2024-11-14
Se fanno comodo alla sinistra i miliardari e gli speculatori diventano alleati della politica
Paolo Gentiloni e George Soros (Ansa)
Fuga da X di Vip, dem e persino del «Guardian», a cui evidentemente vanno bene le censure di Meta. Dopo aver osannato Soros e Zuckerberg, ora il cattivone è Elon.Mentre Enzo Paolo Turchi lascia la casa del Grande Fratello, con un filo meno di serietà e credibilità artisti, presunti intellettuali e Vip italiani hanno deciso di lasciare la piattaforma X in polemica con Elon Musk. Piero Pelù se ne va perché il fondatore di Tesla «sta restringendo le nostre libertà personali» a colpi di dichiarazioni «neo-totalitarie e neo-imperialiste». Elio e le storie tese mollano perché Musk «è un pericolo per la democrazia». Scrivono i giornali (e per fortuna perché altrimenti non ce ne saremmo accorti) che anche «pezzi di Pd» stanno emigrando. Particolarmente addolorato è il commiato di Sandro Ruotolo: «Questo che leggerete è il mio ultimo tweet. Ho deciso di lasciare X e lo faccio a malincuore. Mi dispiace innanzitutto per gli oltre 70.000 che mi seguivano ma le ultime prese di posizione del signor Musk contro i magistrati italiani, il suo rapporto stretto con la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il suo ruolo politico nell’amministrazione Trump, mi impediscono di continuare a essere presente su X. Il silenzio della presidente Meloni a difesa dei magistrati presi di mira dal signor Musk è insopportabile. P.s. Navigate sugli altri social e mi troverete». Si accomiatano pure Milena Gabanelli e Vittorio Di Trapani, autorevole presidente della Federazione nazionale della stampa italiana, che ha deciso di seguire l’esempio del quotidiano britannico The Guardian (quello che ha iniziato a chiamare i critici delle politiche green «negazionisti», giusto per ricordare quanto siano democratici da quelle parti). Chissà, magari li ritroveremo tutti su altri social, probabilmente quelli che fanno capo a Meta, la compagnia di Mark Zuckerberg. Il che è piuttosto divertente, a proposito di censure, totalitarismi e democrazia. Non molti mesi fa, Zuck in persona ha raccontato di avere agito su richiesta dell’amministrazione Biden, per oscurare o direttamente censurare le voci critiche sulla gestione della pandemia da Covid, e per nascondere le informazioni sugli affari della famiglia Biden in Ucraina. Le dichiarazioni del capo di Meta, però, non hanno smosso nessuno dei nostri artisti democratici e anti imperialisti. Non stupisce: durante il Covid furono i primi a farsi megafoni della propaganda di regime e ad appoggiare la persecuzione dei presunti no vax. In quell’epoca non combattevano la censura: la approvavano. Nessuno dei nostri ribelli del rock o dei nostri combattenti per la libertà, del resto, si è mai esposto per contestare la mordacchia woke imposta da Facebook nel corso degli anni. Anche sindacati e associazioni a tutela della stampa latitavano sul tema, e il motivo è piuttosto banale: Facebook e Twitter censuravano eccome, ma se la prendevano con i nemici della sinistra intellettuale. La quale, dunque, restava a guardare e applaudiva. Ora invece i nostri progressisti scoprono che le sorti degli Usa sono rette da oligarchi e feudatari tecnologici che mettono in pericolo le vite di tutti. Intendiamoci: che i capoccia della rivoluzione digitale siano pericolosi oligarchi con idee folli è vero. Sia consentita a riguardo una divagazione personale. Chi scrive anni fa pubblicò un libretto intitolato Fermate le macchine, che elencava malefatte e deliri dei nuovi signorotti della tecnologia, Elon Musk compreso. Non fu difficile collezionare bestialità: dall’abolizione del lavoro al superamento della morte (sì, avete letto bene), i fondatori di Google, Facebook e Twitter hanno sfornato idee malsane per ogni palato. Sapete che cosa faceva la sinistra italiana in quegli anni? Applaudiva Matteo Renzi, allora segretario del Pd, che andava nella Silicon Valley per «imparare da quelli bravi». Sempre Renzi si scambiava dolcezze con Bill Gates (con il quale si è intrattenuto anche il presidente Sergio Mattarella in tempi non sospetti) e riceveva Mark Zuckerberg a Palazzo Chigi. Caduto Matteo, non è che la situazione sia migliorata molto. Gates ha continuato a dettare legge, e nessuno fra i progressisti gli ha mai rinfacciato di essere, per esempio, il gestore occulto dell’Oms. Così come, del resto, nessuno a sinistra si è mai sognato di attaccare il magnate George Soros per le sue conclamate e rivendicate azioni di destabilizzazione degli Stati in mezzo mondo. Forse perché dal mondo sorosiano - precisamente dall’associazione no profit americana Agenda, sostenuta da Democracy & pluralism di Soros - sono piovuti denari a beneficio di vari esponenti del Partito democratico e non solo. Quando sganciano, sostengono l’immigrazione di massa e censurano la destra, i miliardari antidemocratici vanno benissimo.Se scriviamo tutto ciò non è certo per difendere Elon Musk, su cui anzi abbiamo fin troppo da eccepire. Il problema è che egli viene contestato per ragioni sbagliate e strumentali. Di fatto è un transumanista, supporta la maternità surrogata e vi ricorre, spinge l’elettrico per ricchi e di sicuro non è il più limpido tra i filantropi. Solo che i progressisti italici mica lo contestano per questi motivi. No, loro lo osteggiano per le poche azioni giuste che mette in fila. Lo attaccano per le sue idee apparentemente destrorse, lo odiano perché spinge il free speech, vorrebbero abbatterlo perché assalta i loro feudi culturali. Tale manifestazione di ipocrisia è intollerabile. E lo è ancora di più lo sgarbo che ci fa la sinistra italiana: ci dà dei buoni motivi per apprezzare Elon Musk, uno che altrimenti detesteremmo al cento per cento.
L'ad di SIMEST Regina Corradini D'Arienzo
La società del Gruppo Cdp rafforza il proprio impegno sui temi Esg e conferma anche la certificazione sulla parità di genere per il 2025.
SIMEST, la società del Gruppo Cassa depositi e prestiti che sostiene l’internazionalizzazione delle imprese italiane, ha ottenuto l’attestazione internazionale Human Resource Management Diversity and Inclusion – ISO 30415, riconoscimento che certifica l’impegno dell’azienda nella promozione di un ambiente di lavoro fondato sui principi di diversità, equità e inclusione.
Il riconoscimento, rilasciato da Bureau Veritas Italia, arriva al termine di un percorso volto a integrare i valori DE&I nei processi aziendali e nella cultura organizzativa. La valutazione ha riguardato l’intera gestione delle risorse umane — dal reclutamento alla formazione — includendo aspetti come benessere, accessibilità, pari opportunità e trasparenza nei percorsi di crescita. Sono stati inoltre esaminati altri ambiti, tra cui la gestione degli acquisti, l’erogazione dei servizi e la relazione con gli stakeholder.
L’attestazione ISO 30415 rappresenta un passo ulteriore nel percorso di sostenibilità e responsabilità sociale di SIMEST, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite, in particolare quelli relativi alla parità di genere e alla promozione di condizioni di lavoro eque e dignitose.
A questo traguardo si affianca la conferma, anche per il 2025, della certificazione UNI/PdR 125:2022, che attesta l’efficacia delle politiche aziendali in tema di parità di genere, con riferimento a governance, crescita professionale, equilibrio vita-lavoro e tutela della genitorialità.
Valeria Borrelli, direttrice Persone e organizzazione di SIMEST, ha dichiarato: «Crediamo fortemente che le persone siano la nostra più grande risorsa e che la pluralità di esperienze e competenze sia la chiave per generare valore e innovazione. Questi riconoscimenti confermano l’impegno quotidiano della nostra comunità aziendale nel promuovere un ambiente inclusivo, rispettoso e aperto alle diversità. Ma il nostro percorso non si ferma: continueremo a coltivare una cultura fondata sull’ascolto e sull’apertura, affinché ciascuno possa contribuire alla crescita dell’organizzazione con la propria unicità».
Con questo risultato, SIMEST consolida il proprio posizionamento tra le aziende italiane più attive sui temi Esg, confermando una strategia orientata a una cultura del lavoro sostenibile, equa e inclusiva.
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