2021-11-05
Manfredi batte cassa per Napoli: ha già imparato il «chiagne e fotte»
Sindaco da neppure un mese, da pacato ministro si è subito trasformato in Masaniello.Vedi Napoli e poi piagnucoli. Gaetano Manfredi è sindaco da neppure un mese e da grigio e pacato ministro in grisaglia si è già trasformato nell'ennesimo Masaniello che batte cassa con Roma e minaccia sfracelli. Diamogli ancora un mese, e l'ex capo dei rettori ed ex ministro dell'Università si metterà la bandana da pirata come Luigi De Magistris. Ieri, il compassato ex ministro pd ha minacciato il suo partito addirittura di dimettersi se non arrivano a Napoli, già con la Finanziaria 2022, «100-200 milioni l'anno per la spesa corrente per almeno 5 anni». Tradotto in slogan, il suo appello è una sorta di «Draghi, dacci il milione». Ovviamente, allo scopo di commuovere il centrosinistra tutto, Manfredi ha scelto La Repubblica per recapitare la sua singolare richiesta di riscatto. Riscatto dalla povertà delle casse comunali, ben inteso, non nel senso di quello che si chiedeva per i rapimenti. Nell'intervista, si è lamentato così: «Napoli può risollevarsi sul serio: ora o mai più. Ma questo processo deve essere accompagnato dal governo con un forte intervento nella Finanziaria». E ha chiesto i milioni di cui sopra: tanti, maledetti e subito. Altrimenti che succede? Altrimenti si dimette? Ecco la risposta in politichese stretto: «Non credo che si potrebbe andare avanti in queste condizioni (…). Farei una valutazione con i cittadini e le forze politiche» perché senza risposte del governo «è come fare la Formula 1 senza benzina». Il problema è proprio questo, che quando il professore si è candidato come primo cittadino di Napoli era evidentemente convinto di iscriversi al circuito della Formula 1 e non aveva prestato attenzione a dieci anni di lamenti ininterrotti del suo predecessore Luigi De Magistris con «il governo di Roma», accusato di non mandare soldi a sufficienza. Tanto è vero che ieri, l'ex magistrato reggino, appena ha letto la minaccia-lamento del successore ci ha inzuppato il pane e in una nota gli ha risposto: «Le cronache raccontano che a Manfredi fu promesso denaro per i 5 anni di mandato per convincerlo ad accettare la candidatura a sindaco». Ma «i primi atti politici che hanno caratterizzato il suo pensiero sono stati assicurazione per la giunta per danni causati e aumento delle indennità addirittura del 100%». L'insospettabile Manfredi, che da ministro aveva comunicato con il popolo degli atenei piegato dai lockdown esibendo il medesimo calore di un catafalco a rotelle, è anche ricorso a immagini forti. «Ho avuto una visione traumatica: decine di pini ridotti in ceppi nel panoramico parco del Virgiliano, a Posillipo. Le scuole in condizioni disastrose, i trasporti ai minimi». Qui si rischia che se l'algido ministro Daniele Franco non manda giù una carrettata di soldi entro fine anno, il primo cittadino minacci un'epidemia di colera. Come al solito, poi, i soldi che mancano sarebbero quelli per il «drammatico problema dei buchi di personale in Comune» (promesse troppe assunzioni in campagna elettorale?) e in cambio di più stipendificio, da bravo ex ministro, il Manfredi si ricorda della parola chiave per battere cassa e promette «una cabina di regìa». Questa storia del «dateci i soldi e poi ci coordiniamo con la cabina di regìa», è qualcosa che gli italiani, da Belluno a Lampedusa, hanno già sentito. Di solito funziona così: il sindaco minaccia sfracelli; arriva l'annuncio dei soldi da Roma; gli amministratori locali se li giocano con gli elettori; poi un po' li spendono (per altre cose) e un po' non arrivano proprio. Poi, quando dopo dieci anni si muove la Corte dei conti con il danno erariale, le mandano la «cabina di regìa» che non è né imputabile né pignorabile. C'è comunque nel sindaco Manfredi qualcosa di grande, oltre alle orecchie. Fino al Conte bis, sedeva in Consiglio dei ministri con garbo e riservatezza. Mai battuto un pugno sul tavolo per la ricerca. Mai una polemica con l'ex collega Roberto Gualtieri, che dal Tesoro teneva i cordoni della borsa. Ora che gli tocca passare dal Senato accademico alla scuola della strada, fomenta gl'istinti peggiori contro il governo che affama il Meridione. Speriamo che non si dimetta. Quest'anno, c'è il Napoli che va alla grande e vedere questo luminare dell'ingegneria sismica travolto dalla festa scudetto, sudato e spettinato, vale più di oneste dimissioni per promesse elettorali mancate. Basta un tricolore e «i milioni chiamano i milioni», come diceva Eduardo.