
Argentina Romanelli è nata senza le braccia per gli effetti del farmaco talidomide. A causa di un grottesco cavillo burocratico non ottiene ciò che le spetta da anni.Argentina Romanelli è nata senza le braccia. Ma, soprattutto, è nata nel 1969. Se fosse venuta al mondo solo quattro anni prima, nel 1965, ad oggi lo Stato le avrebbe già concesso il giusto indennizzo per la sua condizione. Invece è nata troppo tardi, e per questo motivo ancora attende, nonostante una battaglia durata anni. Nel frattempo vive con 800 euro al mese di accompagnamento. «Ho bisogno di assistenza 24 ore al giorno», racconta, «e ce la faccio solo perché vivo con i miei genitori. Mio padre ha 77 anni, mia madre 73. Quando loro non ci saranno più, io come farò?». Argentina non ha un handicap per caso. È nata così per colpa degli effetti nefasti del talidomide, un farmaco commercializzato tra la fine degli anni Cinquanta e i primi Sessanta da un'azienda tedesca, la Chemie Grünenthal. Nel 1954, la casa farmaceutica mise in commercio quello che veniva presentato come uno straordinario sedativo e anti-nausea. Come si può leggere sul sito dell'associazione Vita (Vittime del talidomide Italia), il prodotto «venne così distribuito e venduto in 46 paesi (con nomi commerciali diversi: Distavel nel Regno Unito e in Australia, Isomin in Giappone, Contergan in Germania, e Softenon in Europa e molti altri), quale farmaco “da banco", efficace e sicuro». Nel 1959, tuttavia, l'americana Frances Kelsey della Food and Drug administration si prodigò perché la vendita del talidomide fosse vietata e nel 1961 lo strabiliante sedativo fu tolto dal mercato perché estremamente pericoloso. «L'Italia ci mise un po' a capire la gravità della cosa», ha scritto Gian Antonio Stella, che da parecchi anni si occupa di questa storia. «E solo nel 1962 decise di vietare la vendita di 15 farmaci prodotti da sette industrie farmaceutiche contenenti il talidomide. Troppo tardi: quelle medicine avevano già fatto tra le 350 e 400 vittime di handicap vari. Più i bambini nati morti, gli aborti spontanei...». Argentina è una di queste vittime. È una donna esplosiva, che non ha mai perso coraggio e continua a portare avanti una lotta che sembra non finire mai. Vive a Torre Orsaia, nel Golfo di Policastro, e più volte è dovuta andare fino a Roma per costringere i politici a seguire la sua storia. Fortunatamente ne ha trovati alcuni attenti, in particolare Carlo Giovanardi (ma pure, negli anni, Benedetto Fucci, Cosimo Ferri, Francesco Boccia e altri). «Quando ero ministro», racconta Giovanardi, «andai da Silvio Berlusconi che allora era premier e gli parlai del problema». Il risultato fu una legge del 2008. Che però aveva un problema: prevedeva risarcimenti (fino a 4.360 euro mensili) solo per i nati dal 1959 al 1965. «Io sono stata discriminata», racconta oggi Argentina. «È vero che il farmaco in Italia fu vietato nel 1962, ma continuò a circolare anche negli anni successivi». Lei, purtroppo, ne è la prova vivente. Anche Giovanardi, tuttavia, non ha mollato il colpo. E, complice un movimento trasversale di parlamentari, è riuscito a far passare una nuova norma circa tre anni fa. L'approvazione fu festeggiata come una vittoria, il calvario della Romanelli (e di altri nella sua condizione) sembrava terminato. E invece... «E invece il ministero e l'Istituto superiore di sanità hanno scritto le linee guida per l'applicazione della legge», ricostruisce Argentina. «Hanno scritto che l'indennizzo poteva essere dato anche a chi era nato fuori dall'arco temporale previsto dalla prima legge del 2008, ma hanno aggiunto una precisazione. E cioè che chi fa richiesta deve presentare la prescrizione medica del farmaco. Ma si tratta di una ricetta fatta cinquant'anni fa, chi tiene un documento così?». Già: a conservare una carta del genere per 50 anni bisogna essere dei fenomeni. A dire il vero, però, la legge ne tiene conto. «Le linee guida spiegano che il fatto di non avere la prescrizione non è ostativo all'ottenimento dell'indennizzo», dice Giovanardi. Non tutti però seguono l'indicazione. La nuova legge è passata nel 2016. Poi è stato ultimato il provvedimento attuativo. Infine Argentina è stata chiamata per l'agognata visita che avrebbe dovuto porre fine alla snervante battaglia. L'hanno convocata il 26 giugno scorso (a tre anni di distanza dall'approvazione della norma, a quasi dieci anni dalla prima legge). «Sono andata fino a Bari, da un medico militare, un colonnello. Mi ha visto e ha scritto che la mia menomazione è compatibile con i danni prodotti dal talidomide. Però non ha potuto stabilire il nesso causale perché non avevo la prescrizione del farmaco di 50 anni fa. Mi ha anche detto: tanto se fa ricorso lo vince». Orrore della burocrazia: dopo aver atteso la visita per anni e anni, Argentina si è vista negare il dovuto per colpa di una carta mancante. Un documento che, per altro, non dovrebbe nemmeno essere necessario. Sì, magari la Romanelli vincerà il ricorso, ma intanto passerà altro tempo, in attesa che un giudice decida. «Nel Paese dei falsi invalidi», dice Giovanardi, «non si riesce a dare un risarcimento a persone che si presentano senza le braccia o le gam be? È assurdo». Ora vedremo se, da qualche parte a Roma, ci sono politici capaci di risolvere la situazione. Questo sì sarebbe un vero cambiamento.
Antonio Tajani (Ansa)
Il ministro degli Esteri annuncia il dodicesimo pacchetto: «Comitato parlamentare informato». Poco dopo l’organo smentisce: «Nessuna comunicazione». Salvini insiste: «Sconcerto per la destinazione delle nostre risorse, la priorità è fermare il conflitto».
Non c’è intesa all’interno della maggioranza sulla fornitura di armi a Kiev. Un tema sul quale i tre partiti di centrodestra non si sono ancora mai spaccati nelle circostanze che contano (quindi al momento del voto), trovando sempre una sintesi. Ma se fin qui la convergenza è sempre finita su un sì agli aiuti militari, da qualche settimana la questione sembrerebbe aver preso un’altra piega. Il vicepremier Matteo Salvini riflette a fondo sull’opportunità di inviare nuove forniture: «Mandare aiuti umanitari, militari ed economici per difendere i civili e per aiutare i bambini e sapere che una parte di questi aiuti finisce in ville all’estero, in conti in Svizzera e in gabinetti d’oro, è preoccupante e sconcertate».
La caserma Tenente Francesco Lillo della Guardia di Finanza di Pavia (Ansa)
La confessione di un ex imprenditore getta altre ombre sul «Sistema Pavia»: «Il business serviva agli operatori per coprire attività illecite come il traffico di droga e armi. Mi hanno fatto fuori usando la magistratura. Il mio avversario? Forse un parente di Sempio».
Nel cuore della Lomellina, dove sono maturate le indagini sull’omicidio di Garlasco e dove sono ora concentrate quelle sul «Sistema Pavia», si sarebbe consumata anche una guerra del riso. Uno scontro tra titani europei della produzione, che da sempre viaggia sotto traccia ma che, ora che i riflettori sull’omicidio di Chiara Poggi si sono riaccesi, viene riportata alla luce. A stanare uno dei protagonisti della contesa è stato Andrea Tosatto, scrittore con due lauree (una in Psicologia e una in Filosofia) e una lunghissima serie di ironiche produzioni musicali (e non solo) sul caso Garlasco. Venerdì ha incontrato Fabio Aschei, che definisce «uno con tante cose da raccontare su ciò che succedeva nella Garlasco di Chiara Poggi».
Outlook IEA aumenta la domanda di petrolio. Dominio green cinese con il carbone. CATL porta in Spagna 2.000 lavoratori cinesi. Sanzioni USA sui chip, Pechino in difficoltà. Nord stream, scontro Polonia-Germania.
Non solo i water d’oro: dettagli choc nell’inchiesta che scuote i vertici del Paese. I media locali: la gente è senza luce e quelli se la spassano. La Corte dei Conti Ue già nel 2021 parlava di corruzione insanabile.
Con lo scandalo nel settore energetico è iniziato il momento più buio per il presidente Zelensky. I vertici di Kiev tentano di prendere le distanze dai protagonisti dell’inchiesta sulla corruzione. Ma con scarsi risultati. Il popolo è ben consapevole che chi conduceva una vita agiata faceva parte della cerchia ristretta del leader.





