
Le associazioni islamiche oggi nelle vie di tante città italiane contro la violenza di genere sono schierate a sostegno del teologo radicale. Al quale è appena arrivata l'ennesima accusa di stupro.«Tutti in sella per dire no alla violenza e alla discriminazione contro le donne!», annunciando baldanzosi i promotori del «Progetto Aisha», iniziativa ideata dal Coordinamento delle associazioni musulmane di Milano, il Caim. Hanno organizzato per oggi, in varie città italiane (Roma, Milano, Bologna, Firenze, Genova, Napoli, Padova, Parma, Perugia, Torino e Verona), una biciclettata contro la «violenza di genere». Sumaya Abdel Qader, consigliere comunale milanese del Partito democratico, già esponente del Caim e grande sponsor dell'iniziativa, ricorda soddisfatta che Aisha gode del «patrocinio del Municipio 3 e del Comune di Milano». Non solo, anche l'Atm, l'azienda milanese dei trasporti, ha deciso di dare il suo contributo: tramite Bikemi, il serivizo comunale di bike sharing, ha messo a disposizione 100 bici per coloro che intendono partecipare all'evento odierno. Già l'8 marzo scorso, l'Atm aveva donato 5 euro ad Aisha per ciascuno dei primi cento partecipanti a un'iniziativa analoga. Su quel contributovuole indagare Matteo Forte, consigliere comunale di Milano popolare, che in un'interrogazione alla giunta ha chiesto lumi. Ha notato una contraddizione: Aisha (che prende il nome dalla sposa bambina di Maometto) nasce dal Caim, un'associazione che, dal 2015, collabora con Diyanet, cioè l'agenzia per gli affari religiosi del governo turco, la quale fornisce borse di studio per la formazione di imam. È curioso, a proposito di violenza sulle donne, che Diyanet si sia «pronunciata favorevolmente rispetto alla possibilità di contrarre matrimonio con ragazzine in età addirittura preadolescenziale», ha scritto Forte. Viene da chiedersi come mai il Comune di Milano sostenga un'associazione che vanta una simile rete di contatti. Ma c'è anche un'altra questione da rimarcare, sempre nell'ambito della «violenza di genere». Il coordinatore del Caim è un signore di nome Omar Jibril, che da tempo è impegnato (come molti altri esponenti musulmani appartenenti a quella galassia) a difendere Tariq Ramadan, celebre teologo islamico attualmente detenuto in Francia dopo che varie donne lo hanno accusato di violenza sessuale. L'ultima accusa è freschissima. Una donna svizzera si è presentata in Procura a Ginevra con un fascicolo di 13 pagine in cui ha raccontato uno stupro subito dal professore musulmano (già docente a Oxford). La signora, come altre che hanno accusato Tariq, è una convertita all'islam e ha spiegato di essere stata aggredita nel 2008. Qui non parliamo di denunce a mezzo stampa contro registi o attori, ma di donne che si sono rivolte alle autorità, raccontando molestie e abusi raccapriccianti (che vanno dalle botte alla sodomia passando per lo stalking. A una delle vittime Ramadan avrebbe addirittura orinato addosso). La prima ad aver chiamato in causa il professore, la scrittrice Henda Ayari, è stata messa sotto protezione dopo aver ricevuto minacce di morte. Persino Bernard Godard, personalità influente dell'islam francese, ha dichiarato che era noto a tutti che Ramadan «avesse molte amanti, che guardasse i siti, che le ragazze fossero portate all'hotel dopo le conferenze, che le invitasse a spogliarsi, che alcune facessero resistenza, che potesse diventare violento e aggressivo». Eppure, il Caim continua a difendere Tariq a spada tratta. Certo, finché non ci sarà una sentenza resta non colpevole, ma un pizzico di cautela ci vorrebbe. Specie se poi si organizzano manifestazioni in bici per ribadire che «le donne sono in primis dei soggetti (e non degli oggetti) autonomi».Il coordinatore del Caim, Omar Jibril, scrive sui social network che «l'amico e fratello Tariq Ramadan è stato calunniato ed accusato pubblicamente. [...] Forse è l'unico modo che hanno trovato per far tacere il più importante intellettuale e filosofo musulmano europeo di sempre. La Francia vive un nuovo affare Dreyfus». Le sue posizioni non stupiscono, del resto Ramadan è il nipote di Hasan Al Banna, musulmano radicale fondatore dei Fratelli musulmani, quindi è un'istituzione da venerare. Resta un po' meno comprensibile, tuttavia, il motivo per cui istituzioni come il Comune di Milano diano appoggio e fondi ad associazioni che portano in trionfo Tariq, uno accusato, tra le altre cose, di aver picchiato una donna invalida. Uno che è in carcere da febbraio. Uno che, secondo un giudice belga che sta lavorando sul suo caso, ha pagato 33.000 dollari a Majda Bernoussi, donna di origine marocchina, perché non rivelasse pubblicamente i dettagli della loro relazione. Se ai musulmani che montano in sella contro la violenza sulle donne tutto ciò non interessa, dovrebbe invece interessare a noi e ai nostri governanti. I quali dovrebbero chiarire i loro rapporti con l'islam radicale: come ha certificato pure la Procura di Milano, il tema è di grande interesse per la cittadinanza. Noi rimaniamo qui, in attesa di sapere.
Bivacco di immigrati in Francia. Nel riquadro, Jean Eudes Gannat (Getty Images)
Inquietante caso di censura: prelevato dalla polizia per un video TikTok il figlio di un collaboratore storico di Jean-Marie Le Pen, Gannat. Intanto i media invitano la Sweeney a chiedere perdono per lo spot dei jeans.
Sarà pure che, come sostengono in molti, il wokismo è morto e il politicamente corretto ha subito qualche battuta d’arresto. Ma sembra proprio che la nefasta influenza da essi esercitata per anni sulla cultura occidentale abbia prodotto conseguenze pesanti e durature. Lo testimoniano due recentissimi casi di diversa portata ma di analoga origine. Il primo e più inquietante è quello che coinvolge Jean Eudes Gannat, trentunenne attivista e giornalista destrorso francese, figlio di Pascal Gannat, storico collaboratore di Jean-Marie Le Pen. Giovedì sera, Gannat è stato preso in custodia dalla polizia e trattenuto fino a ieri mattina, il tutto a causa di un video pubblicato su TikTok.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Il ministro fa cadere l’illusione dei «soldi a pioggia» da Bruxelles: «Questi prestiti non sono gratis». Il Mef avrebbe potuto fare meglio, ma abbiamo voluto legarci a un mostro burocratico che ci ha limitato.
«Questi prestiti non sono gratis, costano in questo momento […] poco sopra il 3%». Finalmente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti fa luce, seppure parzialmente, sul grande mistero del costo dei prestiti che la Commissione ha erogato alla Repubblica italiana per finanziare il Pnrr. Su un totale inizialmente accordato di 122,6 miliardi, ad oggi abbiamo incassato complessivamente 104,6 miliardi erogati in sette rate a partire dall’aprile 2022. L’ottava rata potrebbe essere incassata entro fine anno, portando così a 118 miliardi il totale del prestito. La parte residua è legata agli obiettivi ed ai traguardi della nona e decima rata e dovrà essere richiesta entro il 31 agosto 2026.
I tagli del governo degli ultimi anni hanno favorito soprattutto le fasce di reddito più basse. Ora viene attuato un riequilibrio.
Man mano che si chiariscono i dettagli della legge di bilancio, emerge che i provvedimenti vanno in direzione di una maggiore attenzione al ceto medio. Ma è una impostazione che si spiega guardandola in prospettiva, in quanto viene dopo due manovre che si erano concentrate sui percettori di redditi più bassi e, quindi, più sfavoriti. Anche le analisi di istituti autorevoli come la Banca d’Italia e l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) tengono conto dei provvedimenti varati negli anni passati.
Maurizio Landini (Ansa)
La Cgil proclama l’ennesima protesta di venerdì (per la manovra). Reazione ironica di Meloni e Salvini: quando cade il 12 dicembre? In realtà il sindacato ha stoppato gli incrementi alle paghe degli statali, mentre dal 2022 i rinnovi dei privati si sono velocizzati.
Sembra che al governo avessero aperto una sorta di riffa. Scavallato novembre, alcuni esponenti dell’esecutivo hanno messo in fila tutti i venerdì dell’ultimo mese dell’anno e aperto le scommesse: quando cadrà il «telefonatissimo» sciopero generale di Landini contro la manovra? Cinque, dodici e diciannove di dicembre le date segnate con un circoletto rosso. C’è chi aveva puntato sul primo fine settimana disponibile mettendo in conto che il segretario questa volta volesse fare le cose in grande: un super-ponte attaccato all’Immacolata. Pochi invece avevano messo le loro fiches sul 19, troppo vicino al Natale e all’approvazione della legge di Bilancio. La maggioranza dei partecipanti alla serratissima competizione si diceva sicura: vedrete che si organizzerà sul 12, gli manca pure la fantasia per sparigliare. Tant’è che all’annuncio di ieri, in molti anche nella maggioranza hanno stappato: evviva.





