sola immagine: anarchici, jihadisti, vecchio terrorismo rosso e sigle filopalestinesi fusi negli stessi cortei, con gli stessi slogan, contro gli stessi nemici. Una convergenza che non è spontanea: è il risultato di un’ideologia vecchia di 20 anni, quella di Nadia Desdemona Lioce, che aveva già teorizzato che «le masse arabe e islamiche espropriate e umiliate sono il naturale alleato del proletariato metropolitano».
Ansa
Solidarietà bipartisan alla «Stampa» per l’aggressione. Ma i progressisti glissano sugli antagonisti e usano il loro lessico. Francesca Albanese: «Sbagliato, ma sia un monito». Giorgia Meloni: «Parole gravi». La replica: «Vi faccio paura».
Alla fine, meno male che ci sono i social, dove impazzano le foto delle scritte sui muri della redazione della Stampa. «Free Palestine», «Giornali complici di Israele», «Free Shamin» (l’imam di Torino espulso), «Stampa complice del genocidio». Si può vedere questo e altro anche sui canali web di Intifada Studentesca Torino. Vedere la saldatura tra alcuni ambienti antagonisti e la frangia violenta dei pro Pal è ormai alla portata di tutti. Ma anche ieri gran parte della sinistra che ha espresso solidarietà alla redazione del quotidiano degli Elkann ha faticato a fare il più classico dei 2+2. E lo stesso vale anche per i giornalisti di Stampa e Repubblica, che nei loro comunicati ufficiali hanno completamente sorvolato sulla matrice dell’irruzione di venerdì, per nascondersi dietro espressioni generiche come «squadrismo» e «manifestanti».






