2025-01-31
Meloni punta il dito contro i giudici: «Atto voluto e danno alla nazione»
Il capo dell’esecutivo non indietreggia: «I magistrati desiderano governare, ma non funziona così». Fdi attacca Francesco Lo Voi sulle sue richieste per i voli speciali: «Troppe anomalie». Antonio Tajani: «Segreto di Stato? Sceglie il premier».Giorgia Meloni si paragona a Penelope per commentare la sua (piccola) Odissea giudiziaria di questi giorni: «Penelope», dice il premier, ospite di Nicola Porro all’evento La Ripartenza, «in confronto a me avrebbe tessuto le tende dello stadio Olimpico. Mi ritrovo sulla prima pagina del Financial Times», argomenta la Meloni, «con la notizia che sono stata indagata, e se in Italia i cittadini capiscono perfettamente cosa sta accadendo all’estero non è la stessa cosa. Quello che sta accadendo è un danno che si fa alla nazione. Ecco quello che mi manda un po’ ai matti». Il presidente del Consiglio, che ammette di «sentirsi cascare le braccia», torna a commentare l’inchiesta sul caso Almasri: «Era chiaramente un atto voluto», sottolinea il premier, «tutti sanno che le Procure hanno la loro discrezionalità come del resto è dimostrato dalle numerosissime denunce che i cittadini hanno fatto contro le istituzioni e sulle quali si è deciso di non procedere con l’iscrizione nel registro degli indagati. Ci sono alcuni giudici, fortunatamente pochi», sottolinea ancora la Meloni, «che vogliono decidere la politica industriale, ambientale, dell’immigrazione, la riforma della giustizia. In pratica vogliono governare loro, ma c’è un problema: se io sbaglio gli italiani mi mandano a casa, se loro sbagliano nessuno può fare o dire niente. Se alcuni giudici vogliono governare si candidino alle elezioni e governino, l’hanno fatto in alcuni casi. L’unica cosa che non si può fare», sottolinea il premier, «è che loro governano e io vado alle elezioni». Intanto il volo di Stato di Almasri e quello del procuratore Francesco Lo Voi si incrociano nei cieli politici assai nuvolosi di questa settimana di fine gennaio. Diventano roventi i toni della maggioranza di centrodestra nei confronti di Lo Voi, con la parola «vendetta» pronunciata pubblicamente dal vicecapogruppo di Fratelli d’Italia in Senato, Salvo Sallemi: «Le indiscrezioni di stampa», attacca Sallemi, «sulla questione voli di Stato di Lo Voi evidenziano quanto di fosco ci possa essere dietro le indagini che hanno colpito Giorgia Meloni e il suo governo. Occorre fare piena chiarezza su questo punto. Sarebbe imbarazzante scoprire», aggiunge Sallemi, «che il procuratore è in contrasto con Palazzo Chigi, perché vuole utilizzare l’aereo di Stato il fine settimana per tornare a casa nella sua Sicilia. Il che spiegherebbe l’anomala procedura, se non una vendetta giudiziaria, messa in campo contro il presidente del Consiglio e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Mantovano». «Ci vuole davvero», sottolinea il vicecapogruppo vicario di Fdi a Palazzo Madama Raffaele Speranzon, «una bella faccia tosta. L’avviso di garanzia al premier Meloni riguarda anche il peculato per aver utilizzato il volo di Stato per rimpatriare il capo della polizia giudiziaria libica, Almasri. Lo Voi, in passato, aveva chiesto di utilizzare l’aereo dei servizi segreti per volare da Roma a Palermo e il sottosegretario Mantovano glielo aveva negato per i costi, ammontanti ad almeno 13.000 euro. Bisogna fare piena chiarezza su questa situazione imbarazzante: il procuratore», aggiunge Speranzon, «in contrasto con Palazzo Chigi perché vuole utilizzare l’aereo di Stato il fine settimana per andare a casa, che si rende protagonista dell’anomala procedura contro il presidente del Consiglio e contro proprio il sottosegretario alla presidenza del Consiglio». Dal Senato alla Camera, il vicecapogruppo di Fdi, Manlio Messina, utilizza sfumature diverse ma esprime lo stesso concetto: «È doveroso fare chiarezza», sottolinea Messina, «sulla vicenda che coinvolge il procuratore Lo Voi, il quale sarebbe entrato in contrasto con Palazzo Chigi per l’utilizzo dei voli di Stato per fini personali. Se fosse confermata», sottolinea Messina, «avremmo forse la spiegazione per l’anomala procedura nei confronti del presidente del Consiglio e del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Mantovano». Sulla stessa lunghezza d’onda i comunicati di altri esponenti di Fratelli d’Italia. Il segreto di Stato sulla vicenda Almasri? «Se ne occuperà il presidente del Consiglio», risponde ai cronisti il ministro degli Esteri e vicepremier, Antonio Tajani, che picchia duro anche sulla Corte penale internazionale: «Certamente è singolare», sottolinea Tajani, «l’atteggiamento della Cpi, visto che questo signore che noi abbiamo espulso girava per l’Europa da parecchio tempo. Perché non si è intervenuti prima? Bisognerebbe chiedere alla Corte penale internazionale perché non ha chiesto alla Germania di fermare Almasri, visto che girava per l’Europa indisturbato. Guarda caso, quando è arrivata in Italia c’è stata una richiesta, e fatta male». Alla Meloni replica attraverso i social il leader del M5s, Giuseppe Conte: «Meloni dice che la notizia dell’indagine sul caso Almasri è un danno all’immagine del Paese all’estero che la manda ai matti. Era un danno d’immagine anche quando Fratelli d’Italia mi portava in tribunale da premier a suon di esposti e fake news? Era un danno di immagine anche quando gridava paonazza che l’Italia aveva un premier criminale? Meloni«, aggiunge Conte, «non sei sopra la legge. Sei in una democrazia. Ricomponiti!». «Della vicenda Almasri», commenta il segretario del Pd, Elly Schlein, «un trafficante di esseri umani, un torturatore che il governo ha liberato, Giorgia Meloni dovrebbe riferire al Paese nelle sedi istituzionali e non ai propri follower. E invece Meloni continua ad attaccare i giudici e a fare dirette sui canali social. Il Parlamento, non è Instagram», sottolinea la Schlein, «è il luogo in cui le opposizioni hanno chiesto al presidente del Consiglio di chiarire il suo operato, ma continua a evitarlo, a scappare».
Nella prima mattinata del 28 ottobre 2025 la Guardia di Finanza e la Polizia di Stato hanno eseguito numerose perquisizioni domiciliari in tutta Italia ed effettuato il sequestro preventivo d’urgenza del portale www.voltaiko.com, con contestuale blocco di 95 conti correnti riconducibili all’omonimo gruppo societario.
Si tratta del risultato di una complessa indagine condotta dal Nucleo Operativo Metropolitano della Guardia di Finanza di Bologna e dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica per l’Emilia-Romagna, sotto la direzione del Pubblico Ministero Marco Imperato della Procura della Repubblica di Bologna.
Un’azione coordinata che ha visto impegnate in prima linea anche le Sezioni Operative Sicurezza Cibernetica delle varie Regioni e gli altri reparti territoriali della Fiamme Gialle nelle province di Bologna, Rimini, Modena, Milano, Varese, Arezzo, Frosinone, Teramo, Pescara, Ragusa.
L’operazione ha permesso di ricostruire il modus operandi di un gruppo criminale transnazionale con struttura piramidale tipica del «network marketing multi level» dedito ad un numero indeterminato di truffe, perpetrate a danno anche di persone fragili, secondo il cosiddetto schema Ponzi (modello di truffa che promette forti guadagni ai primi investitori, a discapito di nuovi investitori, a loro volta vittime del meccanismo di vendita).
La proposta green di investimenti nel settore delle energie rinnovabili non prevedeva l’installazione di impianti fisici presso le proprie abitazioni, bensì il noleggio di pannelli fotovoltaici collocati in Paesi ad alta produttività energetica, in realtà inesistenti, con allettanti rendimenti mensili o trimestrali in energy point. Le somme investite erano tuttavia vincolate per tre anni, consentendo così di allargare enormemente la leva finanziaria.
Si stima che siano circa 6.000 le persone offese sul territorio nazionale che venivano persuase dai numerosi procacciatori ad investire sul portale, generando un volume di investimenti stimato in circa 80 milioni di euro.
La Procura della Repubblica di Bologna ha disposto in via d’urgenza il sequestro preventivo del portale www.voltaiko.com e di tutti i rapporti finanziari riconducibili alle società coinvolte e agli indagati, da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva.
Nel corso delle perquisizioni è stato possibile rinvenire e sottoporre a sequestro criptovalute, dispositivi elettronici, beni di lusso, lingotti d’oro e documentazione di rilevante interesse investigativo.
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