2025-05-19
Maria Grazia Cucinotta: «Non avevo il fisico per far la modella»
Maria Grazia Cucinotta (Ansa)
L’attrice, che a giugno consegnerà il «Premio Troisi» a Massimo Boldi, si racconta: «Woody Allen fuori dal set non lo noti, ma quando entra in scena è magia. Brosnan generoso e simpatico: per me è lui il vero 007».È eleganza innata, di corpo e di spirito, quella di Maria Grazia Cucinotta, attrice che tutto il mondo ci invidia. Se Luigi Pirandello scrisse che «nel tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti», si coglie presto la sua schiettezza. Interpretando Beatrice Russo nel Postino, di Massimo Troisi, ottenne la celebrità. Dal 13 al 15 giugno si svolgerà la 14ª edizione di Marefestival dove sarai madrina del «Premio Massimo Troisi» che consegnerai a Massimo Boldi.«Sono stata madrina fin dalle prime edizioni. La cosa è nata quando ho incontrato Massimiliano Cavaleri (direttore artistico del Premio, ndr), un giornalista, con Nadia La Malfa. Mi raccontarono di questo premio. Dissi che era un’ottima idea anche perché è a Salina, dove abbiamo girato il film. Così è nata la cosa. Ed è stata una magia. Sarà l’energia di Massimo, dell’isola, di Clara Rametta, la proprietaria dell’hotel dove stavamo quando giravamo. Tutti gli artisti invitati sono sempre stati molto emozionati. Bello parlare di cinema in un’isola dove il cinema non c’è. Sono anni che Clara Rametta, che è anche il sindaco di Malfa, sta raccogliendo fondi per far ritornare il cinema nelle isole Eolie». Salina e Il postino. Era il 1994. «C’è ancora la casa di Neruda, la casa di Massimo in una delle calette e poi abbiamo girato nella spiaggia di Pollara che purtroppo non c’è più. Tanti vandali attraccavano vicino alla spiaggia e con le ancore hanno portato via la barriera corallina che ha drenato via la spiaggia. La natura, se la ferisci, è come una persona».Dopo il film, quando tornasti a Salina?«Non c’ero mai più tornata, fino a 14 anni fa. Devo dire grazie a Massimiliano perché mi ha riportato su quell’isola. Nel frattempo la bambina che giocava coi fogli del mio copione e aveva 4 anni, Martina, è diventata la più giovane stella Michelin d’Europa. Mi sono anche pentita di non essere tornata prima…». Avevi 25 anni. Immaginavi un successo così clamoroso? «No. Ero contentissima di fare un film accanto a mostri sacri del cinema, ma non immaginavo neppure ed ero quasi sconosciuta. Massimo me lo diceva: “Ma ti rendi conto di quello che stai facendo”. Perché lui ha fatto questo film pensando all’America. Il suo sogno era quello di fare un film che fosse apprezzato e arrivasse anche in America e in tutto il mondo. Ed è diventato il film più amato, tant’è vero che per un lungo periodo è entrato nel Guinness dei primati come film americano di lingua straniera più visto. Dopo 31 anni è ancora studiato nelle scuole di cinematografia anche in America e i giovani lo apprezzano…». Troisi lesse il romanzo Il postino di Neruda di Antonio Skármeta, del 1986 e ne acquistò i diritti. La regia è di Michael Radford. «In realtà la regia fu solo di Massimo. Radford dava solo un aiuto tecnico perché la generosità di Massimo è stata grandissima e quando non c’era più, Michael…».Ha concluso il film… «Sì, ma il regista del Postino è Massimo, era il suo sogno, poi già stava un po’ male e quindi chiese un sopporto». Sentiva che questo sarebbe stato il suo ultimo lavoro?«Ma no! Sapeva di dover fare questo trapianto. A un certo punto del film gli è stato chiesto di fermarsi, dato che l’operazione fatta a Houston era andata male, a quanto pare, quindi si era atrofizzata una parte del cuore. A 20 anni non pensi che qualcuno possa morire…». Lo conoscevi già prima?«L’avevo intravisto ma mai conosciuto». Come ti sei trovata a lavorare con lui?«Una settimana prima sono andata e abbiamo preparato il copione insieme. Ha cercato di farmi un piccolo Bignami del lavoro dell’attore, soprattutto di come lui voleva che fosse Beatrice. La prima cosa che mi ha detto è stata “non devi recitare”, “devi essere spontanea, essere così come sei tu”. E questo mi ha messo subito a mio agio. Ma, essendo una grande timida, stare sul set è stata dura, durissima».Avendo quel problema cardiaco, si confidava con te? «No, assolutamente, ma con nessuno. Lui era sempre allegro, scherzava, gentilissimo con tutti. Lo amavano tutti perché sul set lui trattava tutti allo stesso modo, come il postino, che aveva quell’idea dell’eguaglianza. La cosa tragicomica è che sull’isola, siamo nel 2025, ancora arrivano le navi-cisterna a rovinare l’acqua».Morì proprio il giorno dopo dell’ultimo ciak, a Cinecittà. «Avevamo finito di girare alle 10 e mezza di sera, perché lui doveva partire per fare questo trapianto di cuore».La notizia ti fu comunicata subito?«L’ho saputo da una mia amica che mi chiama e mi dice “sai che è morto Massimo?”. Ho pensato “sarà una cazzata”, sono stata fino a ieri con lui, “si saranno inventati ‘sta cosa…”. Poi invece è arrivato mio marito e mi ha confermato il fatto…».Come ricordi la tua infanzia e la tua famiglia a Messina? «Io vengo da una famiglia di postini veri. Mio padre faceva il postino, mia sorella grande, mio fratello, mio cognato tutti quanti postini. Una famiglia molto semplice. Mia madre figlia di contadini, una donna con una forza gigantesca, con noi figli. È una grande donna, perché c’è ancora, ha 96 anni e quindi… A quasi 40 anni ha fatto me e a quasi 43 ne ha fatta un’altra. Non si è mai arresa e mi ha sempre insegnato che “volere è potere”». Poi hai lasciato la tua città…«Quando sono andata via: “ma dove va questa?”. A Milano mi dissero “fingiti straniera e non siciliana” per essere più glamour. Devo dire che oggi la Sicilia è diventata, anche grazie ai vari Dolce&Gabbana, la terra più glamour in assoluto. Ciascuno di noi si è ripreso la sua identità…». Era Milano il tuo obiettivo? «Dopo il diploma in contabilità ho fatto il concorso di Miss Italia. Arrivai in finale e una grande agenzia di moda mi diede il bigliettino da visita, “se vieni a Milano contattaci”. Ai miei dissi “vado a Brescia così sto da mio fratello Gaetano che magari mi trova un posto da segretaria”. In realtà mio fratello mi fece le fotografie, perché, oltre a essere postino, è anche fotografo, e mi portò in agenzia. Fui presa subito per Indietro tutta. Iniziai con la tv perché non avevo il fisico da modella». In Ho solo fatto a pezzi mia moglie, del 2000, hai lavorato con Woody Allen.«Lui per la prima volta si spostò a Los Angeles per girare le scene nel deserto. Lo conoscevo, l’avevo incontrato a diverse prime ma non ci avevo mai lavorato. Quando lo vedi così, può non essere un uomo che attira l’attenzione. Ma quando entra in scena e comincia a recitare… È lui, capito? Solo lui. Ha qualcosa… Una magia straordinaria». Come non ricordare la tua spericolata interpretazione di Giulietta Da Vinci in Il mondo non basta, del 1999, della saga 007, dove James Bond è Pierce Brosnan…«(ride, ndr) Un’avventura straordinaria. All’inizio avevo rifiutato, perché stavo a San Francisco a girare un film molto difficile… Ero stanchissima… Ma a Londra mi aveva visto Barbara Broccoli, la produttrice. Avevamo fatto un provino a Los Angeles e non sapevano come contattarmi. Mi videro in tv e mi fecero chiamare in albergo. Pensavo a uno scherzo. Invece mi volevano nel film e mi offrirono la parte della killer. Sono stata, in esclusiva, per sei mesi a Londra… i sei mesi più divertenti della mia vita, tra mongolfiera, guidare il motoscafo. Ovviamente non ho fatto le scene degli incidenti…». Il motoscafo lo pilotavi tu?«Lo guidavo io, sì, mi sono divertita come una pazza».Anche la scena della mongolfiera era reale?«Certo, era vera, ed ero anche altissima e morta di freddo. Sono stata su quella mongolfiera per non so quante settimane, a girare…». E con Brosnan?«È l’unico, vero James Bond, bello, con humor, simpatico, generoso». Hai fatto la produttrice, con un film, tra gli altri, All the invisible children, diretto tra l’altro da Emir Kusturica e Spike Lee. Un tema di sempre drammatica attualità. «Registi pazzeschi. Purtroppo sì… È pazzesco spendere soldi in guerra per togliere vita, invece di darla, ai bambini, un’involuzione dell’essere umano». Ti sposata giovanissima, nel 1995, con Giulio Violati, con cui hai avuto una figlia, Giulia. Non tutte le attrici si sposano così giovani…«Quest’anno sono 30 anni. È stato il cosiddetto colpo di fulmine. Ci siamo sposati subito. Per dieci anni sono stata molto a Los Angeles. Poi i nostri programmi sono cambiati e sono tornata in Italia quando sono rimasta incinta di mia figlia, che ha 23 anni».Di cosa si occupa?«Si è laureata l’anno scorso in economia e management e vive tra l’Italia e il Canada perché ha aperto in Canada una start-up con il fidanzato…». Dove vivi?«Vivo a Roma. Continuo a lavorare in Cina da quasi 18 anni». Una siciliana può rimanere lontano dal suo mare?«(sorride, ndr) Non sempre. Il mare a Roma lo trovi ma non è quello della Sicilia che mi cambia il colore degli occhi. Il bianco mi diventa blu, il mio Dna rinasce». È vero che sei devota a Sant’Antonio da Padova? «Sì, è vero. È stato un voto che ha fatto mia madre a lui e alla Madonna delle Grazie - mi chiamo apposta Maria Grazia - dopo che sono nata all’ottavo mese, podalica. Lei ne aveva già persi due prima di me e tutti mi davano spacciata. Quando ho compiuto 50 anni sono andata finalmente alla Basilica a trovare il Santo. Mia madre quando non trova le cose dice una preghiera a Sant’Antonio e le trova. È così».Un uomo che scrive poesie a una donna di cui si è innamorato è spacciato?«Se quella non lo capisce, secondo me deve cambiare donna. È il sogno di tutte noi incontrare qualcuno che ti scriva le poesie, ma che sia anche gentile. Essere la Beatrice di qualcuno è il sogno di tutti».
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