2025-05-19
Mozzarella, antica meraviglia italiana. Donata dai monaci e amata dal Papa
Se esiste un alimento rappresentativo della cultura tricolore, questa è lei. Originaria del Sud, viene citata già da Plinio il Vecchio. Forme, dimensioni e peso cambiano, ma la fedeltà alle radici rimane. E sfatiamo il mito che non vada abbinata coi pomodori.Se volete offrire a qualcuno una mozzarella decontestualizzata dal suo ruolo di secondo piatto, oltre al - per noi un po’ kitsch - pandoro di mozzarella che vien fuori ogni Natale, ora potreste offrire anche un Mozza cone: una mozzarella da passeggio posizionata su un cono, che sfrutta l’estetica e la struttura del gelato, ma non per servire la dolce crema, e gioca con la forma di un altro alimento ricreandolo di mozzarella. La mozzarella in foggia di pandoro o la mozzarella da passeggio sono chiaramente elaborazioni estemporanee, che possono entusiasmare (non noi), la realtà della mozzarella vera e propria è invece un punto fermo plurisecolare. Ci sono prodotti alimentari italiani veramente intoccabili, e per noi la mozzarella è uno di questi: non dobbiamo sperperare troppo tempo sulle novità, meglio impiegarlo per conoscere di più la sua storia, la sua realtà.La mozzarella è uno dei formaggi che più attraggono le papille gustative in Italia. Si tratta di un formaggio molle e fresco, a pasta filata, originario del Sud Italia e da lì diffusosi in Centro Italia e poi ovunque nello Stivale. Oggi è prodotta anche fuori dai nostri confini, ma la mozzarella è uno di quei viveri che non perdono produttori locali per l’avanzare di quelli stranieri (e/o industriali). La mozzarella che più mangiamo è quella di latte vaccino. Possiamo trovarla chiamata mozzarella, mozzarella di latte vaccino o fior di latte. Esiste poi quella di bufala e anche quella di latte di pecora o addirittura di latte caprino, che è più rara perché la cagliata di capra è più difficile da filare. Abbiamo infatti detto che la mozzarella è un formaggio a pasta filata. Come si produce? Si versa il latte fresco in vasche e si filtra, si fa coagulare, si aggiungono caglio e fermenti lattici, si fa riposare, si rompe e affetta la cagliata ottenuta e la si fa scolare, si aggiunge il siero caldo che acidifica la cagliata e poi la si lavora, in acqua, aiutandosi con un bastone di legno, finché diviene una specie di pasta bianca ed elastica, pasta che il casaro «mozza» creando ad ogni mozzatura della cima della pasta una mozzarella. Le mozzarelle poi si pongono in acqua e sale e infine si confezionano. Perciò si chiama mozzarella: da mozza, essendo la mozza la «pallina» di formaggio che si mozza dal filo di pasta durante l’operazione chiamata mozzatura. Nell’Archivio Episcopale di Capua si trova la prima attestazione della parola «mozza»: i monaci del monastero di San Lorenzo in Capua usavano sfamare i pellegrini con pane fresco farcito con mozza o provatura. La provatura era una sorta di mozzarella conservabile più a lungo, che poi è stata scalzata via quando la mozzarella è divenuta conservabile. E distribuibile. Noi non ci pensiamo, abituati a guardare le cose cogli occhi attuali, ma prima dell’avvento della ferrovia si mangiava soltanto locale - a parte pochi beni conservabili e trasportabili anche a lunga distanza con mezzi di trasporto più lenti delle rotaie - perché non solo l’idea della cucina globalizzata era inaudita, lo era anche la pratica. Per portare una mozzarella da Capua a Milano senza vagoni frigo e treni ci sarebbero voluti giorni e sarebbe arrivata marcia. Dunque la mozzarella si consumava molto fresca e là dove si produceva ossia nell’area centromeridionale. La prima testimonianza storica sulla produzione casearia dell’Italia meridionale ci viene da Plinio il Vecchio il quale, nella Naturalis Historia, cita il «laudatissimum caseum» del Campo Cedicidio, probabilmente la piana del Metapontino fino al fiume Bradano. Con un bel salto temporale, giungiamo al secolo XV e troviamo un documento marchigiano del 1496 che fa riferimento agli alimenti che si trovano sulle tavole ricche, come per esempio la mozza. La mozza si mangia anche a Roma ed è a Roma che troviamo la sua prima attestazione scritta dell’attuale nome: in Opera di M. Bartolomeo Scappi, cuoco secreto di papa Pio V. Divisa in sei libri, il cuoco del Papa, appunto, la chiama mozzarella e ci dice che si mangiava anche alla mensa papale. È la prima attestazione scritta in un ricettario finora nota del termine mozzarella. Gli aneddoti storici intorno alla mozzarella sono ancora tanti: quando iniziano a diffondersi le città a scapito delle campagne, dalle campagne limitrofe si vanno a vendere in città i prodotti agricoli anche porta a porta. Assieme al latte fresco, giungono agli usci cittadini anche le mozzarelle appena prodotte. La mozzarella è uno dei formaggi italiani più amati in Italia, sì, ma anche all’estero. In questo periodo storico in cui non tutto, certo, ma tanto cibo subisce una riformulazione formale ossia lo si produce in forme nuove, la mozzarella è uno di quegli alimenti in cui la forma si è già espressa in molte direzioni istitutivamente: si produce in forma sferica coi lati larghi piatti, di varie pezzature, dagli 80 ai 500 grammi (ma ci sono anche le mozzarellone di bufala da 5 chili), ma c’è anche la treccia, la ciliegina, il fiaschetto. E poi il rotolo, perfetto da arrotolare dentro una frittata, o la pasta sfoglia, e il panetto per pizza. Vogliamo spezzare una piccola lancia a favore della mozzarella da pizza in panetto. Contenendo meno acqua e meno grasso, il 15-20% circa, contro il 20-25% di quella da tavola, la mozzarella da pizza - che si può usare anche nei pasticci di pasta - garantisce di non perdere acqua e di non appesantire. Se si deve fare una pizza casalinga per un pasto per tutti i giorni, meglio usare questa, secondo noi, e apprezzare la mozzarella bella «lattosa» mangiandola a crudo, accanto a un bel prosciutto e un bel pomodoro. Altra questione: è vero che la mozzarella e il pomodoro, che insieme compongono l’insalata caprese, ma anche il topping più noto al mondo, quello della pizza margherita, non si dovrebbero mangiare insieme? No, non è vero. Se è vero che l’acidità del pomodoro può aumentare la secrezione gastrica e il grasso della mozzarella rallenta la digestione e che, quindi, i due insieme potrebbero appesantire la digestione, be’ questo è però vero per chi ha un apparato digestivo delicato o soffre di patologie in loco, come il reflusso gastroesofageo, e deve già evitare, per altro, cibi acidi come il pomodoro e proteici con grassi come la mozzarella, anche separati. Per gli stomaci buoni, nessun disagio. A livello nutrizionale, la mozzarella ha fama di formaggio leggero e rispetto agli stagionati certamente lo è. Se per esempio un Parmigiano Reggiano presenta ogni 100 g 430 calorie, la nostra ne ha 250: 18,7 g sono proteine. 19,5 g sono di grassi e 0,7 g sono di carboidrati. Come si vede la mozzarella ha tante proteine quanti grassi, ma per esempio un Parmigiano Reggiano ha 29 g di grassi. Altra preoccupazione di molti è il colesterolo. Ma la mozzarella ne contiene molto meno rispetto ad altri formaggi. Esempio: Parmigiano Reggiano 91 mg di colesterolo ogni 100 g, mozzarella 46, la metà. Oltre a saziare, per via delle proteine, la mozzarella è una grande fornitrice di calcio e di fosforo: con 350 mg del primo e 350 mg del secondo, la mozzarella ci fornisce quasi la metà del fabbisogno, essendo 800 i mg di calcio e 800 i mg di fosforo consigliati al giorno. Il calcio serve alla salute di ossa e denti, la contrazione muscolare e la coagulazione del sangue. Inoltre, il calcio è coinvolto nella trasmissione nervosa. Il fosforo svolge un ruolo altrettanto importante nella salute di ossa e denti, nella produzione di energia e nel funzionamento delle cellule. La mozzarella è anche utile contro la gotta: mozzarella, crescenza, scamorza, caciotta, Asiago e Fontina sono indicati dalla Società Italiana di Reumatologia tra gli alimenti consigliati contro la gotta. Per una porzione ideale di mozzarella non superate i 50-100 g due, al massimo tre volte a settimana, e accompagnatela con verdure.
Friedrich Merz e Giorgia Meloni (Ansa)
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