2022-08-24
Il mercato Ue del gas non funziona. Colpa di quattro peccati originali
Il Ttf, che detta i prezzi in Europa, è sregolato: non c’è liquidità, manca la possibilità di sospendere gli scambi, i meccanismi anti speculazione non sono efficaci e la carenza di materia prima spinge in alto le tariffe.Ieri, dopo aver raggiunto picchi di 291 euro, il MWh ha chiuso a 269. Olaf Scholz annuncia un accordo con il Canada per importare Lng. Luigi Di Maio tenta di rilanciare il price cap.Lo speciale contiene due articoli.Mentre i prezzi dell’energia in Europa danzano su livelli iperbolici, colpisce il silenzio della Commissione europea, massima autorità in tema di energia e mercati. Un silenzio non casuale, in realtà, considerato che la gran parte della responsabilità del disastro in cui ci troviamo sta proprio lì. Parliamo, ad esempio, del Title transfer facility (Ttf), il mercato olandese dove vengono scambiati volumi fisici di gas. Questo piccolo mercato, nato nel 2003, è diventato con il tempo il riferimento per l’intero continente europeo. Il prezzo che si forma al Ttf è oggi l’indice a cui i contratti di fornitura all’ingrosso e a clienti finali con formule di prezzo variabili sono legati. Tutti gli altri mercati europei (quello francese, tedesco, italiano) procedono in parallelo con il Ttf con piccole differenze. Anche i contratti scambiati all’ingrosso fuori dall’Olanda a prezzo fisso, ad esempio in Italia, sono prezzati in base alle quotazioni correnti di quel mercato. L’influenza del Ttf sui vari mercati nazionali del gas è pressoché totale. Al mercato fisico si affianca un mercato finanziario, gestito dal colosso americano Ice, dove si scambiano futures che hanno come sottostante il gas scambiato al Ttf e dove i prezzi sono simili ma i volumi molto più grandi. L’Unione europea, nei suoi rapporti trimestrali sull’andamento dei mercati energetici, non ha mancato in questi anni di elogiare la nascita e lo sviluppo del Ttf, considerato come un vanto. L’idea europea era infatti di sostituire gradualmente i vecchi contratti di importazione a lungo termine indicizzati al petrolio, ritenuti «contrari all’affermazione di una piena concorrenza dei mercati», con contratti di breve termine soggetti a scambi intensi, in nome della libera concorrenza.Il Ttf presenta però una serie di problemi che nessuno si è mai curato di risolvere. Primo problema: i volumi sottili. Lunedì scorso, il contratto relativo alle consegne per il mese di settembre al Ttf ha raggiunto il prezzo di 285 euro al MWh (+25%) con 24 deal (scambi) per volumi pari a 244.800 MWh, cioè circa 23 milioni di metri cubi. Briciole, davvero poca cosa, un’inezia rispetto ai volumi di gas consumati in Europa tutti i giorni. Si tratta di quantitativi ridicoli, eppure, muovendo così poco, è possibile influenzare tutti i mercati d’Europa. La mancanza di liquidità è un problema perché permette di alterare i prezzi anche con piccoli capitali ed espone quindi il mercato all’azione di puri speculatori finanziari. Questo nonostante ci siano ben due normative (Emir e Remit) che obbligano gli operatori a inviare tutti i giorni ai regolatori (Ema e Acer) i dettagli di ogni singolo scambio, proprio per evitare comportamenti speculativi. Evidentemente, però, sinora tutto bene.Secondo problema: sul mercato Ttf non c’è un sistema di sospensione delle contrattazioni in presenza di alta volatilità. Se un titolo qualunque della Borsa di Milano mostra variazioni di prezzo superiori al 10%, viene sospeso sino a che il mercato non ritorna equilibrato. Questo limite di variazione dei prezzi sul mercato Ttf (e sul parallelo mercato finanziario Ice che tratta i futures) non esiste. Ciò comporta che il prezzo possa oscillare anche del 50% in una stessa giornata, provocando rialzi (o ribassi) talmente repentini da essere devastanti. Ancora lunedì scorso, il future sul primo trimestre 2024 al Ttf ha avuto un’oscillazione del 24% in meno di tre ore, pari a circa 50 euro al Mwh. Un’enormità.Terzo e principale problema: offerta limitata. Il gas che circola in Europa proviene da gasdotti di fornitori di lungo periodo (Norvegia, Russia, Nord Africa) e da Lng che approda in Europa su navi metaniere di varia provenienza. L’Europa è grande consumatore netto, cioè l’Europa compra sempre. Il Ttf è un mercato disfunzionale perché lì il meccanismo domanda-offerta per la fissazione del prezzo non funziona. Oggi, con prezzi così alti, l’offerta dovrebbe aumentare, proprio per approfittare dei corsi alti, facendo scendere i prezzi. Ma questo meccanismo sul Ttf è impossibile perché non esiste offerta addizionale. Non c’è altro gas fisico che possa arrivare sul mercato, soprattutto se si elimina il gas russo: i prezzi oggi possono salire all’infinito, perché non c’è offerta aggiuntiva che possa ottenere di farli scendere. Almeno sino a che non arriveranno grandi quantitativi di gas dai Paesi «alternativi» individuati. O almeno sino a che non ci sarà un calo della domanda davvero importante, cioè di almeno 30 miliardi di metri cubi.Considerati questi problemi, appare grave e assurdo che una materia prima dal cui prezzo dipende una quota rilevantissima dell’intera economia continentale (produzione elettrica, chimica, metalmeccanica, nonché acciaio, carta, vetro e tanti altri) sia scambiata in questo modo, senza regole, senza controlli, senza freni. Il Pil europeo e il portafoglio delle famiglie sono appesi a un mercato-giocattolo, una costruzione ideologica voluta dall’oligarchia di Bruxelles.Riformare il Ttf? Sì, si potrebbero introdurre meccanismi di controllo della volatilità con sospensione delle contrattazioni. Ema e Acer potrebbero condurre una indagine per valutare condotte speculative. Si potrebbe avviare un meccanismo di market making da parte di un pool di grandi operatori. Ma la verità è che sino a che l’Europa non sarà inondata da un mare di gas i prezzi resteranno alti. Questo non è un mercato in cui funzionano formule magiche alla «Whatever it takes». Questa è la realtà del mondo fisico, che pretende il rispetto dei fondamentali.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/mercato-ue-gas-non-funziona-2657907868.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="le-scorte-italiane-arrivano-all80" data-post-id="2657907868" data-published-at="1661317081" data-use-pagination="False"> Le scorte italiane arrivano all’80% L’uscente governo Draghi è a un bivio sul gas. Da un lato a prendere a provvedimenti dovrebbe essere la nuova maggioranza, ma il calendario - tra l’insediamento delle Camere, la scelta dei nuovi presidenti e le consultazioni del Capo dello Stato - potrebbe non consentirlo. Il prezzo del gas appare implacabile, con prezzi che ogni giorno sembrano avvicinarsi ai 300 euro al MWh. A questi livelli anche i depositi di stoccaggio per l’inverno sono sempre più complicati. Appare infatti come una magra consolazione il fatto che ieri i prezzi dell’energia siano leggermente calati, con la chiusura dei contratti futures di settembre a 269,05 euro al MWh (-2,78%). I prezzi restano a livelli troppo elevati (ieri durante le contrattazioni sono stati raggiunti picchi di 291 euro) e questo mette in difficoltà le industrie. Il distretto del made in Italy, che «nel 2021 ha fatto segnare il record di export», «soffre problemi inediti» come il prezzo dell’energia, ha evidenziato ieri il responsabile politico di Impegno civico, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio al Meeting di Rimini, ricordando che è una situazione «insostenibile». Di Maio è tornato a spingere per il price cap, cavallo di battaglia di Mario Draghi che però non ha mai riscosso successo in Europa: «Non possiamo aspettare il nuovo governo per risolvere il problema, tra settembre e ottobre dobbiamo vincere ancora una battaglia, quella del tetto massimo del prezzo del gas» perché alla Borsa di Amsterdam «si gioca con la vita delle famiglie e delle imprese». Sul tema, due giorni fa è intervenuto anche il sottosegretario del Consiglio dei ministri Roberto Garofoli, dicendo che «i recenti aumenti dei prezzi delle fonti energetiche determinano ulteriore preoccupazione. Il governo continuerà nelle prossime settimane a monitorare la situazione e a muoversi sul solco tracciato dal Capo dello Stato al momento dello scioglimento delle Camere». Ieri, intanto, il cancelliere tedesco Olaf Scholz durante la sua visita in Canada ha tenuto una conferenza stampa congiunta a Montreal con il primo ministro canadese Justin Trudeau per confermare un accordo diretto mirato allo sviluppo di nuove fonti di energia, come il gas naturale liquefatto. «La Russia non è più un partner commerciale affidabile», ha precisato Scholz. L’intenzione dei due Paesi è di esportare gas liquefatto direttamente in Europa. Dando uno sguardo ai numeri, in Italia entro la fine del mese dovremmo essere intorno all’80% degli stoccaggi. In dettaglio, secondo i dati forniti dalla piattaforma europea Gie-Ags, allo scorso 21 agosto i depositi italiani erano pieni al 79,72% con 154,2 terawattora iniettati. L’Unione europea in media si trova al 77,42% con 860,96 terawattora immagazzinati, con la Germania in testa a 195,58 e un indice di riempimento all’80,14%. Segue la Francia con 117,8 TWh e un indice di riempimento dell’89,51% dei depositi di gas.