Mps, Profumo e Viola dovranno ancora aspettare per la sentenza d'appello

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Mps, Profumo e Viola dovranno ancora aspettare per la sentenza d'appello
Turiddo Campaini, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola durante il primo cda di Banca Monte dei Pachi di Siena presieduto da Alessandro Profumo. Siena, 3 maggio 2012 (Ansa)

La recente assoluzione in cassazione dell'ex presidente di Mps Giuseppe Mussari e quella dell'ex direttore generale Antonio Vigni, faceva ben sperare anche i loro successori. Bisognerà però attendere il 27 novembre. La presentazione di 4 memorie da parte delle parti civili ha fatto slittare l'udienza.



Dopo che la Cassazione aveva confermato poche settimane fa le assoluzioni dell'ex presidente di Mps Giuseppe Mussari e quella dell'ex direttore generale Antonio Vigni, come deciso in appello il 6 maggio 2022, anche gli altri vertici sotto processo Alessandro Profumo e Fabrizio Viola si aspettavano un’assoluzione in appello. Del resto, la Corte d’appello aveva già deciso di rinviare la sentenza, per attendere gli esiti della Cassazione. Così, il 27 ottobre erano entrambi presenti in aula. Ma dovranno aspettare almeno fino al 27 novembre, perché durante l’udienza di oggi i giudici della seconda sezione penale hanno deciso di rinviato di un mese per l'udienza in cui dopo l'ultimo intervento di repliche, quello della difesa di Mps, entreranno in camera di consiglio per il verdetto.

Lo scorso 31 marzo il sostituto pg Massimo Gaballo aveva chiesto di confermare le condanne di primo grado per i due manager. Per il terzo co-imputato Paolo Salvadori, ex presidente del collegio sindacale dell'istituto di credito, condannato dal tribunale a tre anni e sei mesi, invece, il rappresentante dell'accusa ha richiesto la nullità della condanna per incompetenza territoriale in favore di Siena. A pesare sul rinvio della sentenza è stato il deposito di 4 memorie da parte delle parti civili che rispondevano punto per punto alle difese, anche perché l’avvocato Gaetano Longobardi ha voluto ribadire in aula come si insista «a negare che le operazioni fossero derivati e dovessero essere contabilizzate a ‘saldi chiusi» e come gli imputati «Profumo e Viola avessero agito con dolo e malafede».

Longobardi, di fondo, ha insistito sul fatto «che Profumo, Viola ed in generale la Banca sapessero che le operazioni erano derivati: è anche questo un fatto che possiamo dare per scontato ed acquisito. Come ricordato se lo scrivevano nei documenti interni ‘riservati e confidenziali’ e nelle carte altrettanto riservate per il Consiglio d’Amministrazione». E soprattutto ha ribadito che la natura del derivato era stata riconosciuta dai primi procuratori, «i Sostituti procuratori Giordano Baggio, Stefano Civardi e Mauro Clerici che ad agosto 2016 pur chiedendo l’archiviazione non esitavano a riconoscere che “gli elementi acquisiti nel corso delle indagini” dimostravano “la natura di derivato”». Concetto che era stato ribadito, da Gip Livio Cristofano che ha invece disposto il rinvio a giudizio coattivo, secondo cui possiamo «dare per scontato ed acquisito” che l’operazione sono derivati». Ad affermarlo sono state anche le autorità di controllo a cui era affidata la vigilanza prudenziale e informativa di Mps o delle sue controparti. In particolare, lo hanno detto la Banca d’Italia la Banca Centrale Europea la Bafin e ultimo la Consob.

(Ansa)

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio: «Come si fa a parlare di attentato alla Costituzione, non si può fare attraverso una legge prevista dalla stessa Costituzione. Siamo alla schizofrenia». «Se la magistratura si aggrega alla politica in una lotta elettorale, sarà interpretata dalla cittadinanza come soggetto politico e perderebbe il connotato di imparzialità e indipendenza che un magistrato deve avere. Quando ho detto questo, mi è stato obiettato di aver paura di perdere il referendum, ma se vinciamo nella fisiologia della politica, la magistratura subirebbe una sconfitta politica che non è mai indolore».

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