
Il Tar boccia il ricorso sul secondo anello e il sindaco si arrende: «Il restyling è l’unica via». Ipotesi lavori estivi per due anni.Sullo stadio non tocca palla. Non che sul resto faccia faville, anzi, ma è a San Siro che il sindaco Beppe Sala colleziona le più brucianti sconfitte. Ieri l’ultima, quando il Tar della Lombardia ha appallottolato il ricorso del Comune di Milano contro il vincolo della Soprintendenza sul secondo anello del leggendario (ma vetusto) impianto sportivo, e lo ha gettato nel cestino della carta dichiarandolo inammissibile, «in parte per difetto di interesse, in parte per difetto di giurisdizione». Secondo i giudici amministrativi l’interesse culturale esiste, il vincolo previsto per il 2025 dalle Belle Arti e dalla Commissione per il Patrimonio culturale è un dato di fatto; di conseguenza San Siro non si può abbattere. Quanto alle targhe cementate, se appartengano a palazzo Marino o ai due club, non è affare del Tar, ma del tribunale ordinario. Fine della querelle, ma non dell’infinito tormentone che da sei anni mette in imbarazzo Milano e il suo molto preteso efficientismo. Fine anche dell’illusione di poter costruire a San Siro un nuovo stadio, come avviene in ogni paese civile del pianeta. Ma questo Milan e Inter l’avevano capito da tempo e infatti continuano a flirtare con San Donato e Rozzano per scappare da Milano e dalla stretta mortale della burocrazia metropolitana.Pur sconfitto, come ogni allenatore in cerca di giustificazioni Beppe Sala se la canta da vincitore. «La nostra via di rigenerare San Siro è l’unica possibile. Anche la sentenza è un passo in più per dire che il Meazza non è abbattibile, quindi restano due alternative: o riusciamo a convincere le squadre a rigenerare San Siro, oppure lo stadio rischia di trasformarsi in qualcosa che perde un po’ del suo ruolo. Quindi non sarebbe bello per nessuno». Men che meno per lui, poiché lo stadio diventerebbe una cattedrale nel deserto. Pensare di far pagare i dieci milioni all’anno agli organizzatori di concerti è un’utopia.Ora il borgomastro punta tutto su Webuild, il colosso delle costruzioni che si sta occupando della M4. Ed è praticamente in ginocchio dai progettisti designati per la ristrutturazione sostenibile dello stadio. A favore dell’amministrazione gioca la carenza di liquidità delle due società di calcio cittadine, di conseguenza un San Siro «rigenerato» (secondo il vocabolario del Vanity sindaco), da pagare 350 milioni invece che un miliardo potrebbe far loro comodo. Webuild ritiene che sul Meazza servano lavori estivi, da giugno a settembre, per almeno due anni: è questa la soluzione per non impattare sulla stagione calcistica secondo lo studio di fattibilità.Un sicuro vincitore del braccio di ferro è Luigi Corbani, ex vicesindaco ai tempi di Paolo Pillitteri, oggi leader del comitato «SiMeazza». Dopo la decisione del Tar ha dichiarato: «Il sindaco ha compiuto l’ennesimo passo falso ricorrendo contro un parere che lui stesso aveva chiesto alla Soprintendenza. Che ci fosse un vincolo lo sapeva anche quello che mena il gesso. Ma fingeva di non saperlo lui e ha trascinato il Comune a una brutta figura. Adesso il consiglio comunale dovrebbe chiedere a Sala quando verranno fatti i lavori di adeguamento del Meazza chiesti dal Cio per le olimpiadi del 2026 e di indire la gara per l’ammodernamento e la gestione dello stadio». Corbani è anche critico sulla scelta ad personam di Webuild: «Non esiste che una società, appena riempita di soldi dal sindaco, venga incaricata dallo stesso senza una delibera e senza coinvolgere i cittadini, come se fosse un rapporto fra due amici al bar. Una procedura simile apre la strada a contenziosi infiniti». L’opposizione è ovviamente sulle barricate e chiede che venga convocato un consiglio comunale straordinario su San Siro. Il segretario della Lega, Samuele Piscina, sottolinea che «il ricorso non aveva ragione di esistere, ci domandiamo se non si ravvisi pure il danno erariale. Perdere anche una fra Milan e Inter sarebbe una tragedia, quindi è necessario avere una strategia definitiva per non farci deridere dal mondo intero. E non solo da quello del calcio».
Maria Chiara Monacelli
Maria Chiara Monacelli, fondatrice dell’azienda umbra Sensorial è riuscita a convertire un materiale tecnico in un veicolo emozionale per il design: «Il progetto intreccia neuroscienze, artigianato e luce. Vogliamo essere una nuova piattaforma creativa anche nell’arredamento».
In Umbria, terra di saperi antichi e materie autentiche, Maria Chiara Monacelli ha dato vita a una realtà capace di trasformare uno dei materiali più umili e tecnici - il cemento - in un linguaggio sensoriale e poetico. Con il suo progetto Sensorial, Monacelli ridefinisce i confini del design artigianale italiano, esplorando il cemento come materia viva, capace di catturare la luce, restituire emozioni tattili e raccontare nuove forme di bellezza. La sua azienda, nata da una visione che unisce ricerca materica, manualità e innovazione, eleva l’artigianato a esperienza, portando il cemento oltre la funzione strutturale e trasformandolo in superficie, texture e gioiello. Un percorso che testimonia quanto la creatività, quando radicata nel territorio e nel saper fare italiano, possa dare nuova vita anche alle materie più inattese.
Diego Fusaro (Imagoeconomica)
Il filosofo Diego Fusaro: «Il cibo nutre la pancia ma anche la testa. È in atto una vera e propria guerra contro la nostra identità culinaria».
La filosofia si nutre di pasta e fagioli, meglio se con le cotiche. La filosofia apprezza molto l’ossobuco alla milanese con il ris giald, il riso allo zafferano giallo come l’oro. E i bucatini all’amatriciana? I saltinbocca alla romana? La finocchiona toscana? La filosofia è ghiotta di questa e di quelli. È ghiotta di ogni piatto che ha un passato, una tradizione, un’identità territoriale, una cultura. Lo spiega bene Diego Fusaro, filosofo, docente di storia della filosofia all’Istituto alti studi strategici e politici di Milano, autore del libro La dittatura del sapore: «La filosofia va a nozze con i piatti che si nutrono di cultura e ci aiutano a combattere il dilagante globalismo guidato dalle multinazionali che ci vorrebbero tutti omologati nei gusti, con le stesse abitudini alimentari, con uno stesso piatto unico. Sedersi a tavola in buona compagnia e mangiare i piatti tradizionali del proprio territorio è un atto filosofico, culturale. La filosofia è pensiero e i migliori pensieri nascono a tavola dove si difende ciò che siamo, la nostra identità dalla dittatura del sapore che dopo averci imposto il politicamente corretto vorrebbe imporci il gastronomicamente corretto: larve, insetti, grilli».
Leonardo
Il fondo è pronto a entrare nella divisione aerostrutture della società della difesa. Possibile accordo già dopo l’incontro di settimana prossima tra Meloni e Bin Salman.
La data da segnare con il circoletto rosso nell’agenda finanziaria è quella del 3 dicembre. Quando il presidente del consiglio, Giorgia Meloni, parteciperà al quarantaseiesimo vertice del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg), su espressa richiesta del re del Bahrein, Hamad bin Isa Al Khalifa. Una presenza assolutamente non scontata, perché nella Penisola araba sono solitamente parchi con gli inviti. Negli anni hanno fatto qualche eccezione per l’ex premier britannica Theresa May, l’ex presidente francese François Hollande e l’attuale leader cinese Xi Jinping e poco altro.
Emmanuel Macron (Ansa)
Bruxelles apre una procedura sull’Italia per le banche e tace sull’acciaio transalpino.
L’Europa continua a strizzare l’occhio alla Francia, o meglio, a chiuderlo. Questa volta si tratta della nazionalizzazione di ArcelorMittal France, la controllata transalpina del colosso dell’acciaio indiano. La Camera dei deputati francese ha votato la proposta del partito di estrema sinistra La France Insoumise guidato da Jean-Luc Mélenchon. Il provvedimento è stato approvato con il supporto degli altri partiti di sinistra, mentre Rassemblement National ha ritenuto di astenersi. Manca il voto in Senato dove l’approvazione si preannuncia più difficile, visto che destra e centro sono contrari alla nazionalizzazione e possono contare su un numero maggiore di senatori. All’Assemblée Nationale hanno votato a favore 127 deputati contro 41. Il governo è contrario alla proposta di legge, mentre il leader di La France Insoumise, Mélenchon, su X ha commentato: «Una pagina di storia all’Assemblea nazionale».






