2020-11-05
Maroni assolto in Cassazione per i contratti di Expo 2015
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L'ex governatore della Lombardia era stato accusato di turbata libertà degli incanti. Fu condannato in primo grado e in appello. Ma la Suprema Corte ha ritenuto il reato non configurabile. Assolti anche gli altri imputati. Il difensore, Domenico Aiello, ha commentato: «Prima grande vittoria di Maroni e della difesa, non frequente nei termini con cui è stato deciso dai giudici; è una vittoria della Giustizia con la lettera maiuscola». L'ex governatore della Lombardia Roberto Maroni, difeso dall'avvocato Domenico Aiello, è stato assolto in Cassazione dall'accusa di turbata libertà degli incanti. Lo ha deciso la sesta sezione penale della Suprema Corte, dopo una camera di consiglio, annullando senza rinvio la sentenza con cui la Corte d'appello di Milano, nel novembre 2019, aveva condannato Maroni a un anno di reclusione: il reato non è stato considerato configurabile. Il processo verteva sulle presunte pressioni per favorire, quando Maroni guidava il Pirellone, due sue ex collaboratrici che lavoravano quando era ministro dell'Interno. L'ex presidente della Lombardia, insieme con altri 4 imputati, era già stato condannato a un anno (pena sospesa) in primo grado e a 450 euro di multa. Era rimasto in piedi solo un capo di imputazione, perché l'induzione indebita era subito caduta. Per di più in appello il sostituto pg Vincenzo Calia aveva chiesto di portare la pena da un anno a due anni e mezzo di reclusione, ritenendolo responsabile anche del reato di induzione indebita, per il quale, invece, era stato assolto in primo grado. L'accusa riguardava il tentativo di fare inserire, a spese di Expo, Maria Grazia Paturzo in una delegazione istituzionale per Tokyo, nell'ambito del World Expo Tour, tra il 30 maggio e il 2 giugno 2014.Maroni era stato ritenuto dai giudici d'appello responsabile del reato di 'turbata liberta' degli incanti' in relazione al conferimento di un incarico nell'ente di ricerca regionale Eupolis alla sua allora collaboratrice Mara Carluccio. La Cassazione, invece, ha ritenuto, con la sentenza odierna, non configurabile il reato contestato in relazione allo svolgimento non di una procedura di gara, intesa come meccanismo selettivo di competizione e concorrenza tra i candidati, ma di una mera comparazione di profili professionali di soggetti rimasti ignari del procedimento interno di selezione. Assolti, dunque, anche gli altri imputati nel processo: Giacomo Ciriello, ex capo della segreteria politica di Maroni, Andrea Gibelli, ex segretario generale del Pirellone e Mara Carluccio. «Tutto l'entourage di Maroni era consapevole della necessità di trovare un posto alle due ragazze», ha specificato il sostituto procuratore generale nelle conclusioni. Per la Cassazione non è così. Tant'è che Aiello ha commentato a caldo: «Prima grande vittoria di Roberto Maroni e della difesa, non frequente nei termini con cui ha deciso la Cassazione; è una vittoria della Giustizia con la lettera maiuscola, che arriva in un momento particolare per l'intero sistema giudiziario. Sin dai primi passi delle indagini, prima a Busto Arsizio poi a Milano, abbiamo documentato e sostenuto l'inesistenza di alcun rilievo penale nelle condotte addebitate al Presidente e ai suoi collaboratori. Non è stato facile portare a compimento questa battaglia di verità e buon senso».
Alberto Stefani (Imagoeconomica)
(Arma dei Carabinieri)
All'alba di oggi i Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Chieti, con il supporto operativo dei militari dei Comandi Provinciali di Pescara, L’Aquila e Teramo, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia de L’Aquila, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un quarantacinquenne bengalese ed hanno notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 19 persone, tutte gravemente indiziate dei delitti di associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie indeterminata di reati in materia di immigrazione clandestina, tentata estorsione e rapina.
I provvedimenti giudiziari sono stati emessi sulla base delle risultanze della complessa attività investigativa condotta dai militari del NIL di Chieti che, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno fatto luce su un sodalizio criminale operante fin dal 2022 a Pescara e in altre località abruzzesi, con proiezioni in Puglia e Campania che, utilizzando in maniera fraudolenta il Decreto flussi, sono riusciti a far entrare in Italia diverse centinaia di cittadini extracomunitari provenienti prevalentemente dal Bangladesh, confezionando false proposte di lavoro per ottenere il visto d’ingresso in Italia ovvero falsificando gli stessi visti. L’associazione, oggi disarticolata, era strutturata su più livelli e si avvaleva di imprenditori compiacenti, disponibili a predisporre contratti di lavoro fittizi o società create in vista dei “click day” oltre che di di professionisti che curavano la documentazione necessaria per far risultare regolari le richieste di ingresso tramite i decreti flussi. Si servivano di intermediari, anche operanti in Bangladesh, incaricati di reclutare cittadini stranieri e di organizzarne l’arrivo in Italia, spesso dietro pagamento e con sistemazioni di fortuna.
I profitti illeciti derivanti dalla gestione delle pratiche migratorie sono stimati in oltre 3 milioni di euro, considerando che ciascuno degli stranieri fatti entrare irregolarmente in Italia versava somme consistenti. Non a caso alcuni indagati definivano il sistema una vera e propria «miniera».
Nel corso delle indagini nel luglio 2024, i Carabinieri del NIL di Chieti hanno eseguito un intervento a Pescara sorprendendo due imprenditori mentre consegnavano a cittadini stranieri documentazione falsa per l’ingresso in Italia dietro pagamento.
Lo straniero destinatario del provvedimento cautelare svolgeva funzioni di organizzazione e raccordo con l’estero, effettuando anche trasferte per individuare connazionali disponibili a entrare in Italia. In un episodio, per recuperare somme pretese, ha inoltre minacciato e aggredito un connazionale. Considerata la gravità e l’attualità delle esigenze cautelari, è stata disposta la custodia in carcere presso la Casa Circondariale di Pescara.
Nei confronti degli altri 19 indagati, pur sussistendo gravi indizi di colpevolezza, non vi è l’attualità delle esigenze cautelari.
Il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, da anni, è impegnato nel fronteggiare su tutto il territorio nazionale il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, fenomeno strettamente collegato a quello dello sfruttamento lavorativo.
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