2018-09-19
Missionario italiano rapito in Niger
Padre Maccalli sarebbe stato trasportato dai jihadisti in Burkina Faso. Nonostante le operazioni militari a guida francese, la regione del Sahel è preda dei gruppi islamisti.Lo ha riferito per primo all'agenzia vaticana Fides padre Mauro Armanino, missionario a Nimey, capitale del Niger: padre Pierluigi Maccalli, della Società delle missioni africane (Sma), è stato rapito nella notte tra lunedì e martedì, presumibilmente da alcuni jihadisti.A fornire i particolari è stato un confratello indiano, che viveva nella missione situata in zona Gourmancé, a circa 125 chilometri dalla capitale del Paese africano e che è riuscito a scampare al rapimento. Intorno alle 21.30 locali (le 23.30 italiane), un commando di uomini armati si è introdotto nel villaggio e ha sequestrato padre Maccalli, rubando anche il suo computer e il suo telefono. Secondo la curia generalizia della Sma di Genova, i banditi potrebbero aver portato il sacerdote al di là della vicina frontiera con il Burkina Faso: lì, infatti, «c'è una vasta foresta in cui hanno le proprie basi» gli estremisti islamici. «Negli ultimi mesi le forze dell'ordine avevano messo in guardia i religiosi», hanno raccontato a Fides i confratelli di padre Maccalli: «Avevano infatti registrato movimenti sospetti di miliziani jihadisti proprio al confine con il Burkina Faso». Per il timore di essere attaccati, dunque, i missionari avevano limitato i loro spostamenti ed evitavano di uscire di notte.Il sacerdote rapito aveva organizzato, ha riferito l'Ansa, «momenti di iniziazione in relazione con le mutilazioni genitali delle ragazze». Proprio il suo impegno contro la pratica dell'infibulazione potrebbe essere tra i moventi del sequestro, avvenuto a una settimana dal suo rientro nella missione dopo un periodo di riposo trascorso in Italia. Il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, ha fatto sapere di essere costantemente in contatto con l'unità di crisi della Farnesina, mentre l'ambasciata italiana a Niamey ha già inoltrato richiesta formale alle autorità di dare priorità alla vicenda, evitando comunque di prendere iniziative che possano mettere a rischio la vita di padre Maccalli. La missione del sacerdote sequestrato si trovava in quel sito già dagli anni Novanta, ma è nell'ultimo periodo che i Paesi del Sahel, un tempo considerati pacificati, sono stati attraversati da un'ondata di violenza provocata dai fondamentalisti musulmani. E non si può non pensare al contributo negativo dei francesi, che in quella regione hanno stanziato numerose truppe per contrastare i terroristi radunatisi in Ciad, Niger, Mali, Mauritania e Burkina Faso dopo le sconfitte subite dallo Stato islamico in Siria e Iraq. Nel 2014 era nata la G5 Sahel joint force, una missione militare cui partecipavano proprio quei cinque Paesi con il supporto dell'Unione africana, dell'Onu, degli Usa e della Francia. Dal 2018, in virtù di una contestata decisione assunta dal governo uscente di Paolo Gentiloni, ma confermata dall'esecutivo gialloblù, sono presenti anche soldati italiani con mansioni di addestramento. Nel Sahel, gli uomini di Parigi (circa 4.000) avrebbero eliminato in quattro anni 450 terroristi. Le Nazioni unite, dal canto loro, hanno dispiegato 12.000 caschi blu nel Mali. La regione, che è un corridoio per i migranti che arrivano nei centri di detenzione libici, sembra però tutt'altro che stabilizzata. E gli attentati terroristici si moltiplicano: a marzo, in Burkina Faso era stata colpita l'ambasciata francese. L'anno scorso, un gruppo di miliziani aveva fatto irruzione in un hotel e in un caffè, mietendo 19 vittime, mentre a gennaio 2016 gli estremisti salafiti di Aqim avevano massacrato 30 persone, tra cui sei canadesi e cinque cittadini europei.