2024-08-24
Il mistero dell’isola che fa scomparire i problemi della città, ma anche i gatti
Nel riquadro il libro di Isabelle Aupy Storia dell'uomo che smise di amare i gatti (iStock)
L’opera prima di Isabelle Aupy ci conduce in un luogo lontano dalla routine quotidiana. Che ci interroga sulle nostre vite.Editrice Nord ha pubblicato in Italia un piccolo caso letterario, Storia dell’uomo che smise di amare i gatti, titolo originale L’homme qui n’aimait plus les chats, opera prima (2019) della fisioterapista bordolese Isabelle Aupy, classe 1983. L’ambiente, come ben suggerisce il titolo, è un’isola, non particolarmente grande ne tantomeno presa d’assalto dal turismo, con l’immancabile e romanticissimo faro, una popolazione di gente che si aiuta a vicenda e che resta fedele ad alcuni mestieri necessari, quali quello di coltivare la terra e di allevare pecore per la loro preziosa lana, ovvero di farsi le cose che servono, per il resto c’è il continente al quale sono legati da trasbordi costanti. Che cosa accadeva in questo mondo? «C’era il mare con le tempeste che scandivano il ritmo delle stagioni; c’era il vento che ti penetra dentro e ti ricorda che il mondo esiste, perché è importante sapere che il mondo esiste; e c’erano i nostri gatti che accompagnavano il ronzio del mare e del vento con le loro fusa. Erano i tre strumenti che suonavano la sinfonia dell’isola».E chi vive sull’isola? «Vivere sull’isola non è qualcosa che succede per caso, è una scelta […] Eravamo tutti dei rifugiati, diciamo. Sì, eravamo venuti a cercare un rifugio, eravamo fuggiti dal continente perché non ce la facevamo più, cercavamo una vita migliore, un benessere, o anche niente di speciale: semplicemente, cercavamo un modo per poter essere noi stessi».L’isola dunque è popolata di rifugiati e di gatti, gatti che ovviamente fanno quel che vogliono: gatti domestici, stanziali e inamovibili e gatti randagi, bighelloni, bisbetici, gatti che procedono di pochi passi al giorno tra la cuccia e la ciotola, e poi tra la ciotola e la cassetta della sabbia, e gatti che vivono in strada, amati da tutti, ma anche ignorati nello svolgersi della routine quotidiana. Nulla di nuovo insomma, un immaginario abbastanza diffuso, moderno, ordinario, finché a un certo punto i gatti scompaiono e quando la popolazione se ne rende conto oramai sono completamente spariti. Ma come? Che cosa è successo? Chi è stato? E per quale ragione poi? Storia dell’uomo che smise di amare i gatti è un romanzo di poco più di 100 pagine, una graziosa copertina disegnata e colorata come tutte le storie di mare, e con un titolo accattivante, quantomeno per chi ama storie non proprio impegnate o drammatiche. Ma come accade per certi musicisti, quel che conta qui non è tanto la trama, la soluzione del piccolo mistero che comunque come andremo a vedere non manca di una certa originalità. Quel che invece segna la differenza e rende il romanzo un piccolo gioiello è il passo, o meglio ancora il «tocco» dell’autrice, ricordo al suo primo romanzo. Sì perché sono le tante minime trovate che ci affezionano alla pagina, che ci spingono a procedere nel racconto, qui non abbiamo protagonisti indimenticabili e fieri, non abbiamo di certo supereroi, non abbiamo donne che spezzano dolorosamente le regole del patriarcato maschile, non ci sono guerre fratricide; non ci sono lobby da abbattere, terribili lancinanti ingiustizie da ribaltare. «Le persone non vanno obbligate, le persone vanno prese per mano» ed è di questo che si parla per lo più: di umani come noi, che abitano certo un mondo abbastanza diverso dal nostro, eppure fanno i conti con gli stessi fardelli che ci affliggono, come la morte di un marito o di un figlio, la solitudine, il tempo che sfugge via, eppure tentano di proteggersi abitando lontano dalla frenesia, dalla calca, da una competizione eccessiva. Ovviamente dove c’è un’isola c’è anche il resto del mondo, qui denominato genericamente «il continente», e come non ricordare quella deliziosa storia d’amore di due sorelle con lo stesso uomo, Le due inglesi e il continente, romanzo del mercante d’arte e diplomatico Henri-Pierre Roché? Soprattutto come non ricordare la trasposizione cinematografica realizzata da François Truffaut? Nonostante quel romanzo fosse ambientato in un’epoca precedente alla nostra, certi comportamenti, certi interni, certe abitazioni potrebbero coincidere con quelle della storia di cui stiamo trattando.Dal mondo esterno arrivano non soltanto le cose che servono e che mancano, che qui non possono essere realizzate e forse nemmeno pensate. Dal mondo esterno arrivano anche i corpi degli uomini e delle donne che fanno lavori che apparentemente non servono a nulla, che non fanno nulla, nei quali gli isolani indovinano minacce, pericoli, problemi, insidie di vario genere. Per tentare di risolvere il giallo della scomparsa dei gatti infatti viene spedito sulla terraferma il professore, l’insegnante delle scuola locale, che tornerà soltanto dopo un mese con una donna di cui ovviamente si innamorerà, e lei si porterà dietro una serie di novità non proprio gradite. Ma qui mi fermo altrimenti ci si racconta l’intera avventura.Parlavo poche righe addietro del tocco dell’autrice, del suo modo di descrivere e mettere insieme fatti e attese ordinarie, abituali, anzi forse addirittura sfruttatissime, ma con una grazia del tutto particolare. Cito un ulteriore passaggio: «Da queste parti funziona così: presto o tardi, il mare entra a far parte di ogni famiglia. Piomba nelle nostre vite senza un invito e non possiamo farci niente, è inutile opporsi». Insomma, quante storie di mare e di pescatori abbiamo letto e appartengono addirittura al canone della nostra letteratura? Aci Trezza e i suoi poverissimi pescatori così tragicamente ritratti dalla penna di Giovanni Verga ne I Malavoglia? Senza arrivare per forza fino al solito Moby Dick? La freschezza e la delicatezza della scrittura della Aupy sono invitanti.A metà romanzo accade qualcosa di davvero inatteso: spariti i gatti arrivano altri gatti, che non sono veri gatti ma a tutti viene detto che invece lo sono e allora piano-piano la gente inizia ad accettarli, cambiando abitudini poiché questi nuovi strani curiosi gatti che non sono gatti sono però gatti se tutti, o quantomeno la maggioranza silenziosa, imparano a chiamarli gatti. E se i gatti miagolano anche questi altri gatti miagolano, sebbene abbiano bisogno di un guinzaglio e obblighino i nuovi proprietari a modificare orari e impegni. Davvero un caso singolare, e chissà, si chiederà il lettore: perché è avvenuto questo scambio? Che gatti sono questi altri gatti? Che cosa c’è dietro? Dove sta andando a parare l’autrice? Non resta dunque che acquistare il romanzo e goderselo in questa ultimo periodo di vacanze estive.