2025-06-17
Il Mondiale per Club entra nel vivo: bene le europee, ma occhio alle sudamericane
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Ansa
Oltre alla prevedibile goleada del Bayern Monaco contro la favola neozelandese dell’Auckland City, buoni esordi per Psg (travolto 4-0 l’Atletico Madrid) e Chelsea (2-0 al Los Angeles Fc). Il Boca Juniors (senza Cavani) ha pareggiato 2-2 con il Benfica (espulso Belotti). Oggi è il giorno dell’Inter, in campo a Pasadena contro il Monterrey. Domani tocca alla Juve contro l’Al-Ain.
Oltre alla prevedibile goleada del Bayern Monaco contro la favola neozelandese dell’Auckland City, buoni esordi per Psg (travolto 4-0 l’Atletico Madrid) e Chelsea (2-0 al Los Angeles Fc). Il Boca Juniors (senza Cavani) ha pareggiato 2-2 con il Benfica (espulso Belotti). Oggi è il giorno dell’Inter, in campo a Pasadena contro il Monterrey. Domani tocca alla Juve contro l’Al-Ain.Siamo solo al terzo giorno del nuovo Mondiale per club, ma i primi segnali parlano chiaro: le squadre europee, fresche di successi continentali, sono arrivate negli Stati Uniti con un chiaro obiettivo, vincere, fare più strada possibile nel torneo milionario della Fifa e assicurarsi una buona fetta di premi, oltre che di gloria. E lo stanno dimostrando sul campo. A partire dal Paris Saint-Germain, che ha inaugurato il torneo con lo stesso strapotere visto nella finale di Champions League dello scorso 31 maggio a Monaco di Baviera, dove travolse l’Inter 5-0. La squadra di Luis Enrique ha replicato contro l’Atlético Madrid con un secco 4-0 che la candida già a favorita assoluta per la conquista del titolo. A proposito di goleade, ancora più eclatante è stato il 10-0 rifilato dal Bayern Monaco all’Auckland City, compagine dilettantistica neozelandese inserita nello stesso girone di Boca Juniors e Benfica, che si sono affrontate ieri all’Hard Rock Stadium di Miami pareggiando 2-2.Una sconfitta così pesante, però, non cancella la straordinaria storia dell’Auckland City, che merita di essere raccontata. Con sede nei sobborghi di North Shore, alla periferia di Auckland, il club rappresenta la quintessenza del calcio dilettantistico: tutti i suoi giocatori studiano o lavorano a tempo pieno, alternando allenamenti serali a una vita fatta di sveglie all’alba, turni in magazzino, vendite porta a porta e riunioni in ufficio. Come raccontato dalla Cnn, il capitano Mario Ilich, per esempio, è rappresentante di vendita per la Coca Cola: la sua giornata tipo inizia alle 5 del mattino in palestra, prosegue in ufficio dalle 8 alle 17 e si chiude con due ore di allenamento prima di rientrare a casa alle 21. Stesso copione per il portiere Conor Tracey, impiegato in un’azienda veterinaria, costretto spesso a fare i conti con infortuni dovuti alla natura fisica del suo lavoro. Il club si è guadagnato la qualificazione alla Coppa del Mondo vincendo l’Oceania Champions League, ed è l’unico rappresentante del continente. Quando il sorteggio ha decretato il loro inserimento in un girone con Bayern Monaco, Benfica e Boca Juniors, i giocatori e lo staff tecnico si sono radunati negli spogliatoi alle sei del mattino e sono partiti abbracci e lacrime: «È il tabellone dei sogni», ha raccontato Tracey. «Ci misuriamo con squadre piene di campioni del mondo, contro cui probabilmente non giocheremo mai più». Una storia che sembra uscita da una sceneggiatura di Hollywood - tanto per restare in tema Usa - e che rende ancora più poetica, pur nella disfatta, la loro presenza in questo torneo.Tra le big d’Europa ha ben figurato anche il Chelsea di Enzo Maresca, reduce dalla vittoria in Conference League contro il Betis. I Blues hanno battuto 2-0 il Los Angeles FC, ex squadra di Giorgio Chiellini, oggi dirigente della Juventus, attesa mercoledì a Washington (alle 3 del mattino italiane) dal debutto contro gli emiratini dell’Al-Ain. 24 ore prima toccherà invece alla nuova Inter guidata da Christian Chivu: al Rose Bowl di Los Angeles - lo stadio di Pasadena in cui l’Italia perse la finale mondiale del 1994 contro il Brasile - i nerazzurri affronteranno il Monterrey, club messicano che annovera tra le sue fila un Sergio Ramos ancora affamato. Attesa anche per gli esordi di Real Madrid e Manchester City, rispettivamente contro l’Al-Hilal di Simone Inzaghi e contro i marocchini del Wydad Casablanca.Se da una parte il dominio europeo è fin qui evidente, dall’altra l’unica reale alternativa sembra arrivare dal Sudamerica. Le brasiliane in particolare stanno confermando ambizioni e qualità. Il Palmeiras, pur fermato sullo 0-0 dal Porto, resta una delle squadre più esperte e solide del torneo. Il Botafogo dell’ex interista Joaquin Correa ha superato 2-1 i Seattle Sounders, mentre il Flamengo ha superato agevolmente l’Esperance di Tunisi. Oggi tocca anche al Fluminense, campione della Libertadores 2024, impegnato contro il Borussia Dortmund. Capitolo Argentina. Il Boca Juniors, pur sempre iconico, non è più quello dei tempi di Martin Palermo e Carlos Tevez, e in questo torneo deve fare a meno anche di Edinson Cavani: contro il Benfica si è fatto rimontare da 2-0 a 2-2 nonostante la superiorità numerica per l’espulsione di Belotti e ha subito anche la beffa dei gol segnato dai due argentini della squadra portoghese, Angel Di Maria e Nicolás Otamendi, quest’ultimo fischiatissimo da inizio a fine partita dai tifosi Xeneize presenti sugli spalti dell’Hard Rock Stadium in quanto dichiarato tifoso del River Plate. River Plate di Marcelo Gallardo, che potrà contare sul talento più chiacchierato del calcio argentino e non solo: Franco Mastantuono, 17 anni, protagonista con un gol da cineteca nel Superclásico e già acquistato dal Real Madrid per una cifra record di 72,6 milioni di dollari, la cessione più costosa nella storia del calcio argentino. Il River debutterà oggi contro i giapponesi dell’Urawa Red Diamonds, nel gruppo dell’Inter.A dare un primo segnale, però, è anche l’ambiente. Dopo l’esordio tra Inter Miami e Al Ahly, che ha inaugurato il torneo con una cerimonia in grande stile e uno stadio quasi pieno (60.927 spettatori su 65.326 posti disponibili), la percezione, almeno qui a Miami, è che si faccia fatica a riempire davvero gli spalti. E se i tifosi egiziani si sono fatti sentire più di quelli «di casa» - per lo più curiosi attratti dalla presenza di Messi - è stato solo il Boca Juniors, oggi, a portare il vero clima da Coppa del Mondo, con migliaia di supporter arrivati in massa in Florida. Una passione che si è vista anche a New York, dove i tifosi del Palmeiras hanno colorato Times Square alla vigilia del debutto. Ma sono eccezioni, rese possibili dalla vicinanza geografica e dalla potenza simbolica di alcuni club sudamericani. Per il resto, il rischio è che questa Coppa del Mondo per club resti uno spettacolo per pochi: affascinante, moderno, tecnologico, ma privo dell’anima che solo i tifosi sanno dare. Va bene l’innovazione, va bene lo show all'americana, con luci, effetti speciali e musica a tutto volume, ma il calcio resta un fatto popolare. E se per un Mondiale delle nazionali i tifosi che sentono il senso di appartenenza per il proprio Paese riempiono gli stadi in ogni angolo del mondo, per una partita di un club, come possono essere per esempio Juventus o Inter, fuori dall’Europa, è più difficile mobilitare le masse. Ecco allora che la Fifa, se vuole davvero far crescere questo torneo, dovrà capire come affiancare al prodotto-spettacolo il coinvolgimento autentico dei tifosi.
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Arrivò prima dei fratelli Lumière il pioniere del cinema Filoteo Alberini, quando nel 1894 cercò di brevettare il kinetografo ispirato da Edison ed inventò una macchina per le riprese su pellicola. Ma la burocrazia italiana ci mise un anno per rilasciare il brevetto, mentre i fratelli francesi presentavano l’anno successivo il loro cortometraggio «L’uscita dalle officine Lumière». Al di là del mancato primato, il regista e produttore italiano nato ad Orte nel 1865 poté fregiarsi di un altro non meno illustre successo: la prima proiezione della storia in una pubblica piazza di un’opera cinematografica, avvenuta a Roma in occasione dell’anniversario della presa di Roma. Era il 20 settembre 1905, trentacinque anni dopo i fatti che cambiarono la storia italiana, quando nell’area antistante Porta Pia fu allestito un grande schermo per la proiezione di quello che si può considerare il primo docufilm in assoluto. L’evento, pubblicizzato con la diffusione di un gran numero di volantini, fu atteso secondo diverse fonti da circa 100.000 spettatori.
Filoteo Alberini aveva fondato poco prima la casa di produzione «Alberini & Santoni», in uno stabile di via Appia Nuova attrezzato con teatri di posa e sale per il montaggio e lo sviluppo delle pellicole. La «Presa di Roma» era un film della durata di una decina di minuti per una lunghezza totale di 250 metri di pellicola, della quale ne sono stati conservati 75, mentre i rimanenti sono andati perduti. Ciò che oggi è visibile, grazie al restauro degli specialisti del Centro Sperimentale di Cinematografia, sono circa 4 minuti di una storia divisa in «quadri», che sintetizzano la cronaca di quel giorno fatale per la storia dell’Italia postunitaria. La sequenza parte con l’arrivo a Ponte Milvio del generale Carchidio di Malavolta, intenzionato a chiedere al generale Kanzler la resa senza spargimento di sangue. Il secondo quadro è girato in un interno, probabilmente nei teatri di posa della casa di Alberici e mostra in un piano sequenza l’incontro tra il messo italiano e il comandante delle forze pontificie generale Hermann Kanzler, che rifiuta la resa agli italiani. I quadri successivi sono andati perduti e il girato riprende con i Bersaglieri che passano attraverso la breccia nelle mura di Porta Pia, per passare quindi all’inquadratura di una bandiera bianca che sventola sopra le mura vaticane. L’ultimo quadro non è animato ed è colorato artificialmente (anche se negli anni alcuni studiosi hanno affermato che in origine lo fosse). Nominata «Apoteosi», l’ultima sequenza è un concentrato di allegorie, al centro della quale sta l’Italia turrita affiancata dalle figure della mitopoietica risorgimentale: Cavour, Vittorio Emanuele II, Garibaldi e Mazzini. Sopra la figura dell’Italia brilla una stella che irradia la scena. Questo dettaglio è stato interpretato come un simbolo della Massoneria, della quale Alberici faceva parte, ed ha consolidato l’idea della forte impronta anticlericale del film. Le scene sono state girate sia in esterna che in studio e le scenografie realizzate da Augusto Cicognani, che si basò sulle foto dell’epoca scattate da Ludovico Tumminello nel giorno della presa di Roma. Gli attori principali del film sono Ubaldo Maria del Colle e Carlo Rosaspina. La pellicola era conosciuta all’epoca anche con il titolo di «La Breccia di Porta Pia» e «Bandiera Bianca».
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