2018-03-22
«Milano voleva i migranti? Si prenda i miei»
Il sindaco di Gallarate, Andrea Cassani, ha pagato il treno a 12 gambiani che avevano perso il diritto all'ospitalità. «Erano senza cibo e soldi, volevano andare nella metropoli. La giunta a guida Pd faceva tanti bei discorsi sull'accoglienza: bene, adesso li accolga». Sulle nostre coste, negli ultimi mesi, sono sbarcate centinaia di persone provenienti dal Paese africano. Il quale, nel frattempo, ha espulso diverse migliaia di subsahariani.Lo speciale contiene quattro articoliHa spedito da Gallarate a Milano 12 richiedenti asilo che non avevano più diritto all'accoglienza. Ha pagato loro il biglietto di sola andata per la metropoli, dove il gruppetto da tempo desiderava recarsi. Lo ha fatto dopo che la società che nel suo Comune gestiva un centro di accoglienza da 130 posti (la Kb Srl) ha chiuso i battenti della struttura, sistemando in altri centri chi ancora ne aveva diritto e lasciando letteralmente a piedi i 12 immigrati. Andrea Cassani, sindaco di Gallarate, a quel punto non ci ha più visto e ha deciso di agire. Il gesto, come prevedibile, non è stato particolarmente apprezzato dalla giunta meneghina. L'assessore alle Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino, prima ha definito il gesto del sindaco «una scelta folle, un modo di fare surreale», chiedendo a Viminale e prefetto di intervenire. Poi è passato alle velate minacce: «Ho la tentazione di pagare il biglietto a 2.000 profughi e mandarli a Gallarate così vediamo come finisce», ha scritto l'assessore su Facebook. Sindaco, è scoppiata una crisi diplomatica con Milano… Cosa è successo? «È successo che dopo alcuni anni la società Kb Srl, che gestiva circa 130 profughi nel nostro Comune, ha deciso di non presentarsi più al bando indetto dalla Prefettura. Non ci sono state altre candidature e il centro che ospitava i richiedenti asilo è stato chiuso». E sono rimasti fuori 12 immigrati. «Sì, eravamo tutti convinti che con la chiusura del centro tutti gli ospiti fossero destinati ad altre strutture, invece, al momento di salire sul pullman questi non sono stati chiamati all'appello». Chi sono? «Sono tutti gambiani a cui è stato revocato il diritto all'accoglienza». Revocato perché? «Nei mesi scorsi c'erano state situazioni al limite all'interno del centro, a causa di uno scontro tra gambiani e nigeriani… Credo che questo sia stato il motivo per cui sono stati espulsi dal circuito assistenziale». Sono rimasti a piedi… «Si sono trovati senza un tetto sulla testa, con l'ordine di abbandonare la struttura entro poche ore, niente soldi e nessun posto dove andare. Erano completamente spaesati, ma hanno espresso il desiderio di andare a Milano». E lei li ha accontentati. «Sia io che la società Kb abbiamo messo a disposizione una quota di denaro per pagare il biglietto del treno per Milano, come da richiesta, e per sfamarli, visto che non mangiavano dalla sera prima». È soddisfatto ora? «Sì, molto soddisfatto». Lo dice come se si fosse tolto di dosso un grave problema… «Era un problema: soprattutto in estate gli immigrati ospitati nel centro hanno causato parecchi fastidi ai residenti». Per esempio, quali? “Tanti di loro erano spesso in giro per i parchi cittadini completamente abbandonati a sé stessi. Urlavano e strillavano nei luoghi pubblici, lasciavano i rifiuti accatastati davanti al centro di accoglienza...». Ma non c'erano regole nella gestione del centro? «C'erano, ma evidentemente poco rispettate. Come quelle dell'ora di rientro… Ggli ospiti sarebbero dovuti rientrare alle 23 invece rimanevano in mezzo alla strada a fare confusione e, chi abitava li intorno, era esasperato». L'assessore Majorino ha dichiarato che vorrebbe mandargliene qui 2000 in risposta ai suoi 12 mandati a Milano. «Probabilmente non ha ben chiara quale sia la situazione. Majorino parla di diritto all'accoglienza, ma a queste persone l'accoglienza è stata revocata… Se fossero ancora nel sistema sarebbero stati trasferiti in altra struttura e il problema non si sarebbe posto». Ora il problema ce l'ha Milano. «Loro hanno chiesto di andare là e non mi stupisce… Tutti i richiedenti asilo hanno il mito della grande città e forse hanno conoscenti e connazionali, disposti ad ospitarli. Una cosa è certa: a Milano sarebbero comunque arrivati magari viaggiando senza biglietto». Non si sente in colpa? «Ma devo sentirmi in colpa io se c'è uno Stato che consente che queste persone, a cui ripeto viene revocata la misura di accoglienza, possano rimanere per strada senza soldi, senza un posto dove dormire e senza mangiare in attesa che la commissione valuti la loro richiesta d'asilo? Qui non si tratta di accogliere o non accogliere ma del fatto che queste persone rimangono sul territorio nazionale e finiscono per vivere di espedienti». O di delinquenza… «Non so se vivano di delinquenza o di lavoro nero. So per certo che un reddito non ce l'hanno e non hanno un posto dove stare. Ma finisce che il cattivo sono io che ho dato loro qualche soldo». E se da Milano i 2.000 immigrati glieli mandano davvero? «Che ne mandi anche 5.000… Devo avvisare l'assessore, però: una volta che arrivano qui vengono rimandati indietro sul treno senza nemmeno pagar loro il biglietto questa volta. E comunque questo discorso fa cadere Majorino in contraddizione: non era lui che faceva tanti bei discorsi sul dovere delle città, Milano per prima, di accogliere i migranti? Allora accolga». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/milano-voleva-i-migranti-si-prenda-i-miei-2550931222.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="soltanto-di-pratiche-abbiamo-speso-203-euro-per-ogni-richiedente-asilo" data-post-id="2550931222" data-published-at="1758139821" data-use-pagination="False"> Soltanto di pratiche abbiamo speso 203 euro per ogni richiedente asilo LaPresse L'accoglienza all'italiana? È un disastro, né più né meno. Solo che a dirlo non è il populista di turno in odore di razzismo, bensì una relazione della Corte dei conti diffusa il 7 marzo e intitolata La prima accoglienza degli immigrati: la gestione del fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo. Il documento prende in esame gli anni tra il 2013 e il 2016, e il quadro che emerge è sconfortante. Le cifre a cui i revisori si riferiscono non comprendono i soldi spesi per il sistema Sprar (protezione dei richiedenti asilo e rifugiati) e tutti i costi indiretti. I numeri, in ogni caso, sono astronomici. Nel solo 2016, lo Stato ha speso «1,7 miliardi, di cui: 1,29 miliardi per la prima accoglienza, 266 milioni per la seconda accoglienza e 111,5 milioni per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati».Una minuscola parte di questi soldi (il 2,7%) ci è arrivato dalle casse europee. L'Ue, tuttavia, non soddisfatta di averci concesso soltanto le briciole, ci ha anche regalato una spesa aggiuntiva. In base agli accordi stipulati nel 2015, infatti, altri Stati europei avrebbero dovuto farsi carico di una parte dei nostri richiedenti asilo, per la precisione 39.600 persone. Invece, al 12 marzo scorso, i ricollocati erano appena 12.024. Tutti gli altri sono rimasti qui, e abbiamo dovuto mantenerli. Secondo la Corte dei conti, questo scherzetto delle «mancate ricollocazioni» ci è venuto a costare «non meno di 762,5 milioni».I revisori contabili fanno notare una serie di «criticità» riguardanti le spese per l'accoglienza. Tanto per cominciare, notano che lo Stato ha elargito denari a pioggia. «Dal punto di vista dei costi, in assenza di apposite selezioni pubbliche ed in modo quasi "automatico", sono stati riconosciuti ai Comuni e ad altri enti pubblici gli importi massimi previsti (30 euro pro capite e pro die per gli anni 2014 e 2015 e 30 euro o 35 euro per l'anno 2016), senza aver svolto alcun tipo di controllo e solo acquisendo mere autocertificazioni da parte loro». Insomma, dalle casse pubbliche sono usciti troppi soldi, senza opportune verifiche.Negli anni passati, ogni Regione ha fatto a modo suo. «Il costo giornaliero pro capite medio per migrante è oscillato, nel 2013, da un minimo di 4,97 euro per la Sicilia e di 11,63 euro per la Puglia fino ad un massimo di 56,16 euro per l'Emilia Romagna. Solo per il centro di identificazione ed espulsione di Modena la spesa è stata di 167, 81 euro pro capite».Negli anni successivi la spesa si è stabilizzata, assestandosi sui famosi 30-35 al giorno pro capite. Ma i dati di cui sopra danno l'idea del modo approssimativo in cui è stata gestita la pratica.Uno dei capitoli di spesa più consistenti è quello che riguarda le commissioni che si occupano di esaminare la richiesta d'asilo dei migranti. Tra il 2000 e il 2016, queste commissioni ci sono venute a costare 69.352.818 euro. «Siccome le pratiche esaminate sono state 340.048», scrive la Corte dei conti, «l'importo pro capite impegnato è stato di 203,95 euro». In sostanza, abbiamo sborsato quasi 204 euro a persona solo per permettere ai migranti di presentare la domanda di ospitalità nel nostro Paese. E questo «senza calcolare i costi per le eventuali fasi di giudizio a cui gli immigrati, ricorrendo al gratuito patrocinio, hanno avuto la possibilità di accedere per impugnare i provvedimenti di diniego».Ovvio: ai quasi 70 milioni di euro scuciti per finanziare le commissioni per l'asilo dobbiamo aggiungere una montagna di altri denari che sono serviti per pagare gli avvocati agli stranieri.Ma c'è di più: la Corte dei conti nota che «solo il 13% dei richiedenti ha ottenuto lo status rifugiato; la maggioranza dei richiedenti è, infatti, costituita da migranti economici che non fuggono da situazioni di aperto conflitto». Quindi abbiamo pagato un sacco di soldi per persone che non avevano diritto di stare nel nostro Paese.Certo, con il recente decreto voluto dal ministro Marco Minniti, le procedure per l'esame delle richieste d'asilo dovrebbero velocizzarsi. La Corte dei conti, tuttavia, fa presente che si dovrebbe «evitare di riconoscere un "diritto di permanenza indistinto" a tutti coloro che sbarcano e, quindi, ammettere un'accoglienza di molti mesi (se non anni) durante i quali i migranti, non avendone titolo, vengono di fatto inseriti anche nei cosiddetti percorsi di formazione professionale finalizzati all'integrazione, con oneri finanziari gravosi a carico del bilancio dello Stato». In pratica, i revisori certificano che fino ad oggi abbiamo accolto praticamente chiunque, anche chi non lo meritava. Non basta: un sacco di queste persone non sappiamo che fine abbiano fatto. Non a caso, la Corte rileva «l'attuale incapacità del ministero di tracciare la presenza e gli spostamenti dei richiedenti asilo, anche da una struttura all'altra». I revisori spiegano pure che servirebbero maggiori controlli sulle spese a livello regionale: alcune Prefetture (Avellino e Reggio Calabria in particolare) non hanno fornito dati attendibili sui costi sostenuti.Insomma: le proporzioni del dramma sono state messe nero su bianco. Adesso è venuto il momento che qualcuno dei signori che ci hanno governato fino ad oggi si prenda la responsabilità del disastro. Noi abbiamo pagato (pure troppo), ora paghino loro.Francesco Borgonovo <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/milano-voleva-i-migranti-si-prenda-i-miei-2550931222.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="lalgeria-caccia-gli-stranieri-sgraditi-intanto-i-suoi-giovani-vengono-da-noi" data-post-id="2550931222" data-published-at="1758139821" data-use-pagination="False"> L’Algeria caccia gli stranieri sgraditi intanto i suoi giovani vengono da noi LaPresse «C'è un'alleanza strategica fra l'Italia e l'Algeria sulle grandi sfide che abbiamo di fronte oggi nel campo della sicurezza, dell'immigrazione e dello sviluppo. Avevamo già rapporti eccellenti tra i nostri due Paesi, oggi possiamo dire che li abbiamo ulteriormente migliorati». Era il settembre del 2017 quando il ministro dell'Interno italiano, Marco Minniti, pronunciava queste parole in visita ad Algeri, dove aveva incontrato il suo omologo, Noureddine Bedoui.Poche settimane dopo, ai primi d'ottobre, i frutti di questa «alleanza strategica» e di questi «rapporti eccellenti» erano già palpabili: «Migranti, diminuiscono le partenze dalla Libia ma crescono quelle dall'Algeria», titolava Il Fatto quotidiano, tanto per citare il primo risultato che si trova in rete. In tutto il 2017, sono arrivati in Sardegna 884 persone più di quante non ne fossero venute nel 2016. Nel 2018, secondo i dati del ministero dell'Interno, sono già 171 in pochi mesi, abbastanza per fare degli algerini la nona nazionalità per numero di immigrati arrivati in Italia.In Algeria li chiamano harraga, «bruciatori di confini», termine piuttosto eloquente tanto della condizione esistenziale di chi migra, quanto, forse involontariamente, di ciò che accade al Paese di destinazione, le cui frontiere, e quindi la cui sovranità, vengono appunto «bruciate», polverizzate, cancellate. Come al solito, si emigra per una serie di motivi. La corruzione endemica e la caduta del prezzo del petrolio hanno messo il governo del primo ministro Ahmed Ouyahia con le spalle al muro.L'inflazione galoppa, il potere d'acquisto viene dimezzato e i servizi vengono tagliati. Per molto tempo, la religione ha fatto da ammortizzatore sociale, al prezzo, tuttavia, di una islamizzazione crescente. La primavera araba, qui come altrove, non ha risolto nulla, anzi, forse ha peggiorato le cose. L'emigrazione verso l'Italia - la Sardegna dista appena 200 chilometri - è quindi diventata una sorta di rito generazionale, con tanto di risvolto social. Su Facebook esiste addirittura una pagina che aggiorna costantemente i propri utenti sui viaggi compiuti dall'Algeria verso la Sardegna, chiamata per l'appunto «HaRaGa Dz», al cui interno si possono notare selfie scattati dai migranti durante le traversate, così come post scritti in arabo dagli amministratori in cui vengono postate informazioni e dettagli sia sui viaggi appena effettuati che su quelli che ancora devono essere intrapresi. Molti di loro poi puntano alla Francia, con cui c'è un ancestrale rapporto di amore e odio a causa della colonizzazione (anche se, come dice Renaud Camus, è bizzarro che si metta tanta energia per cacciare un nemico così odiato e poi, una volta liberi, si faccia di tutto per tornare a voler convivere con lui). Ma quel che conta è intanto mettere piede in Europa, poi si vedrà. Parallelamente all'emigrazione «ufficiale», anche se pur sempre illegale, gli algerini battono tuttavia anche la strada di quella «fantasma»: barchini più piccoli, più sicuri e più veloci, con la tendenza a sparire nel nulla una volta attraccati.A febbraio, la relazione annuale dell'intelligence ha segnalato che «rispetto agli arrivi dalla Libia, quelli originati dalla Tunisia e dall'Algeria presentano caratteri peculiari: sono entrambi essenzialmente autoctoni e prevedono sbarchi "occulti", effettuati sotto costa per eludere la sorveglianza marittima aumentando con ciò, di fatto, la possibilità di infiltrazione di elementi criminali e terroristici». Non ci sono solo giovani senza speranze, quindi, ma anche altri migranti, non meglio identificati, dalle intenzioni losche e, forse, sanguinarie. Una chiosa finale: ma queste terre d'emigrazione, saranno almeno solidali con i «poveri migranti» che giungono da loro? Se guardiamo alla condizione dei subsahariani in Algeria, non si direbbe. Giorni fa, un gruppo di uomini arrestati a Ghardaia, a 600 chilometri dalla capitale, è stato espulso verso il Mali. Erano più di 120 persone (altre migliaia sono state cacciate nei mesi precedenti): maliani, ma anche guineani, ivoriani, senegalesi, gambiani. Alla faccia del buonismo.Adriano Scianca <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/milano-voleva-i-migranti-si-prenda-i-miei-2550931222.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="rivolta-con-blocco-stradale-vicino-a-napoli-italia-no-buona" data-post-id="2550931222" data-published-at="1758139821" data-use-pagination="False"> Rivolta con blocco stradale vicino a Napoli: «Italia no buona» LaPresse La struttura dove alloggiano «non è buona». La strada in cui è ubicato il centro «non è buona». Anche l'assistenza medica, a loro avviso, è scadente. La pensano così i migranti che ieri mattina hanno inscenato un blocco stradale a Giugliano, in provincia di Napoli.Lo hanno fatto per protesta, rovesciando sull'asfalto bidoni della spazzatura e suppellettili prelevate dalla struttura. «Vogliamo un incontro in Prefettura», hanno scandito con slogan all'arrivo delle forze dell'ordine. Traffico in tilt per ore e il flusso di veicoli, particolarmente intenso su quel tratto di strada, deviato su arterie alternative.Sono 62 i richiedenti asilo ospitati in quella che fino a qualche anno fa era una casa di riposo per anziani. Sono originari dell'Africa subsahariana e del Bangladesh, molti di loro sono ospiti del centro da oltre un anno.«Non ho ancora avuto i documenti e il lavoro, così non posso vivere», denuncia uno dei migranti invitato dai carabinieri a lasciare libera la sede stradale. Tantissimi gli automobilisti costretti a fermarsi o a tornare indietro per raggiungere la località Lago Patria, a 30 chilometri da Napoli.Il blocco, alla fine, è stato rimosso grazie alla mediazione dei carabinieri della compagnia di Giugliano e della polizia: gli uomini in uniforme hanno persuaso i migranti ad affrontare la questione pacificamente. Sotto accusa la gestione del centro di accoglienza. «Sono qui da tre mesi», spiega un ventiduenne africano, «la commissione per i documenti non si è ancora riunita. Così non avrò mai un lavoro», dice mentre con un calcio colpisce un cassonetto per la raccolta differenziata rovesciandolo sul selciato.Altri migranti si scoprono la schiena e calano i pantaloni per mostrare segni di ferite e pustole, conseguenze - a loro dire - di una scarsa assistenza medica.«Io aspetto da un anno un check-up in ospedale, Italia no buona», denuncia ancora un altro extracomunitario. Una delegazione di migranti è stata poi portata in commissariato per esporre i problemi lamentati e riportarli alla Prefettura.Giancarlo Palombi
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)