2023-02-10
Mattarella è solo alla prima tappa del tour
La strategia antigovernativa del Colle non si ferma a Sanremo. Il centrodestra paga l’errore della rielezione.La tesi della Verità è nota ai lettori: e cioè che il blitz sanremese dell’altra sera non sia stato affatto casuale da parte del presidente Sergio Mattarella, ma si inserisca in un ben preciso disegno politico del Quirinale, e cioè - nello specifico - favorire un fuoco di sbarramento preventivo nei confronti delle ipotesi di riforma in senso presidenzialista e - più in generale - precostituire una sorta di controcanto istituzionale rispetto al governo guidato da Giorgia Meloni, quasi facendo le veci (impropriamente) di un’opposizione debole e divisa. Sul primo versante, era già impressionante l’altro ieri il fatto che molti quirinalisti avessero interpretato in questo senso la liturgia sanremese. Uno per tutti, ecco Ugo Magri sulla Stampa: «La sua presenza a Sanremo ha inteso rimarcare più forte, davanti a milioni di telespettatori, il valore della Carta […]. Dunque tutt’altro che obsoleta o da riscrivere, magari nella chiave presidenzialista gradita ai nuovi padroni d’Italia». Del resto, anche nelle settimane precedenti, molte firme vicine al Quirinale avevano vergato con singolare convergenza interventi di messa in guardia contro la riforma presidenzialista: curiosa forma di guerra preventiva, visto che un testo governativo ancora non c’è. Ieri, poi, è giunta un’ulteriore conferma, nel momento in cui una serie di autorevoli firme che seguono il Quirinale, oltre a ripetere la formuletta della «pedagogia istituzionale», hanno messo nero su bianco il fatto che quella di Sanremo è stata solo una tappa di una sorta di tour mattarelliano. Si prenda ancora Magri sulla Stampa di ieri. Sommario: «Nelle intenzioni del Colle l’incursione al Festival è soltanto l’inizio, altri eventi pubblici seguiranno con al centro la difesa della Carta». Conclusione: «In ogni futuro discorso del presidente non mancherà il richiamo a qualche articolo». Finale assolutamente esplicito: «Poi, si capisce, dietro la pedagogia civile di Mattarella qualcuno vede un ostacolo ai progetti di nuova Repubblica, un messaggio subliminale indirizzato tanto al popolo di Sanremo quanto ai palazzi del potere che suona così: libero il Parlamento, se ci riesce, di migliorare l’impianto. Ma perché cambiare ciò che funziona?». Più chiaro di così non si può: imbalsamare l’assetto esistente.Stessi concetti e stesse parole anche da Lina Palmerini sul Sole: «La missione del Colle sulla Carta non si ferma a Sanremo». E ancora: «L’Ariston è solo la tappa di un percorso più lungo». E stessa musica anche da Marzio Breda sul Corriere. Nel titolo: «Un 2023 dedicato alla Carta». E nel testo, dopo un passaggio da excusatio preventiva («Mattarella non si è mai permesso di dettare l’agenda al Parlamento dicendo quali sono le riforme da fare e come farle»), il preannuncio del tour: «Si sa solo che il presidente si limiterà, in questo 2023 nel quale cade il 75° anniversario della Carta, a citarne l’attualità e la necessità di attuarla fino in fondo. Ne parlerà spesso, in occasioni e con messaggi ogni volta diversi…».Ora, quando tre firme così informate scrivono le stesse cose, con la stessa consecutio logica e cronologica, delle due l’una: o siamo davanti a un clamoroso caso di telepatia, oppure - di tutta evidenza - hanno attinto alle medesime fonti, realisticamente tra i collaboratori della presidenza. Dunque, le cose sono piuttosto chiare: il Quirinale intende ritagliarsi un ruolo marcato. Apparentemente, per illustrare e far meglio conoscere la Carta; in sostanza, per alimentare una controspinta rispetto ai propositi di riforma. E qui viene fuori il cuore del problema, e cioè il pesante errore politico commesso l’anno scorso da Lega e Forza Italia nel cedere al pressing del centrosinistra per la rielezione di Mattarella. Inutile ripercorrere le tappe di quella vicenda: l’impasse che si era determinata, e l’apparente e proclamata riottosità dell’interessato nell’accettare il bis (ricorderete la «narrazione» dei traslochi, dei contratti d’affitto, degli scatoloni). La verità, invece, è che già dai primi scrutini in molti gruppi (tranne Fdi) c’era tra i grandi elettori chi già votava Mattarella, mentre per il capo dello Stato - volendo - sarebbe stato facile stroncare con un diniego definitivo ogni ipotesi di rielezione. Cosa che si è ben guardato dal fare. Rieleggendolo, ci si è rimessi nelle sue mani. Si dirà che per Lega e Fi era difficile sottrarsi: ma l’errore politico rimane, e le conseguenze pure.