2025-01-15
Toscani fu un talento del conformismo. La vera disubbidienza è quella di Mishima
Yukio Mishima (Getty Images) e Oliviero Toscani (Imagoeconomica)
Necro-elogi per il fotografo che ebbe il «merito» di anticipare il woke. Silenzio sul giapponese, che incarnò la trasgressione.14 gennaio 2025, leggo i giornali e noto che la prima pagina è giustamente dedicata alla morte di Oliviero Toscani, che tutti salutano come «scandaloso», «rivoluzionario», «trasgressivo». Poi mi ricordo che il 14 gennaio è pure il centenario della nascita di un autore davvero scandaloso, rivoluzionario, trasgressivo: Yukio Mishima, suicida davanti alle telecamere, famoso, tradotto in tutto il mondo; ma cerco invano qualcuno che lo ricordi in quasi tutti i giornali. Dico quasi perché poi scopro in un taglio basso de la Repubblica una rivalutazione di Mishima perché era fluido, omosessuale e non era misogino. Dunque, togliamolo ai fascisti, ai tradizionalisti, ai reazionari, Mishima è cosa nostra. Poi cos’abbia scritto, detto e fatto nella sua opera e nella sua vita, il valore di quel che ha pensato e testimoniato, il senso del suo gesto finale, la rivolta contro il mondo moderno e americanizzato, non contano. Lui era gay, era fluido, quindi ha il salvacondotto. Vedo i necrologi di Toscani e noto il silenzio su Mishima, interrotto solo da un patentino di circolazione rilasciato dall’ufficio woke. Ne leggo tanti, di necrologi di Toscani, e ho trovato splendido quello di Francesco Merlo sulla stessa Repubblica. Non ho paraocchi di alcun tipo, la qualità per me viene prima di tutto. E rassicuro Toscani, se ci sente ancora, che non farò come lui temeva, un elogio ipocrita da morto dopo averlo criticato da vivo. Non arriverò a dire, come lui auspicava dai suoi coccodrillologi, che «era uno stronzo». Dirò invece che è stato un grandissimo talento nel conformismo della trasgressione. Tutti i luoghi comuni del presente, del politically correct, della società fluida, senza confini e senza identità, trasgressiva e permissiva, sono rappresentati al meglio nelle sue fotografie; nulla che si discosti dal mainstream e dai piccoli precetti del presente, ma con due avvertenze d’obbligo: lui trasformava in arte fotografica il luogo comune, rendeva vivace e scandaloso il bigottismo progressista. E poi, lui non ha seguito l’onda del conformismo woke ma l’ha preceduta, si è messo in testa al corteo permanente dell’oscenità programmata e della trasgressione di massa. Perché, a ben vedere, è stato il ponte fotografico tra l’irriverenza iconoclasta dei sessantottini e il bigottismo woke. Quando dovevo dir male di Toscani lo accostavo a Benetton/Maletton, che lui difese anche nelle storie più infami. Con le campagne di Benetton lui coglionò la religione e la famiglia, confuse i sessi, i popoli, uniformò il mondo dentro un maglione. Niente più barriere, da nessuna parte, eccetto ai caselli autostradali, dove Benetton riscuoteva i pedaggi. E nel triangolo tra quei messaggi fotografici, Toscani e Benetton vedevo l’esatta rappresentazione del connubio tra sinistra e capitale, falce e pullover; stampa, potere economico e sinistra al comando. Agnelli, lana per maglioni, matassa rossa e arcobaleno: era il ciclo di produzione. Aldo Grasso sul Corriere della sera cita la «difesa» che Pasolini avrebbe fatto di un famoso spot di Toscani sui jeans, con la parodia cristiana dello slogan Chi mi ama mi segua. In realtà Pasolini in quell’articolo sul Corriere della sera nel ’73 non aveva difeso la campagna pubblicitaria della Jesus e di Toscani ma denunciava il cinismo della Chiesa, scesa «a patti col diavolo» che era per lui lo Stato borghese e il capitalismo che sono, a suo dire, «il contrario della religione». Anzi, notava Pasolini: «Il potere monarchico o feudale» era in fondo più compatibile con la religione e la Chiesa. Perfino «il fascismo era meno diabolico, oggettivamente, dal punto di vista della Chiesa, che il regime democratico: il fascismo era una bestemmia, ma non minava all’interno la Chiesa, perché esso era una falsa nuova ideologia. Il Concordato non è stato un sacrilegio negli anni Trenta, ma lo è oggi, se il fascismo non ha nemmeno scalfito la Chiesa, mentre oggi il Neocapitalismo la distrugge». L’accettazione della civiltà borghese capitalistica, scriveva Pasolini, «è un fatto definitivo», è il trionfo del cinismo e un grave errore storico che «la Chiesa pagherà probabilmente con il suo declino». Lo spirito capitalistico borghese, profetizzava il poeta, «avrebbe finito poi col prendere il suo posto nel fornire agli uomini una visione totale e unica della vita» senza più bisogno della religione e della Chiesa. Insomma Pasolini non difendeva lo slogan e lo spirito trasgressivo e blasfemo dello spot di Toscani, ma riteneva cinica e falsa la posizione della Chiesa, dico la Chiesa dopo il Concilio Vaticano II. Ma doveva scriverlo sul Corsera che era l’organo di quel mondo capitalistico-borghese...Infine, ai necro-elogi è sfuggita la posizione antimoderna dell’ultimo Toscani in un libro uscito poco tempo fa con il Corriere della sera. È una filippica contro il tempo del selfie. Scriveva Oliviero, che «il narcisismo nasce dal fatto che non ci piacciamo» ma vogliamo renderci più belli, mitici, esaudendo i nostri illimitati desideri. Fotografiamo noi stessi per moltiplicare la nostra presenza, imponendola agli altri (L’io è il vero dio, ed. Corriere della sera, 2024). Toscani che deplorava i nostri illimitati desideri. La fotografia è la memoria storica dell’umanità, proseguiva Toscani, «ora invece è lo specchio del suo caotico individualismo proteso a mostrarsi e a rendere gli altri partecipi di ciò che stiamo facendo». Con toni apocalittici e reazionari il trasgressivo fotografo rimpiangeva che il mondo dal vivo non esiste più: c’è sempre un cellulare fra noi e ciò che ci sta di fronte. Tutto viene documentato in maniera passiva, rimanendo in superficie, senza prendere posizione. Ah, le foto di una volta, quelli sì che erano belli, i tempi andati, ora è il caos... Lamento passatista di un vecchio progressista. Sembra di leggere Mishima contro il mondo moderno (ma non contro il narcisismo, di cui fu campione tragico). Mishima e Toscani avevano in comune la passione per l’immagine, per i ritratti fotografici, e insieme la passione di stupire; entrambi usavano l’immagine della morte per sbigottire: morte per Aids o morte rituale, questa la differenza tra i due. Ma guardiamoci negli occhi e diciamoci: nella nostra epoca chi è più trasgressivo, chi fotografa un bacio omosessuale o chi si suicida con rito antico nel nome dell’Imperatore e dell’Eterno Giappone davanti alle telecamere? Chi scandalizza di più, chi fotografa insieme bimbi di ogni colore della pelle e amori lesbici o chi difende la Tradizione, l’Onore, la Civiltà dei Padri, del Sole e dell’Acciaio? Chi sconcerta di più, chi sogna un mondo senza confini, senza religioni, senza frontiere - tipo Imagine di John Lennon - o chi progetta con altri militanti fedeli la controrivoluzione, invocando il Giappone di svegliarsi e non lasciarsi americanizzare e oggi diremmo, globalizzare? Non sto esprimendo preferenze, dico che quella è vera trasgressione, scandalo assoluto, mentre l’altra no, è vivace rappresentazione iconica del solito brodo woke globale. Del resto Mishima si confrontava coi contestatori del suo tempo, rischiando anche molto, andava nei loro covi a dibattere e divideva perfino i diritti d’autore con loro: ma loro, diceva, li avrebbero spesi per la sovversione, lui per armare la Lega degli Scudi e fare la controrivoluzione dell’Ordine…Cosa volete che conti nella sua vita, nella sua opera, nel suo messaggio e nell’immagine che lascia ai posteri la sua omosessualità (peraltro Mishima aveva moglie e figli)? Pensate davvero che il valore di un autore sia deciso dalle sue inclinazioni sessuali? Via, non mortificate la letteratura, il pensiero, la coerenza di una vita, giudicandola dal buco della serratura o da altri orifizi. Puntate più in alto i vostri obbiettivi, non solo fotografici.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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