2020-01-07
Mito «Bella ciao». L’inno antifascista non è mai stato un canto partigiano
Mondadori via Getty Images
Non ci sono prove che fosse una canzone della Resistenza. Il successo è del 1964 e oggi va di moda nei raduni di sinistra.Il mio amico Biagio Buonomo ha fatto qualche ricerca, ed è arrivato alla conclusione che nessun partigiano ha mai cantato Bella ciao. La melodia forse è yiddish dalmata in cui confluisce anche la musica popolare slava, il che rende plausibile l'origine veneto-dalmata della melodia. La ricerca è impeccabile e la riporto.«Quanto al testo “partigiano", su Wikipedia compare una verbosa dissertazione in cui si racconta di una “scoperta" documentale nell'archivio storico del Canzoniere della Lame che proverebbe la circolazione della canzone tra i partigiani fra l'Appennino bolognese e l'Appennino modenese: ma è una notizia falsa: nell'archivio citato da Wikipedia non vi è alcuna traccia documentale di Bella ciao quale canto partigiano.Quel che sia, tra i partigiani circolavano fogli dattiloscritti con i testi delle canzoni da cantare, e in nessuno di questi fogli è contenuto il testo di Bella ciao. Si è sostenuto che il canto fosse stato adottato da alcune brigate e che fosse addirittura l'inno della Brigata Maiella. Sta di fatto che nel libro autobiografico di Nicola Troilo, figlio di Ettore, fondatore della brigata, c'è spazio anche per le canzoni che venivano cantate, ma manca ogni accenno a Bella ciao, tanto meno alla sua eventuale adozione come “inno". Anzi, dal diario di Donato Ricchiuti, componente della Brigata Maiella, caduto in guerra il 1° aprile 1944, si apprende che fu proprio lui a comporre l'inno della Brigata: “Inno della lince".Mancano dunque documenti coevi e neanche negli anni dell'immediato dopoguerra si ha traccia di questo canto “partigiano". Non vi è traccia di Bella ciao in Canta Partigiano edito dalla Panfilo nel 1945. Né conosce Bella ciao la rivista Folklore che nel 1946 dedica ai canti partigiani due numeri, curati da Giulio Mele.Non c'è Bella ciao nelle varie edizioni del Canzoniere Italiano di Pasolini, che pure contiene una sezione dedicata ai canti partigiani. Nella agiografia della guerra partigiana di Roberto Battaglia, edita nel 1953, ampio spazio è dedicato ai canti partigiani. Non vi è però alcuna traccia di Bella ciao. Neanche nella successiva edizione del 1964, Battaglia fa alcuna menzione di Bella ciao.Eppure, il canto era stato già pubblicato. È infatti del 1953 la prima presentazione Bella ciao, sulla rivista La Lapa a cura di Alberto Mario Cirese. Ma si dovrà aspettare il 1955 perché il canto venga inserito in una raccolta: Canzoni partigiane e democratiche, a cura della commissione giovanile del Psi. Viene poi inserita dall'Unità il 25 aprile 1957 in una breve raccolta di canti partigiani e ripresa lo stesso anno da “Canti della Libertà", supplemento al volumetto Patria Indifferente, distribuito ai partecipanti al primo raduno nazionale dei partigiani a Roma.Nel 1960, la “Collana del Gallo Grande" delle edizioni dell'Avanti, pubblica una vasta antologia di canti partigiani. Il canto viene presentato con il titolo O Bella ciao a p. 148, citando come fonte un'aria “celebre" della Grande Guerra (?), che “durante la Resistenza raggiunse, in poco tempo, grande diffusione". (?!) Nonostante questa enfasi, non c'è Bella ciao nella raccolta di Canti Politici edita da Editori Riuniti nel 1962, in cui sono contenuti ben 62 canti partigiani.Sulla presentazione di Bella ciao nel 1947 a Praga in occasione della rassegna “Canzoni Mondiali per la Gioventù e per la Pace" non vi sono elementi concreti a sostegno. Carlo Pestelli racconta: “A Praga, nel 1947, durante il primo Festival mondiale della gioventù e degli studenti, un gruppo di ex combattenti provenienti dall'Emilia diffuse con successo Bella ciao. In quell'occasione, migliaia di delegati provenienti da settanta Paesi si riunirono nella capitale ceca e alcuni testimoni hanno raccontato che, grazie al battimani corale, Bella ciao s'impose al centro dell'attenzione", omettendo - però - di citare la fonte, per cui non si sa da dove tragga la notizia. Sta di fatto, che nei resoconti dell'epoca, non si rinviene nulla di tutto ciò: L'Unità dedica alla rassegna l'apertura del 26 luglio 1947, con il titolo “La Capitale della gioventù". Nessun accenno alla presentazione di Bella ciao.Sarà il Festival di Spoleto a consacrarla. Nel 1964, il Nuovo Canzoniere Italiano la presenta al Festival dei Due Mondi come canto partigiano all'interno dello spettacolo omonimo e presenta Giovanna Daffini, una musicista ex mondina, che canta una versione di Bella ciao che descrive una giornata di lavoro delle mondine, sostenendo che è quella la versione “originale" del canto, cui durante la resistenza sarebbero state cambiate le parole adattandole alla lotta partigiana. Le due versioni del canto aprono e chiudono lo spettacolo.E dunque - come sostengono Giorgio Bocca e Giampaolo Pansa, voci in quasi tutto discordi ma non su questo piccolo affare - Bella ciao non fu mai cantata dai partigiani. Biagio Buonomo».Il punto adesso è stabilire perché a questa non canzone partigiana è stato dato tutto questo successo. Il testo è bruttino, ripetitivo e anche sbagliato. Nessuno si è svegliato e ha trovato l'invasore. L'invasore era già sul posto come alleato in una guerra sciagurata. Nel canto mancano i riferimenti al coraggio, ma anche all'orrore della guerra, alla nostalgia di casa, che sempre sono presenti nei veri canti di chi sta soffrendo e combattendo, termini in fondo sinonimi, perché la guerra è sofferenza, è vincere l'istinto primario di restare a casa, al sicuro, dove ci sono quelli che ami, di andare in un luogo insicuro che proteggere quelli che ami, che restano lontani da te, con la nostalgia che finisce nel canto. Inventare che ci fosse una canzone comune, inventa una resistenza come fenomeno unitario, cancella la realtà storica di tre tronconi della Resistenza che ha avuto tre colori, come quelli della nostra bandiera. I bianchi erano gli ex militari, coloro che avevano le armi e la capacità di usarle. Erano in contatto con gli Alleati e hanno collaborato con loro. La Brigata Osoppo, quella massacrata a Porzus dai partigiani comunisti, faceva parte di questo schieramento. I verdi erano Giustizia e Libertà, di cui hanno fatto parte sia Oriana Fallaci sia Primo Levi, di origine borghese e intellettuale, molto idealisti sempre, ma spesso male armati. E poi ci sono i rossi, al comando di Stalin, che hanno fato molte azioni eroiche, ma slegate dagli Alleati, quindi non sempre utilissime, a volte clamorosamente inutili e seguite da rappresaglie atroci, come Marzabotto e Sant'Anna di Stazzema. E, soprattutto, hanno fatto tutte le azioni ignobili, che nella Resistenza purtroppo ci sono state: il massacro della divisione Osoppo, l'assassinio di donne e ragazze, l'assassinio di civili, l'assassinio senza processo di fascisti e supposti tali, lo stesso assassinio di Benito Mussolini, l'Italia aveva diritto a un processo, e dell'incolpevole Claretta Petacci. Quindi Bella ciao è il canto dei non partigiani, il canto con cui giovani e giovanissimi inscritti all'Anpi, bizzarra associazione che riassume il motto italico «reduci si nasce», caccia i veri combattenti antinazisti della Brigata ebraica il 25 aprile, bizzarra associazione che inventa cosa è fascismo e cosa è antifascismo: parlare di Bibbiano è fascista, dire che un bambino ha bisogno del padre e della madre pure, i miliziani di Hamas che salutano a braccio teso sono antifascisti. E poi ci sono loro le spettacolari sardine, cui si sono aggiunti i più ottusi burocrati della comunità europea.Onore alla divisone Osoppo.