Le 319 espulsioni sono state decise in accordo con Europa e Stati Uniti: in Italia, i funzionari cacciati sono 30. Ira del Cremlino: «Reagiremo». Luigi Di Maio insiste su Roma «garante» per Kiev. E il premier invoca la tregua.
Le 319 espulsioni sono state decise in accordo con Europa e Stati Uniti: in Italia, i funzionari cacciati sono 30. Ira del Cremlino: «Reagiremo». Luigi Di Maio insiste su Roma «garante» per Kiev. E il premier invoca la tregua.La mossa era attesa e per certi versi perfino scontata, visto l’accelerato deterioramento delle relazioni tra la Russia e i Paesi occidentali. «Nella giornata di oggi», ha detto ieri il primo ministro, Mario Draghi, «abbiamo espulso 30 diplomatici russi, una decisione presa in accordo con altri partner europei e atlantici». E in effetti, nelle ultime 36 ore, si è allungata la lista dei rappresentanti diplomatici di Mosca in via di allontanamento dalle principali capitali d’Europa: 30 dall’Italia, 35 dalla Francia, 40 dalla Germania, 45 dalla Polonia, 4 dalla Lituania, 16 dalla Lettonia, 17 dall’Estonia, 10 dalla Bulgaria, 2 dalla Repubblica Ceca, 35 dalla Slovacchia, 4 dall’Irlanda, 21 dal Belgio, 17 dai Paesi Bassi, 3 dalla Svezia, 15 dalla Danimarca, 25 dalla Spagna. In totale, 319.Prima che Draghi parlasse da Torino, un annuncio era già venuto da Roma dal titolare della Farnesina, Luigi Di Maio: «Il governo italiano ha deciso di espellere 30 diplomatici russi in servizio presso l’ambasciata in quanto persone non grate». Secondo Di Maio, «questa misura si è resa necessaria per ragioni legate alla nostra sicurezza nazionale e nel contesto della situazione attuale di crisi conseguente all’ingiustificata aggressione all’Ucraina da parte della Federazione russa».Secondo copione, non sono mancate le reazioni dal versante russo: sia da Mosca sia da Villa Abamelek, a Roma, sede dell’ambasciata russa in Italia. Secondo Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, citata dall’agenzia di stampa Tass, la Russia darà «una risposta adeguata all’espulsione di diplomatici dall’Italia». È dunque immaginabile, nelle prossime ore, una controraffica di espulsioni di diplomatici occidentali dalla capitale russa. Stessi toni anche da parte del portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov: secondo l’uomo della comunicazione di Vladimir Putin, si tratta di una «decisione miope» che non rimarrà senza risposta. Citato dall’agenzia Interfax, Peskov ha sostenuto che «limitare le possibilità di comunicazione diplomatica» in una situazione «senza precedenti» sia una «decisione miope». E ancora: le espulsioni «in primo luogo complicheranno ulteriormente le nostre comunicazioni, necessarie per la ricerca di un accordo, e in secondo luogo porteranno inevitabilmente a misure reciproche».Da Roma, l’ambasciata russa ha a sua volta reso noto, criticandolo, il provvedimento di cui è stata fatta oggetto. Sergey Razov, l’ambasciatore, ha definito la decisione italiana «immotivata» e ha aggiunto che essa «porterà ad un ulteriore deterioramento delle relazioni bilaterali». Anche Razov ha aggiunto che «questo passo non rimarrà senza risposta da parte russa».Fin qui la ritualità delle dichiarazioni che inevitabilmente accompagnano scelte di questo tipo, da un lato e dall’altro. Va tuttavia detto che in Italia questa faccenda ha echi e riverberi che vanno ben oltre la pur gravissima evoluzione del conflitto in Ucraina, a maggior ragione mentre si accumulano le testimonianze sugli attacchi russi nei confronti dei civili. Da un lato, gioca il fatto che Villa Abamelek è da sempre luogo molto frequentato da politici italiani di quasi tutti gli schieramenti, spesso - diciamo - assai sensibili, a sinistra come a destra, alle tesi veicolate dall’ambasciata russa. Dall’altro, sullo sfondo, restano tre vicende roventi. L’una riguarda l’ormai famigerata missione russa in Italia nel 2020 di cosiddetta «assistenza» durante l’emergenza Covid (con le relative polemiche su ciò che i russi tentarono davvero di fare in quella circostanza sul territorio italiano). La seconda, nel 2021, riguarda la complicata relazione intorno al vaccino Sputnik tra Regione Lazio, Istituto Spallanzani e Istituto Gamaleya. La Verità, con una sequenza di articoli di Camilla Conti, ha per prima dato conto di tutte le delicate implicazioni e le polemiche legate a quella vicenda. La terza storia rimanda al caso di Walter Biot, il capitano di fregata della Marina, in servizio presso lo stato maggiore della Difesa, accusato di aver passato, anzi venduto, documenti riservati a militari russi di stanza a Roma. Sull’episodio, avvenuto nel 2021, e che tra l’altro comportò l’espulsione di due funzionari russi, è ora iniziato un processo. Tornando a Draghi e a Di Maio e alla guerra in Ucraina, sia il premier sia il ministro degli Esteri hanno ribadito le posizioni note. Ecco Draghi: «Al presidente Putin dico ancora una volta di porre fine alle ostilità, interrompere le stragi di civili, partecipare con serietà ai negoziati per il raggiungimento della pace. Per la Russia, la guerra non ha senso: vuole dire solo vergogna, isolamento, povertà». Quanto a Di Maio, ha ribadito, a onor del vero senza spiegare in dettaglio che cosa intenda, che «l’Italia è disponibile a fare da garante della sicurezza e della pace in Ucraina e faremo tutto quello che serve per portare avanti questo lavoro» che, secondo il titolare della Farnesina, «non espone a nessun rischio».
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