2023-07-26
La Meloni da Biden: dossier Cina sul tavolo
Giorgia Meloni (Imagoeconomica)
Domani il primo incontro alla Casa Bianca tra il premier e il presidente degli Usa per fare il punto sull’Ucraina e le altre partite. Al centro della discussione la Via della seta, il ruolo della Nato nel Mediterraneo e gli equilibri a Bruxelles in vista delle Europee.Il governo italiano punta a rafforzare le relazioni transatlantiche. Domani, Giorgia Meloni incontrerà Joe Biden alla Casa Bianca. Si tratta di un faccia a faccia particolarmente atteso che, oltre a rinsaldare i rapporti tra il nostro Paese e gli Stati Uniti, smentisce la vulgata tendente a dipingere Palazzo Chigi come isolato sul piano internazionale. Ricordiamo d’altronde che aperture di credito alla Meloni sono arrivate da importanti think tank d’Oltreatlantico, come Heritage Foundation ed Atlantic Council. Non solo. Secondo quanto risulta alla Verità, il presidente del Consiglio potrebbe incontrare anche i vertici del Congresso, tra cui figurerebbe in caso lo Speaker della Camera, Kevin McCarthy: esponente significativo del Partito repubblicano, che la Meloni aveva ricevuto a Palazzo Chigi in maggio. I dossier al centro del vertice con Biden saranno prevedibilmente numerosi. In primis, è chiaro che si discuterà del controverso memorandum d’intesa che, nel 2019, ha portato l’Italia tra le braccia della Nuova via della seta: un documento che a Washington guardano da sempre con irritazione. Non a caso, secondo indiscrezioni riferite da Bloomberg News, è probabile che la Meloni proprio domani possa annunciare di non rinnovare l’intesa. E, nuovamente non a caso, soprattutto negli ultimi giorni il Global Times (organo di stampa del Partito comunista cinese) ha lasciato trapelare un certo nervosismo. Basti pensare che un suo editoriale dell’altro ieri si intitolava: «La decisione dell’Italia sulla Nuova via della seta dovrebbe essere presa senza l’influenza statunitense». D’altronde, che l’attuale governo italiano possa decidere di far naufragare il memorandum, non lascia troppo stupiti. La Meloni ha finora mantenuto una linea robustamente atlantista, riservando invece una certa freddezza a Pechino. Appena prima delle elezioni parlamentari dell’anno scorso, si schierò con Taiwan, innescando la reazione piccata dell’ambasciata cinese. Senza infine dimenticare che, a marzo, ha rafforzato i rapporti con l’India, un Paese che con il Dragone non va esattamente d’accordo. Non è quindi escludibile che, alla Casa Bianca, Biden e la Meloni possano discutere di una copertura da fornire all’Italia contro eventuali e probabili ritorsioni cinesi: una copertura che, come suggerito per esempio in aprile da Heritage Foundation, potrebbe arrivare da uno sforzo congiunto tra Washington e Nuova Delhi soprattutto in termini di investimenti. Un altro dossier probabilmente al centro del faccia a faccia sarà quello della Nato nel Mediterraneo. La Meloni si è distinta per un ferreo sostegno alla causa di Kiev, differentemente dagli atteggiamenti più ambigui di Emmanuel Macron ed Olaf Scholz. Ha inoltre confermato la sua storica sponda con il governo polacco che, da quando è iniziata l’invasione russa dell’Ucraina, ha a sua volta rafforzato i propri legami con l’attuale Casa Bianca. È chiaro che il presidente del Consiglio punta a legare il destino del fianco orientale della Nato a quello del suo fianco meridionale. In fin dei conti, la Meloni ha affrontato il tema della stabilità del Mediterraneo nei suoi passati colloqui sia con Biden sia con McCarthy sia con lo stesso segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg. L’Italia ha d’altronde urgente necessità di stabilizzare tanto la Libia quanto la Tunisia. E soprattutto in riferimento alla Tunisia, la Meloni potrebbe cercare di spingere Biden a far sì che il Fmi tenga un atteggiamento meno rigido rispetto al suo ormai noto prestito da 1,9 miliardi di dollari. Al di là dei rischi migratori che corre l’Italia, una tale severità potrebbe infatti spingere Tunisi ulteriormente tra le braccia di Mosca e Pechino: uno scenario da incubo, che metterebbe sotto pressione il fianco meridionale della Nato. Del resto, quello che la Casa Bianca dovrebbe affrettarsi a capire è che la crisi ucraina è strettamente collegata al Mediterraneo (dal mancato accordo sul grano alla minaccia iraniana, passando per il ruolo del Wagner Group in Africa e per i miliziani siriani schierati in Ucraina dal Cremlino). Rafforzare il fianco orientale della Nato senza curare adeguatamente quello meridionale non ha senso. E, se c’è qualcuno che ha la credibilità per assumere una posizione di leadership in questo quadro, quel qualcuno è l’Italia, non certo un Macron che, nel 2019, aveva definito l’Alleanza atlantica «cerebralmente morta». E qui veniamo a un terzo fronte di probabile discussione. La Meloni e Biden potrebbero infatti affrontare anche il tema dell’eventuale alleanza tra Ppe ed Ecr alle prossime elezioni europee. Nonostante sia oggi a guida dem, è verosimile che la Casa Bianca guardi con simpatia a questa operazione politica. Gli americani non si fidano infatti delle ambiguità filorusse e, soprattutto, filocinesi, di Macron e del Pse: ragion per cui vedrebbero con favore una Commissione europea costituita da un blocco di forze maggiormente atlantiste. Chissà infine che, nel suo viaggio a Washington, la Meloni non ne approfitti anche per rinsaldare i legami con le alte sfere del Partito repubblicano. Al di là delle convergenze dal punto di vista ideologico, vale la pena ricordare che l’anno prossimo si terranno le presidenziali negli Usa. E che è quindi politica accorta, soprattutto in questo momento, tenere rapporti buoni con tutti. È troppo presto infatti per sapere chi siederà alla Casa Bianca a partire dal 20 gennaio 2025.
Dario Franceschini (Imagoeconomica)
Papa Leone XIV (Getty Images)
Sergio Mattarella con la mamma di Willy Monteiro Duarte (Ansa)
Duilio Poggiolini (Getty Images)