2020-05-03
Mezzi pubblici verso la paralisi. E non si sa come imporre le regole
Tornano al lavoro 4,4 milioni di persone senza orari scaglionati e con capienze ridotte anche del 75%. Le aziende di trasporto non possono fare tutto da sole: a Milano è già anarchia. Disagi scaricati sulle imprese.Altro che ripartenza, la fase 2 rischia di cominciare con un inferno per i pendolari e le imprese pronte ad aprire. Insomma, chi si sposta per lavoro dovrà pagare il prezzo più alto della bolgia delle regole. Il D day domani scatterà con il sold out delle prenotazioni per i Frecciarossa da Nord a Sud. Ma l'assalto è determinato anche dal fatto che la capienza delle carrozze è dimezzata per consentire il distanziamento. Tra le novità c'è anche l'introduzione del biglietto elettronico nominativo sia per le Frecce sia per gli Intercity, per i quali la prenotazione diventa obbligatoria. A bordo di Frecce e Intercity è confermato il sistema di prenotazione dei posti «a scacchiera», con una riduzione del 50% della capienza. Con la graduale riapertura delle attività produttive - viene aggiunto nella nota - «l'offerta dei servizi di trasporto regionale e, progressivamente, anche nazionale, conoscerà un aumento in una misura coerente a soddisfare la domanda di mobilità stimata». Intanto Trenord sta organizzando flussi separati in entrata e in uscita a Milano Cadorna. Parliamo di 820.000 passeggeri al giorno, circa la metà dei quali nelle fasce 7-9 e 17-19. La strategia è quella di garantire sulle linee a maggiore frequentazione tra l'80 e il 100% dell'offerta pre Covid negli orari di punta, mentre sulle altre tratte si farà in modo di aumentare le carrozze. La sfida più complicata sarà sostenere gli investimenti e far rispettare le regole. Anche a livello di mobilità locale. I Comuni sono i prima linea per gestire la fase 2. Ieri l'Anci ha diffuso un appello degli assessori di grandi e medie città per una maggiore libertà di azione nell'utilizzare le risorse disponibili, per poterle spendere rapidamente: interventi veloci e immediati, e più soldi sulla mobilità attiva ciclopedonale. «Non possiamo rischiare di tornare peggio di come eravamo prima del lockdown», si legge nel documento che sollecita lo sblocco dei fondi in pochi giorni, «con la speranza di non essere rallentati con burocrazia e procedure farraginose». Poi ci sono le aziende che gestiscono il trasporto pubblico locale. Ieri il ministro delle Infrastrutture, Paola De Micheli, ha avuto una conferenza telefonica con le associazioni di categoria Anav, Astra e Agens per ribadire i punti chiave della ripartenza, dalla distanza di 1 metro all'obbligo di mascherine. Fondamentale anche l'autoregolamentazione degli utenti. Già, perché il grosso problema sarà far rispettare le regole. Chi controllerà? Può essere il personale viaggiante a svolgere questa funzione? Sembra difficile, come dimostra il caso delle 30 persone sul bus sostitutivo della M1 di Milano che alle 5 del mattino di sabato (dunque non in un orario di punta) si sono rifiutate di scendere. Diverse aziende, a iniziare da Atac, hanno già escluso di riuscire a garantire in autonomia il rispetto del distanziamento. A Roma si dovrebbe arrivare a far entrare 600 persone per volta sui vagoni della metro e 25 sugli autobus quando nell'era pre Covid 19 viaggiavano 1.200-1.400 passeggeri su un treno della metro, mentre un bus a pieno carico ne trasportava circa 100. A Milano la gestione dell'afflusso sulle banchine del metrò sarà monitorato da remoto: con più di 40 persone (fino a 60) in attesa del treno, scatterà l'avviso. Il passeggero numero 61 farà bloccare i tornelli. A banchine chiuse, se la fila supererà le 15 persone, saranno fermati gli ingressi in stazione, anche chiudendo le porte e avvisando i viaggiatori all'imbocco delle scale esterne. Anche tram e bus potranno garantire circa il 25% della normale capacità di carico. Si dovrà quindi aspettare in coda alle fermate di bus e tram prima di poter salire a bordo. Il risultato? Chi non riuscirà a utilizzare i mezzi pubblici prenderà l'auto. Molte città, come Milano, scommettono sulle piste ciclabili, ma andare al lavoro in bici o a piedi sarà impossibile per i pendolari che ogni giorno arrivano da fuori Comune.Nel frattempo, è stata pure disattesa la promessa di spalmare le attività su sette giorni e di eliminare gli orari di punta per evitare picchi. E c'è un altro paradosso: domani la fase 2 scatterà per 4,4 milioni di lavoratori e a rientrare saranno soprattutto gli over 50, in prevalenza nel Nord Italia, area più esposta al contagio. Molte imprese stanno incentivando forme di mobilità alternativa come il car pooling per massimo due persone e la disponibilità di posti auto aziendali. Ma la sfida più complicata è quella di orientarsi nella giungla di decreti, protocolli, circolari del Viminale e ordinanze regionali, moduli Inps e guide Inail da riempire, per far ripartire l'azienda senza incappare in sanzioni o vertenze sindacali. I costi della burocrazia per garantire la sicurezza (dalle sanificazioni alle mascherine passando per le polizze sanitarie) e quindi le autorizzazioni necessarie a ripartire sono tutti scaricati sulla spalle già fragili delle aziende che dovranno anche fare i conti con le complicazioni sul fronte della logistica. Se i trasporti vanno in tilt, si blocca pure quella.