
Mosca rafforza la sua presa sul Sahel. La Russia e il Mali hanno firmato una serie di accordi che puntano a consolidare i loro già saldi legami.
Il 23 giugno, il leader della giunta militare del Mali, il colonnello Assimi Goïta, si è recato nella capitale russa, per tenere dei colloqui con Vladimir Putin. «Questa visita ufficiale contribuirà ad approfondire ulteriormente le nostre relazioni in uno spirito di fiducia reciproca e di rispetto della sovranità», ha dichiarato il leader maliano. «Ci sono buoni ambiti per una futura cooperazione: l'esplorazione geologica, lo sviluppo delle risorse naturali, l'energia, la logistica e il settore umanitario», ha affermato, dal canto suo, Putin.
Nell’occasione, sono state annunciate intese finalizzate a rafforzare la cooperazione sia in materia economica che nucleare. Tutto questo, senza dimenticare un comparto cruciale come quello della sicurezza. A destare l’attenzione è stato tuttavia soprattutto l’accordo relativo all’energia atomica. L’intesa parla di un suo uso pacifico, che dovrebbe essere implementato in collaborazione con la società statale russa Rosatom.
Insomma, i legami tra Mosca e Bamako si sono ulteriormente rafforzati. Non è d’altronde un mistero che, oltre al Mali, il Cremlino sta consolidando la propria influenza anche su Burkina Faso e Niger. Non a caso, questi tre Paesi africani, nel 2023, hanno firmato un patto di cooperazione militare benedetto de facto dalla Russia: un patto che, al contrario, ha inferto un duro colpo geopolitico alla Francia. Un aspetto da sottolineare risiede nel fatto che, oltre a rafforzare la presa sul Sahel, Putin abbia confermato la propria presenza in Cirenaica a favore del generale Khalifa Haftar. Il che rappresenta potenzialmente un problema per il fianco meridionale della Nato, che rischia di ritrovarsi sottoposto a una crescente pressione da parte della Russia.
La strategia africana di Mosca dunque prosegue. E questa potrebbe essere una delle ragioni per cui, rispetto al suo primo mandato presidenziale, Donald Trump sembra stavolta maggiormente interessato a quanto accade nel continente. Per l’attuale Casa Bianca è infatti impellente cercare di arginare la crescente influenza russa e cinese nell’area. Non a caso, la sua amministrazione ha mediato un accordo di pace tra il Ruanda e la Repubblica Democratica del Congo, ha bombardato l’Isis in Somalia e inviato i vertici di Africom a incontrare le leadership politiche libiche.
Questo quadro potrebbe spingere Trump non solo a rilanciare il fianco meridionale della Nato ma anche a giocare maggiormente di sponda con Roma nell’ambito del Piano Mattei. Il presidente americano è del resto preoccupato dal fatto che, nel 2024, il suo predecessore abbia ritirato i soldati statunitensi dal Niger.






