
L'ex governatore accusato di finanziamento illecito: avrebbe pilotato le scelte dell'ente in cambio di fondi da parte dell'ex capo della Confindustria locale. Quest'ultimo era «amico» di tutti, da Leoluca Orlando ad Angelino Alfano.Se non l'avessero ribattezzata Duble face, l'inchiesta della Procura di Caltanissetta sulla rete di relazioni del cavaliere Calogero Antonio Montante detto Antonello, l'ex presidente di Confindustria Sicilia diventato il paladino dell'antimafia e finito agli arresti domiciliari con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, avrebbe di sicuro preso il nome di Do ut des. Montante, stando alle ricostruzioni dell'accusa, avrebbe pilotato le scelte del governo di Rosario Crocetta grazie alla nomina delle sue fedelissime, pronte a fare avere finanziamenti al presidente di Confindustria Sicilia. E Montante avrebbe ricambiato con bei «piccioli» per la campagna elettorale 2012 della lista Crocetta, impedendo anche, secondo la Procura, «che venisse reso pubblico da parte di giornalisti un video dal contenuto scabroso attinente la vita privata di Crocetta». L'ex governatore è indagato per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e al finanziamento illecito. E con lui ci sono anche anche gli ex assessori alle Attività produttive Linda Vancheri e Mariella Lo Bello e l'ex presidente dell'Irsap (l'ente regionale per lo sviluppo delle attività produttive) Mariagrazia Brandara. E a dimostrazione del fatto che molti dei nomi che compaiono nell'ordinanza di custodia cautelare sono stati iscritti sul registro degli indagati c'è un avviso a comparire per rendere interrogatorio come persona indagata per l'attuale presidente di Sicindustria Giuseppe Catanzaro. L'inchiesta quindi non è ancora chiusa. I magistrati continuano a scavare nei file Excel trovati nel server delle aziende di Montante. E con quelli hanno completato il catalogo di nomi, cognomi e cariche di chi si era rivolto a Montante per una raccomandazione. «Non ho mai avuto vantaggi, né appalti, né finanziamenti, né agevolazioni», ha detto ieri al gip di Caltanissetta durante il suo interrogatorio. In cambio, infatti, secondo l'accusa, chiedeva informazioni. E grazie alle amicizie con i vertici delle forze dell'ordine e dei servizi segreti e al cordone della stampa amica, agli occhi dei siciliani appariva come un intoccabile. Uno che non aveva bisogno d'altro. Ad esempio, nelle carte dell'inchiesta, emerge che nonostante avesse tutti i politici siciliani di primo piano alla sua corte, snobbava chi gli chiedeva di scendere in campo. È accaduto con Raffaele Lombardo, che quando era governatore gli fece chiedere da Emma Marcegaglia di diventare un suo assessore. Montante rispose picche. Non ne aveva bisogno, vista la sua «tentacolare rete di rapporti». Uno a uno erano passati da lui: il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il sindaco di Catania Enzo Bianco, l'ex ministro Maria Cancellieri, l'ex vicepresidente del Csm Michele Vietti. E tra i tanti nomi c'è anche quello di Tiziana Miceli, accanto all'annotazione: «Moglie di Angelino, luglio 2011». È la consorte del ministro Angelino Alfano, con il quale Montante, stando alla sua agenda piena di annotazioni su cene e appuntamenti, aveva un rapporto stretto. Quasi come l'ex senatore Beppe Lumia, che per i magistrati è uno dei «soggetti politici che forse più di ogni altro l'ha sponsorizzato». «Schizzi di fango, querelerò», annuncia il senatore del Pd. Una bella fetta dell'inchiesta si basa sulle dichiarazioni di grandi accusatori, tra i quali c'è l'ex numero due di Confindustria Sicilia, Marco Venturi. E i magistrati annotano, oltre alla già nota richiesta di finanziamenti in nero per la campagna elettorale di Crocetta, anche di una richiesta «di Lumia a Venturi per chiedere la revoca di un provvedimento di interdittiva a danno di un imprenditore». Perché Lumia non voleva proprio che saltasse un lotto dell'ex Asi all'imprenditore amico. Voleva invece, stando sempre alle gole profonde dell'inchiesta, costringere Massimo Romano, re dei supermercati in Sicilia, a denunciare un'estorsione mai avvenuta.Un'altra relazione saltata fuori dai file excel, alla quale i magistrati dedicano qualche paginetta, è quella con il giornalista Lirio Abbate: tra il 2008 e il 2014 gli incontri annotati sul diario di Montante fanno il testa a testa con quelli di Alfano. Pranzi con il giornalista e Ivan Lo Bello, colazioni all'hotel Bernini di Roma, giri in barca. E un curriculum, quello della moglie Monica, da inviare a Fabio Tamburini che, sottolineano gli investigatori, «come si ricava da fonti aperte, è stato direttore di Radio 24», testata per la quale, si legge nei documenti giudiziari, la moglie di Abbate «risulta aver prestato attività di collaborazione». Proprio mentre dal blog di Roberto Galullo sul Sole 24 Ore, a più riprese, si levavano gli scudi a difesa di Montante. Difese d'ufficio che, invece, non erano arrivate da Lo Bello e che scatenarono l'ira di Montante. Nella suite di un hotel romano si scagliò fisicamente contro l'ex amico. A detta della Vancheri a separarli intervenne l'ex magistrato Antonio Ingroia, presente per collaborare con Montante nella stesura del documento con il quale Lo Bello avrebbe dovuto difenderlo pubblicamente.
Kaja Kallas (Ansa)
Nella Commissione Ue si deplora il livello «rivoltante» di corruzione in Ucraina. Lo scandalo mazzette rafforza la posizione di Orbán e il veto belga sull’uso degli asset russi. Kallas invece rimane coi paraocchi.
In Europa faticano ad ammetterlo e c’è pure chi - tipo Kaja Kallas, che smania per farci indossare gli elmetti - tiene su i paraocchi. Ma la verità è che lo scandalo delle mazzette in Ucraina ha rotto qualcosa nell’idillio tra Kiev e Bruxelles. Con l’opinione pubblica già stressata dall’ossessiva evocazione di un grande conflitto contro la Russia, messa di fronte alla prospettiva di un riarmo a tappe forzate, anche al prezzo della macelleria sociale, diventa complicato giustificare altre liberali elargizioni a Volodymyr Zelensky, con la storiella degli eroi che si battono anche per i nostri valori.
Volodymyr Zelensky (Ansa)
S’incrina il favore di cancellerie e media. Che fingevano che il presidente fosse un santo.
Per troppo tempo ci siamo illusi che la retorica bastasse: Putin era il cattivo della storia e quindi il dibattito si chiudeva già sul nascere, prima che a qualcuno saltasse in testa di ricordare che le intenzioni del cattivo di rifare la Grande Russia erano note e noi, quel cattivo, lo avevamo trasformato nel player energetico pressoché unico. Insomma la politica internazionale è un pochino meno lineare delle linee dritte che tiriamo con il righello della morale.
L’Unesco si appresta a conferire alla cucina italiana il riconoscimento di patrimonio immateriale dell’umanità. La cosa particolare è che non vengono premiati i piatti – data l’enorme biodiversità della nostra gastronomia – ma il valore culturale della nostra cucina fatta di tradizioni e rapporto con il rurale e il naturale.






