2021-03-15
Le mire artiche di Pechino preoccupano Mosca
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Il giorno della partenza dello Xuelong 2 (Ansa)
La Cina ha recentemente approvato il suo quattordicesimo piano quinquennale. Come sottolineato dalla testata The Diplomat, un aspetto indubbiamente interessante – e in controtendenza rispetto a documenti similari precedenti – è la particolare attenzione, riservata alla Polar Silk Road (come parte integrante della più ampia Belt and Road Initiative). Pechino ha, in altre parole, ribadito la volontà di rafforzare la propria influenza sull'Artide: una linea che rischia di creare apprensione a Mosca. Ricordiamo che la Repubblica popolare ha delineato la sua politica artica nel gennaio del 2018, definendosi non a caso uno "Stato quasi artico" e considerando sempre più quest'area strategica sotto svariati punti di vista: dalle rotte commerciali alle risorse energetiche, passando per la necessità di materie prime. Basti del resto pensare che, secondo lo Us Geological Survey, l'Artico deterrebbe attorno ai 90 miliardi di barili di petrolio non scoperto – circa il 13% delle stime globali – e il 30% del gas naturale non scoperto del nostro pianeta. È pur vero che i cinesi tendano a giustificare il proprio interesse per l'Artide, facendo riferimento a questioni di ricerca scientifica. Resta comunque ben poco credibile che il Dragone si muova nell'area per obiettivi meramente legati a studio e ricerca.Se il tema energetico e delle materie prime svolge quindi un ruolo fondamentale nei piani di Pechino, non bisogna comunque trascurare il nodo strategico-commerciale. In particolare, la Repubblica popolare guarda con estremo interesse alla rotta del Mare del Nord, per ridurre la propria (eccessiva) dipendenza dallo stretto di Malacca: il problema (ribattezzato non a caso "dilemma di Malacca") era del resto già stato posto sul tavolo nel lontano 2003, dall'allora presidente cinese Hu Jintao. In questo quadro, Pechino nutre crescenti timori per quell'area sia in termini di sicurezza sia in termini di influenze politiche straniere (a partire da Stati Uniti e Giappone). Tutto questo, senza trascurare che la rotta del Mare del Nord ridurrebbe notevolmente la distanza tra i porti cinesi e quelli dell'Europa occidentale. È in tal senso che la strategia artica della Cina presenta, tra i vari obiettivi, anche quello di rafforzare l'influenza commerciale (e geopolitica) di Pechino sul Vecchio Continente. Insomma, le ragioni che stanno alla base della politica artica della Repubblica popolare sono molteplici e correlate. Un forte interesse, quello manifestato dal Dragone, testimoniato anche dal fatto che, appena lo scorso luglio, lo Xuelong 2 (il primo rompighiaccio costruito in Cina) ha lasciato Shanghai per un viaggio nell'area artica. Se è vero che il cambiamento climatico stia sciogliendo i ghiacci (i cinesi quindi beneficiano di quel climate change che professano invece a parole di combattere con gli accordi di Parigi), è altrettanto vero che la presenza di acque libere non basti a fare una rotta. Per questo fine, è infatti necessaria la realizzazione di infrastrutture oltre a un massiccio impiego di navi rompighiaccio. Insomma, occorrono forti investimenti che la Cina – contrariamente alla Russia – può permettersi nel prossimo futuro. Ed è proprio la potenza di fuoco di Pechino in termini di investimenti che sta sempre più preoccupando il Cremlino. D'altronde, come sottolineato un anno fa dal Carnegie Moscow Center, gli interessi di Mosca e Pechino in Artide non sono affatto sovrapponibili. Per quanto una certa vulgata (un po' ingenua) tenda a sottolineare esclusivamente gli aspetti di cooperazione (senza dubbio presenti soprattutto nel settore energetico), in realtà si registrano anche profonde (e più o meno sotterranee) divergenze. Se la Russia mira infatti a tutelare l'area principalmente per questioni di sicurezza e approvvigionamento di risorse (nichel, terre rare, gas naturale, pescato), la Cina – dal canto suo – punta invece all'Artico seguendo una logica sostanzialmente imperialista: l'obiettivo, come visto, è cioè quello di espandere la propria influenza, per trarne beneficio sul piano geopolitico. Un comportamento che preoccupa non poco il Cremlino. Se i russi mirano infatti al mantenimento dello status quo e giocano – per così dire – sulla difensiva, la Cina – al contrario – vuole estendere la propria longa manus in loco, mettendo così potenzialmente a rischio gli interessi di Mosca. Ecco che dunque gli intenti "artici" contenuti nel quattordicesimo piano quinquennale cinese non possono non impensierire Vladimir Putin. Il che potrebbe costituire un ottimo spiraglio per inserirsi nelle complesse relazioni sino-russe. Purtroppo la postura aggressiva finora assunta dall'amministrazione di Joe Biden verso la Russia non lascia presagire che gli Stati Uniti vorranno far leva su queste tensioni per cercare di sganciare il più possibile Mosca da Pechino.