2024-02-23
Milano fashion week si riscopre romantica. La donna torna soave
Prada sfata il tabù dell’amore, Max Mara ispirata da Colette Ferretti e N21 dalla poesia. Magia Armani, sfilata sotto la neve.Lo stilista umbro: «Il Paese sta bene, non ha mai avuto la disoccupazione al 7%. Ora aiutiamo i lavoratori».Lo speciale contiene due articoliAssistere a una sfilata di Prada e porsi delle domande è un tutt’uno. È come quando si va a una mostra d’arte contemporanea e nasce una discussione su ciò che si è visto e compreso. Miuccia Prada stupisce e fa riflettere. Questa volta ha affrontato l’idea di romanticismo, «che forse in questo momento è considerato un tabù, soprattutto nella moda», spiega la stilista descrivendo la collezione. «Gli abiti rivelano un senso di romanticismo che tocca i valori dell’amore e dell’attenzione. L’amore tra le persone, romantico ma anche familiare. Non è tanto una dichiarazione teorica, quanto una conversazione sulle emozioni. Per me queste sono idee vitali, da sempre presenti in ciò che realizziamo, nel creare bellezza e nel fare le cose con amore». La storia che collega la vita delle persone: i riferimenti alla moda del passato raccontano vite vissute, ma anche modi di vivere odierni. «Riflettere sulla storia ci insegna a comprendere i nostri errori e i nostri punti di forza. Il passato è l’unica cosa che abbiamo. Detesto l’idea della nostalgia, come se la storia non insegnasse nulla. La storia insegna tutto, soprattutto nei momenti difficili». Tradotto in abiti, la collezione Prada è un insieme di ricordi rivisti ai giorni nostri e con gli occhi di Miuccia Prada e Raf Simons. Dalle giacche maschili sartoriali, spalle importanti, agli abiti e gonne impalpabili. E poi il chiodo, il bomber, i piccoli golfini. Si parla d’amore anche da Max Mara e si «rubano» le parole a Colette, ispiratrice della collezione firmata, come da anni, dal direttore creativo Ian Griffiths. La prosa di Colette è profonda e passionale. Con la franchezza che la contraddistingueva, dichiarò che «l’amore non è un sentimento onesto». Alla «woman in control» di Max Mara, si aggiunge un tocco di stile Belle Époque, di glamour demi-monde e di sensualità. Moderna, sobria, eppure profondamente evocativa: Max Mara è per la moda quello che Colette è per la letteratura. Nessuna si vestiva come lei: giacca, pantalone, cravatta. Codici ripresi nella collezione super chic in blu, nero, grigio e qualche tocco di cammello. Nuovi cappotti talvolta con maniche a kimono realizzati in compatto melton di cashmere e in doppio tessuto di cammello e alpaca, oppure lavorati a maglia con bordi finiti al laser. Delicati volant donano nuova femminilità consapevole. La stessa di Alberta Ferretti, che racconta la sua collezione tra concretezza e poesia. «Le donne sono molto più sicure di una volta, lo vedo nelle scelte, mi piace ascoltarle e non sono così influenzabili». Potere alla femminilità, Ferretti lo dice con i completi grigi, impeccabili tailleur maschili e abiti perfetti. «Mi piace che la donna faccia sua la mia moda e la interpreti come preferisce». Un concetto che si confà anche ad Alessandro Dell’Acqua per N21, che non si smentisce mai: perché è chic con stile, perché la sua è un’eleganza colta, fatta di piccoli pezzi d’autore come il tailleur in panno nero tagliato al vivo e ricamato con cristalli e jais o le gonne e gli abiti costruiti con pannelli aperti che prevedono sottovesti o anche nude look. «Ho voluto raccontare un mondo femminile che non ha un solo punto di vista, ma che riesce a contenere la drammaticità, la giocosità, la leggerezza e la sensualità». Donne guerriere da Antonio Marras. Quest’anno, lo stilista ha portato in scena la reale figura medievale di Eleonora D’Arborea (interpretata da Anna della Rosa), mentre Filippo Timi è entrato nei panni del suo falconiere. Emerge l’immagine di questa regnante-eroina che nella sua visione di «nazione» ha garantito parità tra «ricchi e poveri». Ecco perché damaschi e broccati si alternano a check plaid, piede de poule e argyle, che hanno un sapore d’Oltremanica. Il massimalismo di Marras si narra attraverso le lavorazioni ridondanti dei tessuti materici che da sempre caratterizzano la sfilata Marras e che per l’autunno/inverno 2024-2025 diventano preziosi. Chiude la giornata il romantismo di Emporio Armani, con passerella finale sotto una nevicata coinvolgente. Come gli abiti. «Se smembrati sono tutti molto portabili a tutte le età della donna», spiega Giorgio Armani, «c’è qualche concessione allo spettacolo. E resta donna anche con un cappottone da uomo». Domina il nero, unito alle sfumature del malva, dell’ultravioletto, del verde giada, del grigio. In questo scenario si muove una donna tipicamente armaniana, che ha la libertà istintiva di Emporio: porta i pantaloni sotto l’abito vaporoso che per lei è una camicia, riscopre il cappotto dalle forme ampie e avvolgenti, il gilet di tessuto o di crochet; indossa tute, pantaloni sciolti che si chiudono al fondo. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/milano-fashion-week-si-riscopre-romantica-la-donna-torna-soave-2667344569.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="leleganza-ha-a-che-fare-con-la-gentilezza" data-post-id="2667344569" data-published-at="1708628747" data-use-pagination="False"> «L’eleganza ha a che fare con la gentilezza» «Il lusso dell’eleganza, l’eleganza della gentilezza. Se sei gentile sei aperto al mondo al pensiero altrui, sei universale, creativo, geniale. Stiamo andando verso un bel gusto e questo vale per la donna e per l’uomo. Vestiti bene, eleganti, chic, giovani, freschi. Cose che non butterai mai via, che lasci in eredità». Brunello Cucinelli declina così non solo la sua collezione, ma il momento che stiamo vivendo. E parte da una «Lettera alle donne» che ha voluto scrivere e «che mi ha fatto anche piangere». «Vengo da una famiglia di tutte donne. Da bambine già coccolate, avete un tasso del dolore e di comprensione molto più alto del nostro: quando l’essere umano è in difficoltà chiama sempre la mamma. Vi ho paragonate ai poeti, che sono per me gli uomini più importanti dell’umanità. Ho vissuto in una famiglia matriarcale dove la nonna smistava tutto, gli uomini portavano la busta paga a casa e la consegnavano alla mamma». La moda è anche un mezzo per lanciare messaggi sociali? «È sempre stato così. Duemila anni fa l’imperatore Adriano diceva: “Quel senatore è molto ricco, ma non è elegante. Quell’altro non è molto ricco, ma è molto raffinato”. La moda fa parte di noi, i primi secondi di un incontro sono importanti. Come sei vestito, come ti curi». Si parla di un 2024 difficile dal punto di vista economico. «Non la penso così. È l’unico momento da quando sono nato che l’Italia ha il 7% della disoccupazione, 500.000 persone non accettano certi lavori. E hanno ragione perché certi mestieri non hanno dignità, né morale nè economica. Ma se tu accettasi avresti una disoccupazione al 4%. Vuol dire che l’Italia è un Paese serio. Siamo credibili. Qualche anno fa andando in giro per il mondo non ci consideravano così». Pensa sia merito di questo governo? «Penso che abbiamo bisogno di persone perbene, di qualsiasi partito. Voglio essere compartecipe attivo del mio governo chiunque esso sia. Questa democrazia sarebbe piaciuta moltissimo a Pericle». Tante aziende però lamentano un calo. «Sono cose che avvengono. Quando la tua crescita vuol essere esageratamente pazzesca e in due tre anni cresci del 30%, dove vuoi andare? Torniamo a una crescita garbata, a un modo di vivere gentile. Quando fai 3 bilion e vai da 3 a 6 devi fare un’altra azienda con 30.000 persone in un anno. Monsieur Arnault ha detto una cosa bellissima: “Se cresciamo del 9/10% c’è un equilibrio di produzione”. Il Pil ce l’abbiamo come gli altri Paesi. Adesso farò due cene in Germania perché voglio andare ad Amburgo e Düsseldorf a dire che non c’è nulla di catastrofico». Il nostro problema è la mancanza di manodopera? «Certo. Se non ridiamo quella dignità morale ed economica al lavoro, chi verrà a lavorare nelle nostre fabbriche? Al governo chiederei sempre la stessa cosa: aiutateci a far sì che gli stipendi degli operai siano più alti. Un professore prende stipendi bassi per un mestiere fondamentale ed educativo. Vorrei un equilibrio migliore nello stipendio degli esseri umani. Che vale anche per noi imprese, io ci provo. Le nostre imprese possono fare un 1% in meno di profitto da destinare in altro modo perché la gente deve lavorare con soddisfazione in un luogo bello. Puoi lavorare senza finestre a 1.400 euro al mese a 23 anni perché dobbiamo fare profitti più alti? Ora i nodi vengono al pettine». Gli altri industriali la seguono in questo? «Ormai credo che abbiamo tutti capito che deve cambiare qualcosa, altrimenti decidi di non produrre qui».
Alessandro Benetton (Imagoeconomica)