2022-12-07
Mattarella dà alla Meloni i compiti a casa in conto Ue
Sergio Mattarella (Imagoeconomica)
L’affanno nello spendere i soldi prestati dall’Europa è nero su bianco nella Nadef scritta da Daniele Franco. Però si fa finta che il problema nasca ora per poter dare la colpa al nuovo governo. E il Colle interviene a gamba tesa.La trappola per incastrare Giorgia Meloni è pronta a scattare e a farsene interpreti, come sempre, sono i principali giornali che, quando il gioco si fa duro, mettono da parte il finto equilibrismo bipartisan per schierarsi con i soliti noti, ovvero con il Quirinale e dintorni. Cioè con i poteri forti che da sempre condizionano questo Paese. A che cosa alludiamo? Ma al Piano nazionale di ripresa e resilienza, ovvero a quella montagna di miliardi che l’Italia rischia di perdere se non realizzerà in fretta i programmi promessi. Da quando Giuseppe Conte sottoscrisse l’accordo con Bruxelles per ottenere i finanziamenti necessari a far partire l’economia dopo il Covid, il Pnrr è la sfida con cui si misurano i governi. Il primo a fare i conti con la complessa macchina burocratica nazionale che avrebbe dovuto aprire i cantieri previsti dal piano, è stato l’esecutivo guidato da Mario Draghi. E a differenza di quanto hanno raccontato le più importanti testate, è stata tutt’altro che una passeggiata. Già un anno fa, uno dei più importanti banchieri italiani ci spiegò con promessa di riservatezza i ritardi che rischiavano di mettere a repentaglio i finanziamenti garantiti dall’Europa. Tuttavia, nonostante gli intoppi fossero il segreto di Pulcinella, la grande stampa ha preferito stendere un velo pietoso, salvo poi denunciare la questione ora che Draghi se n’è andato. Già, fino a che l'ex governatore era a Palazzo Chigi, nessuno ha avuto il coraggio di mettere il dito nella piaga, anche se i rinvii erano scritti nero su bianco nella Nadef, ovvero nella Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza. Delle molte scadenze previste dal Pnrr, poche erano state rispettate, ma sia i giornaloni che il Quirinale si sono ben guardati dall’aprire bocca. Fino al giorno in cui il governo Meloni si è insediato, a testate unificate è stato rispettato il silenzio stampa, ma dal giorno dopo hanno cominciato a parlare di ritardi riversando, com’era ovvio, ogni responsabilità sugli ultimi arrivati.Eppure, il gioco dello scaricabarile per incastrare la nuova maggioranza difficilmente avrà successo, anche se dal Quirinale qualcuno prova a puntare il dito sul governo Meloni. Sostenere, come ieri ha fatto il Corriere della Sera, che a Palazzo Chigi siano tentati di scaricare i ritardi sul passato, ossia su Draghi, fa ridere. Il nuovo esecutivo si è insediato da 44 giorni e, se si escludono sabati, domeniche e festività varie, resta un mese. È credibile che Giorgia Meloni e i suoi ministri abbiano accumulato lungaggini tali da mettere a repentaglio i fondi del Pnrr? Neppure un bambino ci crederebbe, ma la grande stampa è sempre pronta a bersi tutto, anche le fandonie, pur di accontentare i poteri forti e il Quirinale. Dunque, da giorni sulle prime pagine si possono leggere analisi che addossano le colpe del possibile fallimento del Pnrr alla nuova maggioranza. E dire che, per rendersi conto della realtà, sarebbe sufficiente sfogliare il testo predisposto dal governo precedente alla fine di settembre, in cui si riconosce che «l’ammontare di risorse effettivamente spese per i progetti Pnrr nel corso di quest’anno sarà inferiore alle proiezioni presentate nel Def per il ritardato avvio di alcuni progetti». Lo scriveva il ministro dell’Economia, Daniele Franco, due mesi fa, ma per i giornaloni quest’ammissione di colpa non esiste. Pur di assecondare la linea di chi vuole addossare ogni responsabilità al nuovo esecutivo, la grande stampa preferisce chiudere gli occhi anche sull'analisi del sito indipendente Pagella politica, che con largo anticipo riconosceva come il governo Draghi quest’anno avesse previsto di spendere solo 20 dei 46 miliardi ricevuti dalla Ue. Citiamo testualmente: «Se si guardano gli obiettivi raggiunti e da raggiungere, ossia quelli a cui è legata l’erogazione delle rate, ritardi particolari non sembrano esserci. Ed è questa la versione sostenuta da Draghi. Il discorso però cambia se si guarda un altro aspetto del Pnrr: quello dei soldi effettivamente spesi su quelli ricevuti. In questo caso, Meloni coglie il punto». Qualcuno lo spiegherà al Corriere e ai suoi fratelli? E magari anche a Sergio Mattarella, che in queste ore s’incarica di mettere in riga il governo, dettando i compiti a casa? Oppure si continuerà a fingere che i ritardi siano colpa degli ultimi arrivati per poi poterli condizionare con l’aiuto della Ue?
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco
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