2021-06-10
Mascherine, confini e test: tutti i rischi rimasti sottovalutati
Il 2 febbraio: «Poche protezioni». Ma ne furono date tonnellate ai cinesi. Inerzia pure su tracciamento e controlli sugli ingressiL'uomo di Leu ha sempre sostenuto che un protocollo modificato non avrebbe salvato vite. Più volte però, nelle riunioni della task force a gennaio e febbraio, gli esperti chiesero di rivedere il documento fermo al 2006Lo speciale contiene due articoliDopo un anno, il ministero della Salute si è dovuto arrendere e ha consegnato i verbali delle riunioni della task force anti Covid, convocate a partire dal 22 gennaio 2020. Una sentenza del Tar del Lazio l'ha praticamente obbligato a pubblicare i documenti, malgrado l'ennesimo tentativo degli avvocati di Roberto Speranza di fare ricorso, proponendo cancellazioni dei nominativi e degli interventi effettuati. Eccoli, dunque, questi atti tenuti così pervicacemente nascosti all'opinione pubblica. Documentano l'attività svolta quotidianamente, dal 22 gennaio al 21 febbraio 2020, quando la direzione generale per la prevenzione e altre direzioni generali del ministero della Salute, i carabinieri dei Nas, l'Istituto superiore di Sanità, l'Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, gli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera, l'Agenzia italiana del farmaco, l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali e il consigliere diplomatico si riunivano per fare il punto di un'epidemia che stava iniziando a travolgere il nostro Paese, prima di molti altri. Erano consapevoli di quanto stava per capitare e misero in atto le misure sanitarie che si rendevano necessarie? Leggendo alcuni dei passaggi più significativi di questi verbali emerge una chiara sottovalutazione del rischio e molta confusione.Nel verbale del 27 gennaio viene dichiarato: «La capacità diagnostica della Cina non è sufficiente a monitorare tutti i soggetti». In quello del 28 si decide di installare a Fiumicino quattro scanner termici, che si aggiungono ai due esistenti e di acquistare 30 termometri a infrarossi. Così ci si preparava all'arrivo del virus! Il giorno 29 c'è solo l'impegno di fornire «a strettissimo giro» la conferma del numero e dei nomi delle compagnie aeree che volano per la Cina. Tra il 28 e il 29 gennaio la task force inizia a occuparsi del problema dei cittadini italiani bloccati a Wuhan e di dove far fare loro la quarantena una volta arrivati in Italia. Bisognerà aspettare il 2 febbraio perché il governo Conte se li vada a riprendere. Il 31 gennaio avviene lo stop ai voli Italia-Cina, ma durante la riunione viene detto che «i passeggeri in viaggio per l'Italia da aeroporti diversi da quelli cinesi sono 1,5 milioni». Lo stop ai voli diretti non eliminava di certo il problema. Gli esperti si occupano, anzi non si preoccupano dei due cittadini cinesi che a Roma erano stati trovati positivi al virus: nonostante avessero viaggiato tra Verona, Parma e Firenze non viene considerato possibile il contagio di altre persone. Il primo febbraio l'allora capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, suggerisce l'utilità di un passaporto elettronico per controllare i passeggeri. Quando stava accadendo l'irreparabile, si pensava a controlli di passaporti. Nessun cenno di controlli ai confini. Il 3 febbraio Borrelli ipotizza che si potrebbero controllare anche treni e auto in arrivo in Italia.Nel verbale del 2 febbraio Gianni Rezza afferma che non si può escludere la trasmissione asintomatica del virus e che «è la tosse lo strumento attraverso cui il virus si diffonde». Il 3 febbraio lo Spallanzani dichiara che «è verosimile che il virus si attenui nelle prossime settimane». Il 5 febbraio il verbale riporta una curva sempre crescente dei casi Covid in Cina e nel mondo, ma ancora si perde molto tempo a parlare di termoscanner negli aeroporti. Il ministro Speranza si interroga se sia meglio applicare la quarantena a tutti i bambini rientrati dalla Cina o solo a quelli delle zone colpite dal virus. Il 6 febbraio l'Iss suggerisce di predisporre un piano per implementare i posti in terapia intensiva e che «potrebbe essere utile programmare più posti in rianimazione», ma la Direzione generale della programmazione sanitaria (Dgprogs) fa presente che «occorrono risorse e tempo». Il 7 febbraio Giuseppe Ippolito precisa che «il virus non è arrivato in Italia in quanto non si è verificata alcuna trasmissione di virus». In realtà all'epoca c'erano sicuramente casi non diagnosticati, perché molte persone risultate poi positive raccontarono di aver avuto i primi sintomi tra fine gennaio e inizio febbraio. L'8 febbraio Rezza dice che «quanto alla diffusività del virus, tutto dipende dal contenimento dei focolai in Cina». Il Covid girava ovunque da mesi. Il 9 febbraio si parla di tamponi e della difficoltà di farne 6.000 «in termini organizzativi». L'11 febbraio l'Iss afferma che «in Europa il virus non circola» e secondo lo Spallanzani, la mediana del periodo di incubazione era di 12 giorni. Oggi si sa che è di 5-6 giorni. Il 15 febbraio si parla di kit per fare i test in Africa e viene posto il problema di aggiornare il piano nazionale contro una pandemia influenzale, che non veniva rivisto dal 2009, questione che già era stata posta il 29 gennaio da Giuseppe Ippolito. Il 17 febbraio Roberto Speranza si dilunga sull'importanza di disinfettare le mani e quando il 21 febbraio si scopre il «paziente zero», la confusione è completa. L'Iss suggerisce di chiudere le scuole, il ministro Speranza solo la fabbrica dell'azienda dove lavorava il contagiato mentre Borrelli spiega che si stavano censendo le strutture alberghiere per trovare una struttura di isolamento.Il 2 febbraio per la prima volta si affronta il tema dei «dispositivi medici», facendo presente che una ditta «sembra abbia in stock circa 800.000 mascherine chirurgiche e prevede di averne altre 400.000 in dieci giorni». Nessuna certezza, si procede con i sembra e con i forse, ma alla ricerca disperata di mascherine. La caccia era iniziata. L'11 febbraio il segretario generale della Dgprogs fa presente che c'era un serio problema di reperimento di dispositivi medici e che si potevano acquistare con procedure d'emergenza. Il ministro degli Affari esteri, Luigi Di Maio, però il 15 febbraio regalò alla Cina 2 tonnellate di materiale sanitario comprese le mascherine protettive previste per il virus. Sugli imballaggi c'erano la bandiera tricolore e la scritta in varie lingue «dono del governo italiano».
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)