
Bordate dei pentastellati sul ministro, mentre il leghista Giancarlo Giorgetti imputa ai grillini di raccogliere materiale compromettente su tutti, alleati compresi. Ombre che si sommano ai conflitti d'interessi svelati dalla «Verità»: è giunto il tempo di fare chiarezza.Come abbiamo scritto più volte, questo governo riesce a fare due parti in commedia, ricoprendo sia la funzione di maggioranza che quella di opposizione. Lo abbiamo visto in più occasioni e su più argomenti. Tuttavia, non avevamo mai assistito a scambi al vetriolo come quelli a cui assistiamo in questi giorni. Soprattutto non ci era mai capitato di leggere accuse da codice penale fra ministri e sottosegretari. A che cosa alludiamo? Lo spieghiamo subito. Nei giorni scorsi, sulla Verità, ci siamo occupati di alcuni strani intrecci che riguardano il ministro Giovanni Tria e alcune sue collaboratrici. Incarichi che paiono in conflitto di interessi e incarichi che sono seguiti da assunzioni di un parente del ministro in una società guidata dal compagno di una delle collaboratrici di cui si discute. Già questo sarebbe oggetto di un necessario chiarimento, perché essendo Tria a capo del dicastero dell'Economia, ossia del ministero più importante del governo, quello con il portafoglio, la trasparenza dovrebbe essere la regola e non l'eccezione. Tria, al contrario, ha preferito far parlare altri e non rispondere nel merito, forse nella speranza che noi ci stancassimo di porre domande. Così, sulle pagine dei giornali ha invocato la privacy per i suoi affari familiari, ha evocato il pericolo di una risalita dello spread in caso di sue dimissioni, ma soprattutto ha messo in circolazione la storia del dossieraggio contro di lui, lasciando intendere che qualcuno lo vorrebbe colpire non si sa bene per quale ragione. Ora, se c'è qualcuno che attenta agli organi costituzionali e vuole costringere un ministro a fare qualche cosa che questi non vuole e per piegarlo usa dossier o metodi scorretti, c'è un solo modo per fermarlo ed è rivolgersi alla magistratura, chiedendo che accerti i fatti. Invece Tria non fa questo, non bussa alla porta dei pm, lo fa dire su certi giornali, cercando, come tutti quelli in difficoltà, di evocare la macchina del fango. Il tema è stato ripreso ieri sul Corriere della Sera, che al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, ha messo in bocca una frase non proprio tranquillizzante. Secondo il quotidiano di via Solferino, il leghista a Palazzo Chigi avrebbe detto che i 5 stelle hanno dossier su tutti, «anche su di noi». Siccome raccogliere dossier sui politici non è cosa perfettamente legale e fa balenare scenari inquietanti, fatti di pressioni poco raccomandabili, anche questa evidentemente è una faccenda che dovrebbe essere sbrigata in Procura e non sui giornali e invece si butta lì, fra una riga e l'altra, forse nella speranza che spargere veleni aiuti a non andare a fondo, cioè a non far venire a galla la verità.Non è finita: sempre dal Corriere della Sera, in un'intervista a Stefano Buffagni (questa volta non si tratta di una frase messa all'interno di un pastone), il sottosegretario agli Affari regionali, alla domanda se i 5 stelle non sopportino Tria risponde con le seguenti parole: «Noi non sopportiamo chi lavora per interessi personali e non pensando agli interessi del Paese. Aggiungo che poi quando Tria prova a ricattarci, beh, non è il massimo». Dopo aver letto questa frase di quello che l'intervistatore definisce il grillino più potente di Palazzo Chigi ho atteso tutto il giorno che con una nota Buffagni smentisse di aver dato quella risposta. E invece no. Silenzio. Il che vuol dire una sola cosa e cioè che il sottosegretario ha effettivamente detto non solo che Tria coltiva i propri interessi privati invece che quelli del Paese, ma inoltre prova a ricattare i 5 stelle. Fermi tutti perciò. In quale posto si è visto un sottosegretario che dice degli alleati di governo che hanno dossier su tutti, compresi quelli con cui siedono nel consiglio dei ministri? E in quale altra nazione si legge un altro sottosegretario dire che la notizia non è uscita dalla loro intelligence e che il ministro dell'Economia ricatta una forza politica? Può darsi che sia Giorgetti che Buffagni parlino di dossieraggio e ricatti usando un linguaggio colorito (vedrete che alla fine si difenderanno in questo modo), oppure dicano di essere stati male interpretati se non travisati. E tuttavia qui c'è qualche cosa che non torna. Un ministro che nomina una collaboratrice il cui compagno poi assume il figliastro del ministro. La stessa collaboratrice che vigila su un'azienda pubblica socia di un'azienda guidata dal compagno della vigilatrice. Un'assistente del ministro che è pagata da alcuni petrolieri nonostante il ministero sia azionista della principale azienda petrolifera del Paese e vigili sulle accise petrolifere. Infine, un sottosegretario che parla di dossier e un altro che evoca i ricatti di un ministro. Ce n'è abbastanza per accendere un faro e chiedere risposte chiare. Altro che spazzatura. Qui la spazzatura è quella vediamo crescere giorno dopo giorno attorno a Via XX Settembre, sede del ministero dell'Economia.
Monica Marangoni (Ansa)
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Effetto Trump: dazi, tagli alla ricerca e revisione dei protocolli sanitari stanno frenando il comparto (-4%). A pesare, pure la scadenza dei brevetti. Cresce la fiducia, invece, nei processi tecnologici contro le malattie.
Il settore farmaceutico globale attraversa una fase di incertezza che si riflette sui listini. Da inizio anno il comparto mondiale segna un -4%, zavorrato anche dall’effetto cambio, mentre in Europa l’andamento complessivo resta vicino alla parità ma con forti turbolenze. Il paradosso è evidente: a fronte di una domanda sanitaria in crescita e di progressi clinici straordinari, gli investitori hanno preferito spostarsi su altri temi.
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Luca Marinelli (Ansa)
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Venghino, siori, venghino, qui si narrano le gesta di una sempiterna compagnia di ventura.
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