2024-07-02
Meloni esulta, Bruxelles abbassa la cresta
Giorgia Meloni (Imagoeconomica)
La vittoria senza trionfi di Marine Le Pen e la batosta presa da Emmanuel Macron rilanciano il premier, che gongola: «Cadono le vecchie barriere». Ora il Ppe deve trattare e Antonio Tajani spinge: «Bisogna aprire ai Conservatori. Mancano grandi leader per gestire queste trattative».Non poteva finire meglio, per Giorgia Meloni, il primo turno delle elezioni legislative in Francia. Marine Le Pen ha vinto ma non stravinto, e dunque il ruolo di reginetta europea della destra del nostro premier non è in discussione; Emmanuel Macron però ha straperso e possiamo solo immaginare la soddisfazione della Meloni per aver visto spennato, in termini politici, il galletto che tanto filo da torcere le sta dando in Europa. Giorgia Meloni commenta con i giornalisti i risultati transalpini, fornendo altri interessanti spunti di riflessione: «Ho sempre auspicato a livello europeo», dice il presidente del Consiglio, «che venissero meno le vecchie barriere tra le forze alternative alla sinistra, e mi pare che anche in Francia si stia andando in questa direzione. Per la prima volta il partito di Le Pen ha avuto degli alleati già dal primo turno e per la prima volta mi pare che anche i Republicain siano orientati a non partecipare al cosiddetto fronte repubblicano. Il tentativo costante di demonizzare e di mettere all’angolo il popolo che non vota per le sinistre è un trucco che serve a scappare dal confronto sul merito delle diverse proposte politiche», aggiunge la Meloni, «ma è un trucco in cui cadono sempre meno persone, lo abbiamo visto in Italia, e si vede sempre di più in Europa. C’è stata una grande partecipazione al voto e questo è sempre un dato molto positivo. Sul piano politico, faccio i miei complimenti al Rassemblement national e ai suoi alleati per la netta affermazione al primo turno. Quanto al ballottaggio, io tratto sempre con rispetto le dinamiche politiche ed elettorali delle altre nazioni. Certo, siamo di fronte a uno scenario molto polarizzato dove ovviamente preferisco la destra». La Meloni non lo dice ma dalle sue parole appare molto probabile che lo pensi: il centrodestra italiano, fondato da Silvio Berlusconi e ora passato nelle sue mani, ha anticipato quello che sta succedendo in Francia, dove i gollisti aprono alle alleanze con la destra più radicale. Addio al «cordone sanitario», all’«arco costituzionale» e a tutte le formulette che negli scorsi decenni hanno addolcito la decisione di tenere in freezer i voti della destra, escludendola insieme ai suoi elettori da ogni ipotesi di governo. Ciò che è successo nel 1994 a Gianfranco Fini, si ripete ora, 30 anni dopo, per la Le Pen. Ma andiamo avanti: l’esito del primo turno francese, per quel che concerne le dinamiche europee, dovrebbe convincere il Ppe a dialogare, finché è in tempo, con Fratelli d’Italia, sia per ampliare la risicata maggioranza che il prossimo 18 luglio dovrà reggere alla prova della «fiducia» a Ursula von der Leyen. Quelle «barriere tra le forze alternative alla sinistra» di cui parla la Meloni in Europa restano ancora in piedi, considerato che i Popolari hanno chiuso un’intesa di maggioranza con Socialisti e Liberali e appaiono recalcitranti a aprire una trattativa con i Conservatori della Meloni, sottostando ai diktat dei due alleati. Eppure, anche un bambino capirebbe che spingere Giorgia all’opposizione tra le braccia di Marine vorrebbe dire, se il secondo turno in Francia non riserverà sorprese, avere Roma e Parigi contro Bruxelles, praticamente una follia. Lo spiega con chiarezza Antonio Tajani al Corriere della Sera: «Fino al 18», argomenta il ministro degli Esteri, «lavorerò per questo, bisogna aprire ai Conservatori dei quali è leader Meloni se si vuole avere la certezza che Von der Leyen venga votata. Sempre per il principio della stabilità, è bene che la maggioranza che la sosterrà sia ampia e certa. La variabile antidestra in alcuni settori è condizionante, ma io dico che il governo italiano non è solo composto da esponenti dei Conservatori o di Id come la Lega: ci siamo noi di Fi, io che sono stato 22 anni vicepresidente del Ppe. Siamo la seconda forza della coalizione», aggiunge Tajani, «diamo equilibrio al governo e siamo pienamente affidabili. La nostra garanzia è forte, è un grave errore non averne tenuto conto. Accade perché, a differenza del passato, purtroppo mancano grandi leader che sappiano prendere in mano queste trattative». Eccome se mancano, i grandi leader, anche se ne basterebbero di medi per comprendere che in questo momento Giorgia Meloni guida una forza politica, Fratelli d’Italia, che tutto è tranne che estremista. La politica estera dell’Italia è totalmente allineata alla Nato e all’Ue, tra l’altro in un momento difficilissimo con la guerra in Ucraina che sta infiammando il continente; sui conti pubblici, Giancarlo Giorgetti si muove nel solco della responsabilità; sui temi etici, a parte qualche slogan propagandistico, il governo attuale non ha modificato di una virgola le leggi in vigore; sull’immigrazione la Meloni ha tentato in ogni modo di coinvolgere l’Europa, senza forzature e estenuanti bracci di ferro con le navi Ong a favore di telecamere, con l’unica trovata dei centri in Albania, un’operazione più che altro d’immagine. Eppure gli sbarchi diminuiscono, perché la politica del dialogo con i Paesi di partenza, ad esempio con la Tunisia, portata avanti con encomiabile pazienza, sta producendo effetti concreti. Infine, il secondo turno in Francia permetterà di verificare se il «campo largo» cucinato alla francese funziona oppure no. Ogni Paese ha le sue peculiarità, ovviamente, ma sarà interessante scoprire se quello che non ha voluto fare Enrico Letta, ovvero allearsi con il Movimento 5 stelle alle Politiche pur di battere la Meloni, in Francia produrrà un risultato soddisfacente.
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)