2024-09-07
Marine Le Pen: Michel Barnier ok, ma ora il proporzionale
Il neo premier francese Michel Barnier, proveniente dalle fila della destra conservatrice dei Républicains (Ansa)
Secondo indiscrezioni, Emmanuel Macron non avrebbe affidato l’incarico a Xavier Bertrand perché inviso alla destra. Che però voterà Mr. Brexit chiedendo che venga cambiata la legge elettorale e che si rivada alle urne nel 2025. Il neo premier in tv: «Rispetto gli elettori del Rn».La Camera ha già aperto un’indagine sul numero due della candidata democratica.Lo speciale contiene due articoliIl neo premier francese Michel Barnier ha iniziato ad attivarsi per costituire il suo governo. La giornata di ieri è stata una successione di incontri, dapprima con i responsabili del suo partito dei Républicains (Lr) e poi con il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron. Dopo l’incontro con il neo premier, Laurent Wauquiez e Bruno Retailleau, rispettivamente capigruppo Lr all’Assemblea Nazionale e al Senato, hanno dichiarato di voler «far uscire la Francia da questa situazione bloccata», confermando di aver detto a Barnier di essere pronti ad assumersi le proprie responsabilità ma solo sulla base di «un programma che garantisca risposte alle preoccupazioni dei francesi». Risposte che, per i capigruppo Lr riguardano quattro temi principali: potere d’acquisto, finanze pubbliche, immigrazione e sicurezza. Sempre in mattinata, Barnier ha incontrato anche il suo predecessore, Gabriel Attal, che ora è capogruppo del partito macronista Renaissance all’Assemblea Nazionale. «Ho incontrato il primo ministro stamattina», ha scritto Attal sulla messaggeria interna usata dai deputati macronisti, precisando di avergli «indicato le grandi linee della discussione che abbiamo avuto nella riunione di gruppo ieri sera». L’ex premier ha detto che il suo partito è pronto ad collaborare «con la destra repubblicana, la sinistra repubblicana e il blocco di centro», ma anche di essere «aperti a compromessi» senza avere «l’intenzione di bloccare né di dare un sostegno incondizionato».Da sinistra invece sono arrivati altri strali contro Macron e Barnier. Ai microfoni di Franceinfo, la deputata del Nouveau Front populaire (Nfp) Clémentine Autain ha affermato che «il presidente della Repubblica ha calpestato la democrazia». Alexis Corbière, deputato indipendente di sinistra ha preteso di «sanzionare il mancato rispetto del voto». Per il leader socialista Olivier Faure, il nuovo premier è «il baricentro della destra e dell’estrema destra» e ha gridato contro quello che, secondo lui, è un «tradimento democratico». Invece l’onorevole de La France Insoumise (Lfi) Emmanuel Bompard ha definito il futuro esecutivo «un governo Macron-Le Pen».Oltre agli strilli, da sinistra sono arrivate anche delle fake news, come quella diffusa dal leader de La France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon e dall’ Inter-Lgbt, il collettivo che riunisce varie associazioni arcobaleno. Il leader di sinistra e il collettivo hanno insinuato che, nel 1981, Barnier avesse votato contro la depenalizzazione dell’omosessualità. In realtà, come ha precisato Le Parisien, la questione era più complessa. Per dirla in parole povere, il neo premier aveva votato contro la depenalizzazione delle relazioni omosessuali tra minorenni di più di 15 anni. Sempre a sinistra però c’è chi ha fatto una specie di mea culpa. È il caso del sindaco socialista di Parigi, Anne HIdalgo, secondo la quale «avremmo potuto avere un primo ministro di sinistra» ma «è il mio partito che ne ha impedito la nomina».Dal Rassemblement national (Rn) è stata ribadita la necessità di approvare lo scrutinio proporzionale per l’Assemblea nazionale. Secondo una ricostruzione fatta dalla radio Europe 1, Barnier non sarebbe stata la prima scelta di Macron perché il presidente pensava al leader della regione degli Hauts-de-France, Xavier Bertrand. Ma questo sarebbe stato immediatamente sfiduciato dal Rn. Così, Macron avrebbe chiesto a Marine Le Pen quali fossero le sue condizioni per evitare una sfiducia. Sempre secondo la radio, la fondatrice dell’Rn ha presentato delle richieste ben precise. Non solo l’introduzione di una legge elettorale proporzionale per l’elezione della Camera bassa francese, ma anche lo scioglimento della stessa già a partire dal mese di giugno 2025, come previsto dalla Costituzione di Parigi che consente ai presidenti di sciogliere l’Assemblea nazionale solo una volta all’anno. Le Pen ha preteso anche una stretta sull’immigrazione e la difesa del potere d’acquisto delle classi più modeste.Vista da questa angolazione, si potrebbe dire che Le Pen si sia presa una rivincita su Macron dopo che questo, insieme a Gabriel Attal, avevano ostracizzato e trattato come bestia immonda l’Rn, tra il primo e il secondo turno delle legislative di inizio estate. E a proposito di questo scrutinio, ieri un sondaggio Elabe per Bfm tv ha rivelato che, il 74% dei francesi pensa che Macron non abbia rispettato il risultato delle legislative. Inoltre, per il 40% dei cugini d’Oltralpe, la nomina di Barnier è «una buona cosa per il Paese» e per il 29% si tratta di qualcosa di negativo». Un altro sondaggio, realizzato da Csa per Cnews e altre testate, ha constatato che solo il 42% dei francesi ha fiducia nel nuovo premier. Oggi Barnier sarà ricevuto dalla presidente dell’Assemblea Nazionale, la macronista Yaël Braun-Pivet. Ieri in serata, Barnier è intervenuto al tg delle 20 di Tf1. Il neo premier ha spiegato che il suo «non sarà solo un governo di destra. Ci saranno persone del mio gruppo, persone della maggioranza uscente, anche gente di sinistra. Non ho le stesse idee di Macron ma ho votato per lui al secondo turno». Sul partito di Marine Le Pen ha chiarito: «Non ho nulla in comune con le tesi del Rn ma rispetto gli 11 milioni di francesi che hanno votato per loro». Quanti al proporzionale, che come detto sarebbe la vera moneta di scambio con i lepenisti, Barnier ha affermato: «Non ci sono linee rosse. Se questa fosse una soluzione, non la eviterei. Ma ne discuterò con i gruppi politici». Il neo premier ha poi invitato a «controllare i flussi migratori, senza ideologia» e ad aprire «un dibattito con i sindacati per migliorare la riforma delle pensioni».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/michel-barnier-presidente-francese-destra-2669142654.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lasse-walz-cina-imbarazza-kamala-harris-legami-pure-coi-laboratori-di-wuhan" data-post-id="2669142654" data-published-at="1725653703" data-use-pagination="False"> L’asse Walz-Cina imbarazza Kamala Harris. Legami pure coi laboratori di Wuhan Tim Walz rischia di imbarazzare Kamala Harris per i suoi controversi rapporti con la Cina. Il governatore del Minnesota intrattiene legami piuttosto stretti con l’Hormel Institute: centro di ricerca medica che, secondo quanto riferito dal Washington Examiner, vanta a sua volta delle collaborazioni con l’Istituto di virologia di Wuhan. Stiamo cioè parlando dell’ente da cui potrebbe essere fuoriuscito il Covid-19. Lo scorso aprile, l’attuale vice della Harris si è recato in visita all’Hormel Institute, il quale, sul proprio sito, ha ricordato che, da deputato, Walz gli garantì oltre due milioni di dollari in «acquisizioni tecnologiche». Ebbene, stando a documenti visionati e riportati dal Washington Examiner, l’Hormel Institute ha collaborato con l’istituto di Wuhan per quanto riguarda due studi: uno pubblicato nel 2020 e uno nel 2024. Ma non è finita qui. Il mese scorso, Fox News ha riferito che l’Hormel Institute vanterebbe collaborazioni anche con il Beijing Genomics Institute: una realtà che figura nella lista, redatta dal Pentagono, delle aziende cinesi collegate all’Esercito popolare di liberazione. Del resto, non va neppure trascurato come lo stesso Istituto di virologia di Wuhan faccia a sua volta capo al Consiglio di Stato della Repubblica popolare. L’Hormel, dal canto suo, sta cercando di ripararsi dietro al fatto di non aver una «affiliazione formale» con questi enti cinesi. Ma ciò non toglie, soprattutto nel caso dell’Istituto di virologia di Wuhan, la presenza di collaborazioni. Senza infine trascurare che un professore associato dell’Hormel, Bin Liu, ha studiato presso l’Università di Wuhan. E attenzione: c’è dell’altro. Ex direttore esecutivo dell’Hormel è il dottor Zigang Dong, che, dopo quasi 18 anni, si dimise improvvisamente dall’incarico nel 2019. Secondo l’Austin Daily Herald, lo scienziato era d’altronde finito sotto inchiesta dell’Fbi a causa di una sua «possibile mancata segnalazione di finanziamenti esteri quando faceva domanda di sovvenzioni». Ebbene, stando a documenti della Federal election commission, Dong, tra il 2007 e il 2016, ha più volte versato donazioni elettorali in favore di Walz, che all’epoca era deputato. Sarà un caso, ma quando, nel 2012, l’Hormel Institute avviò una partnership con alcuni centri di ricerca della provincia cinese di Henan, Walz diede il suo endorsement all’iniziativa. «La collaborazione porta più risorse», dichiarò. Sarà sempre un caso, ma, due anni dopo, Walz, all’epoca sempre deputato del Minnesota, accolse una delegazione cinese proveniente dalla provincia di Henan in visita all’Hormel Institute. Questi legami rischiano di imbarazzare la Harris, soprattutto alla luce del fatto che, a metà agosto, la commissione Sorveglianza della Camera ha aperto un’indagine sui legami del suo vice con Pechino. Non è quindi affatto escluso che i rapporti di Walz con l’Hormel Institute possano finire presto sotto i riflettori. Certo, il governatore del Minnesota ha più volte criticato il Dragone sul fronte dei diritti umani. Tuttavia, quando si è trattato di assumere una linea dura dal punto di vista sostanziale, si è sempre tirato indietro. Secondo la Cnn, è contrario al disaccoppiamento dell’economia americana da quella cinese. Biasimò inoltre Donald Trump quando avviò la guerra tariffaria con il Dragone. Era, tra l’altro, il 2016, quando disse che Usa e Cina non avrebbero dovuto avere una «relazione conflittuale». Ricordiamo infine che il diretto interessato ha lavorato nella Repubblica popolare per un breve periodo nel 1989 e che l’ha scelta anche per la sua luna di miele cinque anni dopo. Adesso, i collegamenti con l’Hormel Institute pongono nuove domande. Domande che potrebbero chiamare in causa, chissà, questioni legate alla sicurezza nazionale.