2025-03-17
Mirko Mussetti: «La Russia non aveva mire sulla Romania. Ma ora se la ride...»
L’analista: «Calin Georgescu era anti Nato, non filo Mosca. I servizi hanno esibito prove false. Lo zampino Ue non si può escludere».«Sì, ciò che è accaduto in Romania può configurarsi come una sorta di golpe bianco, per una serie di eventi che non lasciano nulla al caso», spiega alla Verità Mirko Mussetti, analista di geopolitica e geostrategia, collaboratore di Limes, riferendosi all’estromissione dalle elezioni del candidato favorito alla presidenza, il sovranista Călin Georgescu.«Il più grande danno fatto a Georgescu è stato ovviamente l’annullamento del primo turno delle elezioni del 24 novembre 2024, che si erano svolte in modo completamente pacifico e privo di brogli. Questo annullamento è stato sancito dalla Corte costituzionale, i cui membri sono nominati dalla politica: un terzo è eletto dal presidente della Repubblica, un terzo dal Senato e un terzo dalla Camera. Spesso si tratta di persone che non hanno mai fatto i giudici, semplicemente hanno ricoperto cariche di rilievo, come ex parlamentari».Ricordiamo nel dettaglio come è stato estromesso Georgescu. «Le elezioni, in cui Georgescu era risultato il più votato con oltre il 20% delle preferenze, sono state annullate sulla base di congetture, sulla base di documenti dei servizi segreti che sostengono che forze esterne hanno finanziato la sua campagna elettorale su TikTok, generando disinformazione e iniquità nella pubblicità elettorale tra i candidati. Ma ci sono due problemi di fondo. TikTok non è poi così diffuso in Romania, quindi l’esito elettorale non può essere stato frutto di questa piattaforma. In secondo luogo, le elezioni in Romania avvengono con matita e scheda elettorale, non c’è hacker che tenga». Cosa sostengono i documenti dei servizi segreti?«Sono documenti palesemente fittizi, diffusi dalla rete diplomatica a giornalisti, politici e compagnia bella. Leggendoli si notano addirittura informazioni successive alla data di desecretazione dei documenti. Quindi sono documenti falsi. Elementi che i giudici della Corte Costituzionale non possono ignorare. I documenti sono stati preparati dai servizi per dare un pretesto per annullare il primo turno, perché Georgescu avrebbe con ogni probabilità vinto il secondo». E i finanziamenti russi alla campagna elettorale? «Non ce n’è traccia, è solo una congettura. C’è però traccia del fatto che il Partito nazional liberale del presidente uscente e ora dimessosi, Klaus Iohannis, aveva finanziato, parallelamente e segretamente, la campagna di Georgescu su TikTok. Evidentemente perché riteneva che fosse il candidato sovranista più debole e che ottenendo più voti li avrebbe sottratti agli altri candidati. Nessuno si aspettava che Georgescu sarebbe arrivato primo escludendo dal ballottaggio il primo ministro Marcel Ciolacu, arrivato terzo. Sia il partito del presidente Klaus Ioannis, il Pnl, sia il partito socialdemocratico, i due partiti storici della Romania, sono rimasti fuori dal ballottaggio. Cosa si sono inventati? In modo un po’ maccheronico, l’annullamento del primo turno delle elezioni».Georgescu ha poi tentato il ricorso, perdendolo.«E nel frattempo il presidente della Repubblica, Iohannis, che si è dimesso, ha avuto modo di formare il governo e quindi riconfermare Ciolacu a capo dell’esecutivo. Il ruolo di formare il governo, però, dovrebbe spettare a chi ha vinto le elezioni. Stavolta, invece, il presidente uscente ha pilotato il futuro della Romania, e dunque anche l’organizzazione delle elezioni, in mano al governo. Il quale, casualmente, ha allontanato il più possibile il voto, che infatti si terrà il 4 e 18 maggio, per dare più tempo ai partiti sconfitti di riorganizzarsi e superare Georgescu. Non trovando il modo, perché i sondaggi lo davano ancora vincente, anche a causa dell’indignazione per l’annullamento delle elezioni, hanno dovuto trovare l’unico modo che poteva fermarlo, cioè renderlo inammissibile alle elezioni. Come hanno fatto? Hanno trovato un banalissimo vizio di forma, ovvero una presunta firma mancante nella documentazione che ha depositato per la sua candidatura».Tra le accuse mosse a Georgescu c’è anche quella di voler sovvertire l’ordine costituzionale, però. «Sì, e qui entra in gioco Horatiu Potra (un uomo diciamo della sua cerchia, lo chiamano la sua guardia del corpo), al quale hanno trovato dei contanti insieme a biglietti aerei per Mosca, casualmente vicino ai soldi nascosti a casa. Una sciocchezza, perché i biglietti aerei sono l’unica cosa che non puoi nascondere a nessuno. Quando li compri, la compagnia aerea e gli apparati statali sanno che tu sei su quel volo e soprattutto quando ti sposti da un Paese all’altro hai il timbro sul passaporto, quindi nascondere i biglietti per Mosca è un’idiozia. È stato un escamotage mediatico per associare in qualche modo a Mosca i contanti trovati a questa persona».Come sta reagendo l’opinione pubblica?«L’indignazione secondo me è alta, però il popolo rumeno è mediamente fatalista, quindi potrebbe fare spallucce e non recarsi al voto nonostante l’elevato sdegno. Lo sconforto potrebbe spingere le persone a non reagire».Possiamo ipotizzare, o quantomeno non escludere a priori, anche un’influenza sulla vicenda da parte dell’Unione europea? «Non si può escludere, ma mancano le prove. Certo, le parole di Thierry Breton (l’ex commissario Ue che ha promosso il Digital Services Act, ndr) non aiutano. Mi riferisco a quando aveva pronunciato, in un’intervista tv, le parole «lo abbiamo già fatto in Romania, potremmo farlo di nuovo in Germania» in relazione al fatto che AfD avrebbe potuto vincere le elezioni tedesche grazie a presunte interferenze russe. Queste dichiarazioni non aiutano in nessun modo, chiamiamola così, la causa europeista. Bruxelles ha sicuramente interesse a vedere una Romania governata da forze tradizionali, che siano di centrodestra o di centrosinistra, e non retta da un capo di Stato sovranista».Noi europei occidentali tendiamo sempre a snobbare la Romania, però dimentichiamo che ha un lungo confine proprio con l’Ucraina. «La Romania è il Paese Nato con il più lungo confine con l’Ucraina. Anche per questo Georgescu sarebbe potuto essere un problema per la Nato, prima dell’avvento di Trump, perché aveva palesato l’intenzione di sospendere gli aiuti materiali a Kiev, sia finanziari sia militari. Georgescu probabilmente voleva anche seguire l’esempio di Orbán, che non solo non dà armi a Kiev, ma impedisce il transito di munizioni occidentali per l’Ucraina sul territorio magiaro. E le armi all’Ucraina transitano sostanzialmente da due parti, Polonia e Romania. Se Bucarest ne avesse impedito il passaggio, sarebbe stato un grosso problema per Kiev». Quindi anche Kiev aveva tutto l’interesse che Georgescu non salisse al potere. «Sicuramente l’amministrazione Biden, all’epoca delle elezioni rumene uscente, poteva vederla così, non Trump. Sono i Paesi dell’Europa occidentale, quindi dell’Ue e orbitanti attorno all’Ue come Regno Unito, Norvegia e così via, che hanno l’interesse a non fare un’inversione a U per quanto riguarda la guerra in Ucraina. L’Europa insiste sul concetto di pace giusta. Ma per essere una pace giusta, dovrebbe implicare la restituzione del territorio perso all’Ucraina, che è una cosa improbabile oltre che sostanzialmente infattibile».Le nuove elezioni in Romania saranno a maggio. È possibile una vittoria della destra sovranista, ora guidata da George Simion, sindaco di Bucarest?«Simion non ha la popolarità di Georgescu, tuttavia è il leader del partito sovranista più grande della Romania, l’Aur, arrivato secondo alle elezioni lo scorso anno. Quasi 1 elettore su 5 ha votato il partito di Simion. Si tratta di un partito unionista, che vorrebbe la Repubblica Moldova fondersi con la Romania».Georgescu è accusato di essere «filorusso». Sulla sua estromissione, tuttavia, Mosca ha tenuto un basso profilo. Solo qualche giorno fa, Dmitry Peskov si è espresso, ma con toni meno forti dell’amministrazione Trump. «Ma infatti Georgescu più che filorusso è anti Nato. Non ha mai speso chissà quali parole in favore di Mosca. Semmai ha espresso le preoccupazioni, condivise da larga parte dei rumeni, su una guerra dannosa per la Romania. Inoltre, ha cavalcato un sentimento latente di cui non si parla, ovvero che tra rumeni e ucraini non intercorre grande simpatia. Son due popoli che si conoscono poco e anzi Bucarest non ha mai dimenticato che nel 1992 gli ucraini erano al fianco dei russi a sparare alla schiena dei moldavi e degli addestratori rumeni. Quindi il rumeno medio si domanda «ma perché dopo che ci hanno sparato addosso, noi dovremmo soccorrere gli ucraini, per trovarci la guerra in casa?». È cavalcando questo sentimento che Georgescu ha ottenuto largo consenso. Oltre al fatto che gli agricoltori rumeni sono penalizzati dall’afflusso di materie prime ucraine, esentasse, nel territorio europeo. Pensiamo ai cereali… entra grano a costo zero, svenduto, che crea grossi problemi agli agricoltori locali. Georgescu è agronomo, questi temi li conosce, è stato anche diplomatico alla Fao, a Ginevra. È così che ha ottenuto i voti, non di certo con presunte campagne straniere su TikTok».A ogni modo è singolare e indicativo che ci sia stata più indignazione, almeno pubblicamente, da parte americana che da parte russa…«Questo spiega due cose: che la Russia non ha mai avuto mire sulla Romania. Al massimo ce le avrebbe sulla Repubblica Moldova. Mosca ha espresso molta più indignazione per il referendum in Moldavia a favore dell’Ue, passato solo grazie ai voti dei cittadini all’estero, e per le presidenziali vinte da Maia Sandu sempre grazie ai voti della diaspora, perché in patria avevano favorito lo sfidante Alexandr Stoianoglo. E, casualmente, in Russia, Paese con 11 fusi orari dove risiedono mezzo milione di moldavi, erano stati allestiti solo due seggi, con 10.000 schede, mentre in Ue c’erano seggi in ogni angolo, a decine solo in Italia. In quel caso la Russia alzò la voce. Ma della Romania non gliene importa molto, è un Paese della Nato di cui non sa che farsi. Certo, alla Russia giova che si creino crepe all’interno dell’Ue e della Nato. Quanto è successo in Romania gioca a favore di Mosca, che non ha bisogno di parlare, perché finché la barca basta lasciarla andare…».
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