2025-05-22
Le «perturbazioni» temute dal Colle sono solo l’esito del voto popolare
A Bruxelles Mattarella invoca più Europa, tratteggiando un quadro globale cupo. Nel frattempo però dà una spallata al progetto del ponte sullo Stretto, levando le norme antimafia dal dl Infrastrutture.Mario Draghi, Sergio Mattarella ed Enrico Letta. La personale Troika di Ursula von der Leyen per l’Italia è questa e il presidente della Commissione Ue lo ha fatto capire chiaramente ieri, accogliendo con tutti gli onori il nostro capo dello Stato. Mattarella ha arringato i commissari europei con un lungo discorso, ricolmo di esortazioni e autorevoli consigli, manifestando tutta la propria preoccupazione per questo «frangente storico così inquieto ed esposto a molteplici e anche impreviste perturbazioni dell’ordine internazionale». A che cosa si riferisse, non è un mistero. Le «perturbazioni» sarebbero il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, la cavalcata della destra di Afd in Germania, la fatica fatta dall’Ue per arginare i barbari euroscettici alle presidenziali in Romania, la sfida del Rassemblement national dei lepeniani all’amico Emmanuel Macron in Francia. Le perturbazioni sono il voto. Il voto che va storto. Mattarella non è un cliente facile per nessuno. Martedì aveva deluso i demonizzatori di Trump distinguendo con precisione gli Stati Uniti dal suo presidente. Senza fare alcuna polemica, arrivando a Bruxelles, il capo dello stato aveva affermato che «è fondamentale recuperare il rapporto euroatlantico». A margine dell’incontro con Antonio Costa, il presidente portoghese del Consiglio europeo, Mattarella ha ricordato che l’asse tra Europa e Stati Uniti «è strategico» e quindi non si cambia a seconda che il presidente sia democratico o repubblicano. Dopo di che non è un segreto che il presidente della Repubblica avrebbe preferito una vittoria di Joe Biden ed è preoccupato per le tensioni scatenate con i dazi Usa. Ieri, però, al collegio dei commissari Ue, ha provato a dare una minima sveglia alle istituzioni europee. «Per l’Unione è un momento decisivo, bisogna essere efficienti e salvaguardarla nel mondo», ha detto Mattarella, ricordando che «tanto più le istituzioni comunitarie si dimostrano trasparenti ed efficienti, tanto più se ne rafforza l’indispensabile consenso sociale». Parlando di consenso sociale, Mattarella ha messo il dito nella piaga. E, se ha ribadito che l’Unione «non può essere messa in discussione», ha però sottolineato che «occorre riflettere sul futuro del progetto di integrazione continentale in un frangente storico così inquieto ed esposto a molteplici e anche impreviste perturbazioni dell’ordine internazionale». L’uomo del Colle ovviamente non è entrato nello specifico, ma chi doveva capire (i commissari Ue, in questo caso) ha perfettamente capito. Anche perché il riferimento alle perturbazioni è stato accompagnato da un invito a «salvaguardare il prestigio dell’Unione nel mondo […] in questo momento storico decisivo». Le cronache di queste ultime settimane hanno visto l’Unione europea tentare affannosamente di avere un qualche ruolo nella soluzione della guerra ucraina, a costo di passare per un ostacolo alla pace. Ma i fronti più delicati sono interni. Che cosa agita Von der Leyen, il cancelliere Friedrich Merz e Macron (e Mattarella)? È presto detto: la fragilità dei partiti europeisti. In Francia, nonostante Marine Le Pen sia stata messa fuori gioco per via giudiziaria, il suo partito è una minaccia permanente sull’Eliseo. In Germania, l’ultradestra di Afd è stata messa fuorilegge perché si stava allargando un po’ troppo. È una destra razzista e xenofoba? Non c’è dubbio, ma andrebbe combattuta nella cosiddetta società civile, non nei tribunali. L’Ue si è poi data molto da fare perché fosse ribaltato il voto delle presidenziali in Romania, dove al primo giro aveva vinto George Simion, un candidato di destra sospettato di essere finanziato da Mosca. Domenica ha vinto il filo Ue Nicusor Dan, con 10 punti di vantaggio e Simion ha subito riconosciuto la vittoria dell’avversario «e la volontà del popolo romeno». A occhio, non era il pericoloso golpista che temevano a Bruxelles. E poi c’è tensione anche per la politica britannica, nonostante la Brexit. Il premier laburista, Keir Starmer, ha firmato accordi con l’Unione, ma solo perché nei sondaggi Reform Uk di Nigel Farage gli dà oltre 15 punti. Insomma, tutti questi cittadini europei che votano a capocchia perturbano molto i signori di Bruxelles.Saranno le mille preoccupazioni, ma i vertici dell’Unione anche ieri hanno accolto con grande calore l’algido Mattarella. «Oggi la accogliamo non solo in veste di capo di Stato, ma anche come sentito europeista», ha detto Von der Leyen, citandolo in un ideale pantheon di alleati fedeli dell’Europa, insieme a Draghi e Letta. Mattarella ha anche rivolto il suo sguardo al mondo intero. «La guerra di aggressione russa in Ucraina, i focolai di crisi nel Vicino e Medio Oriente, finanche le crisi e le tensioni tra India e Pakistan, compongono un ampio arco di instabilità che si estende per cerchi concentrici attorno all’Europa e produce inaccettabile sofferenza umana», ha spiegato ai vertici europei. «Se l’Ue sarà assente o inefficace, altri attori prenderanno il sopravvento». Mentre Mattarella sembra impegnato a intonare solo inni all’Europa, il capo dello Stato ha piazzato una potenziale mina sotto al progetto del ponte sullo Stretto, espungendo le norme antimafia contenute nel decreto Infrastrutture. Il motivo? Il timore di interferenze, dato che il procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia, Michele Prestipino, è sotto indagine a Caltanissetta per rivelazione di segreto d’ufficio, che riguarderebbe proprio indagini su aziende legate al Ponte. Per un obiettivo ambizioso che è da sempre in salita, potrebbe essere il colpo di grazia. Nessun commento da parte del ministro Matteo Salvini, che ieri ha incassato il via libera al Ponte dal ministero dell’Ambiente e ha parlato di «notizia di straordinaria importanza».
Markus Soeder, presidente della Baviera e leader Cdu (Getty Images)
Sergio Mattarella (Getty Images)
Il laboratorio della storica Moleria Locchi. Nel riquadro, Niccolò Ricci, ceo di Stefano Ricci