Gli scienziati sferzano il sindaco Sala che a parole ha fatto dell’ecologismo una bandiera: spariti gli alberi in diverse piazze riqualificate (San Babila) o in fase di restyling (Cordusio). Così le aree cittadine si trasformano in «isole di calore».
Gli scienziati sferzano il sindaco Sala che a parole ha fatto dell’ecologismo una bandiera: spariti gli alberi in diverse piazze riqualificate (San Babila) o in fase di restyling (Cordusio). Così le aree cittadine si trasformano in «isole di calore».Si sono svegliati anche gli scienziati. Dopo anni di alberi tagliati, alberi triturati, alberi non ripiantumati, gli esperti del Piano aria clima sono arrivati alla conclusione della sciura Maria che arranca con la busta della spesa sulle piastrelle di cemento bollente: nelle piazze di Milano è scomparso il verde. Dopo una scoperta così sconvolgente il comitato tecnico scientifico (voluto espressamente dalla giunta due anni fa) ha scritto al sindaco Beppe Sala una torrida lettera nella quale chiede di «riconsiderare i progetti in corso e prevedere l’inserimento di alberi capaci di offrire ombra, ridurre le temperature e migliorare il comfort climatico degli spazi pubblici».Il problema è che mentre i luminari dormivano, il borgomastro più green d’Europa (a parole) ha completato il disastro. Piazza San Babila: deserto del Sahara che si allunga fin quasi a piazza Beccaria, per il Cts una «spianata rovente». Piazza Sant’Agostino: quadrilatero con fuscelli morenti usati come paletti dello slalom dai monopattini e come cestini dei rifiuti dai maranza. Piazza Sant’Ambrogio verso San Vittore: delle 28 piante ad alto fusto se ne sono salvate sette, le altre sono rimaste nei rendering. Non c’è slargo, piazzale, varco in corrispondenza con le fermate della M4 che non sia stato trasformato in un’anonima periferia post sovietica. Grigie spianate assolate con due caratteristiche contrastanti: la presenza matematica degli stalli delle biciclette, desolatamente vuoti perché il ciclista cool è solito abbandonare le due ruote del Comune sui marciapiedi come moleste sculture urbane. E la sistematica assenza di un albero degno di questo nome capace di restituire frescura.Il grido di dolore degli esperti potrebbe salvare la centralissima piazza Cordusio per via del ritardo strutturale dei lavori: siamo ancora alla fase della «narrazione visual» ma già si nota l’assenza di elementi vegetali, aiuole, arbusti, come se l’essenza green della maggioranza progressista sia spargere sale. Così l’effetto finale della rigenerazione urbana prevista dal Vanity sindaco è una enorme lapide ellittica fra i palazzi. Con la possibilità che in questi giorni anche la statua di Giuseppe Parini buonanima cominci a sudare. Davanti allo scempio il comitato degli esperti non poteva rimanere in silenzio. «Molte delle recenti riqualificazioni rischiano di trasformarsi in vere e proprie isole di calore urbane». «Le nuove pavimentazioni risultano completamente prive di alberature, con effetti diretti sul microclima e sulla vivibilità degli spazi pedonali». «La mancanza di verde è un errore strategico». «Una scelta progettuale che non tiene conto dell’emergenza climatica in corso».Quella di sacerdoti green come Maria Berrini (architetto ambientalista), Edoardo Croci (docente di Economia ambientale alla Bocconi), Anna Gerometta (avvocato paladino dell’aria pulita) e di altri luminari con i pampini nel curriculum è una bocciatura su tutta la linea, la sconfessione plastica di una politica degli annunci smentita dai fatti. Alla giunta pseudo green arriva una tirata d’orecchi storica, poiché il Comitato invita il Comune a «considerare la vegetazione urbana non come un elemento accessorio ma come una vera e propria infrastruttura sanitaria in grado di influire sulla qualità dell’aria, sul benessere psicofisico dei cittadini e sulla resilienza della città ai cambiamenti climatici».Così il re è nudo. Non basta il marketing della «biblioteca degli alberi» (quattro piantine esotiche sotto i grattacieli dell’Isola) e del Bosco Verticale per far respirare Milano. Non basta la biodiversità ridotta al mancato sfalcio dell’erba per accreditarsi come città ecologica; in questi giorni l’amministrazione viene pure accusata di dare lavoro extra ai veterinari che vedono arrivare cani martoriati dalle zecche. Il secondo mandato di Beppe Sala non risparmia nulla ai milanesi, neppure una Waterloo green. Proprio lui che ha varato Aree B e C contro gli automobilisti; lui che ha costellato la metropoli tascabile di piste ciclabili che nessuno usa (a differenza di Londra e Amsterdam qui il ciclista cool predilige le strade da infilare contromano o i marciapiedi); lui che aveva pure scritto un libro Lettere dalle città del futuro facendo diventare il greenwashing letteratura per l’infanzia. Nella città delle cento «week» perfino l’iniziativa Forestami (con la promessa di piantare tre milioni di alberi entro il 2030) è una mezza bufala. A sostenerlo non sono cupi giornalisti di destra, ma un verde storico come Carlo Monguzzi: «È un pacco clamoroso. Ne vengono piantati di norma 25.000 all’anno, più o meno lo stesso numero che il Comune pianta di routine, prevalentemente nei parchi di periferia». Nel 2024 Milano era la quarta città più inquinata del mondo dopo Dacca, Lahore e Delhi. Ora si sono svegliati anche gli scienziati: nella Disneyland dell’apericena il verde non fa figo. Ma ai radical del Municipio uno basta guardare la fotografia di Vanity Sala per avvertire una certa frescura.
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