2023-08-09
L’africano assassino doveva essere in carcere da un anno
Già arrestato tre volte, segnalato nel 2022 alla Dda come membro di un’articolazione da sgominare della mafia nigeriana. Quando ha aggredito passanti e carabinieri questi precedenti erano noti. Perché è stato liberato? Il senzatetto nigeriano Chukwuka Nweke, l’uomo accusato di aver ucciso la sessantenne Iris Setti, la sera di sabato scorso non doveva essere a piede libero. E non perché il 23 agosto 2022 avesse aggredito un ciclista e altri passanti e una pattuglia dei carabinieri (era stato ripreso mentre dava di matto sopra il tetto di una gazzella dell’Arma) e per questo fosse stato arrestato con l’accusa di danneggiamento, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale, finendo il 4 ottobre ai domiciliari, sostituiti con l’obbligo di firma il 13 gennaio, vista la buona condotta. Infatti il «bravo» Nweke aveva numerosi altri precedenti.Il suo cursus honorum criminale inizia nel luglio del 2011, presumibilmente in coincidenza con il suo arrivo in Italia, quando viene denunciato in provincia di Verona per resistenza, violazione di domicilio e rifiuto di dare le proprie generalità. Nel 2013 è nuovamente indagato per resistenza, in quanto spintona il capotreno che dopo averlo trovato sprovvisto del biglietto lo aveva invitato a scendere dal vagone. Nel settembre del 2018 è accusato di atti osceni in luogo pubblico «perché si masturbava nella pubblica piazza di Ala». A questo punto subisce la prima detenzione carceraria, tra il 23 novembre 2018 e il 27 luglio 2019, dopo che gli vengono revocati i domiciliari disposti dall’ufficio di sorveglianza di Verona. Finisce in prigione per espiare una pena di 8 mesi e 18 giorni, frutto di un cumulo per i reati di violenza privata e resistenza a pubblici ufficiale (sentenze dei tribunali di Rovereto e Verona). Il 9 gennaio 2021 è di nuovo in manette per spaccio di stupefacenti e, ancora, per resistenza a pubblico ufficiale, nell’ambito di un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Trento. Pure in questo caso gli vengono concessi i domiciliari. Il 17 marzo, però, si allontana dall’abitazione senza la prevista autorizzazione per recarsi al supermercato e per questo è deferito all’autorità giudiziaria per evasione, senza, però, finire in carcere. Non pago, come detto, il 23 agosto del 2022, aggredisce passanti e carabinieri. Per tale reato, l’1 settembre, gli vengono concessi i domiciliari con il braccialetto elettronico. Il 25 ottobre, mentre sconta la pena detentiva nell’abitazione della sorella, viene denunciato per violazione di domicilio e danneggiamento su segnalazione di un privato cittadino. Dopo aver ottenuto, come detto, di lasciare la detenzione nel gennaio del 2023, tre mesi dopo, il 19 aprile, l’Ufficio esecuzione penale esterna del tribunale di Trento si mostra ancora garantista e in relazione alla violazione del divieto di ritorno nel Comune di Sant’Ambrogio di Valpolicella (decreto emesso dal questore di Verona il 20 marzo 2018) decide di sospendere il provvedimento per sei mesi al fine di fargli svolgere lavori socialmente utili, fissando una nuova udienza per novembre.A ciò deve aggiungersi il decreto di espulsione adottato dal questore di Trento nel 2019 e il conseguente trasferimento del Nweke al Centro di permanenza per il rimpatrio di Torino per l’esecuzione del provvedimento che, però, veniva annullato dal giudice di pace di Torino il 28 ottobre 2019. Il questore, tuttavia, per gli ulteriori arresti riprendeva in mano la pratica per adottare un nuovo provvedimento di espulsione che veniva, però, sospeso per la pendenza della misura cautelare relativa all’arresto in flagranza per spaccio di stupefacenti del 9 gennaio 2021.Sempre il questore il 27 aprile 2023 rigettava l’ennesima istanza di permesso di soggiorno per motivi famigliari, non avendo Nweke prodotto la documentazione necessaria e perché dalla consultazione degli atti non risultava più convivere con moglie e figli. Di fronte a un quadro del genere viene da chiedersi come sia stato possibile che Nweke sia stato rimesso in libertà, visto che giudici e pm avranno certamente avuto a disposizione i precedenti di polizia. A meno di clamorose negligenze. Quindi chi gli ha dato la possibilità di lasciare la dimora della sorella, cittadina italiana, non poteva non sapere che l’uomo avesse almeno una decina di precedenti di polizia anche per reati di violenza contro la persona e tre arresti sulle spalle e che fosse sotto inchiesta per spaccio di droga, nonostante il segreto istruttorio che blindava il fascicolo.Un procedimento particolarmente delicato questo. Infatti il nigeriano è accusato dalla squadra mobile della questura di Trento di far parte di una capillare organizzazione dedita allo spaccio della droga. Come abbiamo raccontato, il 9 gennaio 2021, gli agenti lo avevano pizzicato mentre vendeva stupefacenti. Durante la perquisizione i poliziotti gli trovano addosso 56 dosi di eroina per un peso complessivo di 10,26 grammi e due confezioni di hashish (3,99 grammi). Sostanze, secondo gli investigatori, destinate allo spaccio al dettaglio sulle piazze di Trento e Rovereto. Nell’ambito dell’inchiesta per droga vennero individuati altri 17 «muli» che, secondo gli investigatori, erano al servizio di una famiglia nigeriana. Tutti questi arresti, apparentemente frutto di controlli su strada casuali, in gergo vengono chiamati pick up (o campionamenti) e servono a corroborare l’ipotesi investigativa di una rete di spaccio, dimostrata anche attraverso le intercettazioni. L’8 luglio 2022 la squadra mobile ha informato dell’Operazione Izazaco la Direzione antidroga del Dipartimento di pubblica sicurezza del ministero dell’Interno (all’epoca presieduto da Luciana Lamorgese) e il Servizio centrale operativo (Sco) della Direzione anticrimine, sempre del Viminale. L’indagine era partita nel 2020 con un normale fascicolo penale e con uno della Dda per i reati di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di droga, come previsto dal Testo unico sugli stupefacenti.Nel luglio del 2022 gli investigatori, alla fine di una serie di interlocuzioni con il centro, riferiscono al ministero di aver «depositato una comunicazione di reato» nei confronti di 17 nigeriani e un ghanese, tutti nati tra il 1983 e il 1999. Del gruppo facevano parte anche due donne di 27 e 30 anni. Gli investigatori, alla fine di questo tipo di annotazioni, si rimettono alle «determinazioni che vorrà prendere» l’autorità giudiziaria. Una formula di rito utilizzata anche in questo caso e che, sebbene non esplicitato, sottintende, soprattutto nelle indagini per droga, l’auspicio che nel giro di tre-quattro mesi venga emessa un’ordinanza di custodia cautelare per i soggetti elencati nell’informativa. Ovviamente anche l’annotazione dell’8 luglio era propedeutica a una richiesta di arresto, con tanto di lista degli indagati, dei reati contestati e delle prove a carico di ognuno. Un’ipotesi tutt’altro che peregrina quella della custodia cautelare se si considera che l’inchiesta era una costola dell’operazione contro la mafia nigeriana denominata Sommo poeta. Nel dicembre del 2019 sono infatti state arrestate 35 persone in una retata condotta dalla polizia di Trento, con perquisizioni ed esecuzioni di ordini di detenzione in carcere anche in Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Puglia e perfino in Germania.Il nome dell'operazione era ispirato dai giardini di piazza Dante, situati nei pressi della stazione ferroviaria, epicentro dello spaccio cittadino. Si passa così alla seconda attività investigativa, avviata per monitorare le attività illecite dei componenti della famiglia Agho ravvisate nella prima indagine.La comunicazione inviata a Roma della notizia del deposito dell’informativa ci offre informazioni interessanti sullo stato dell’arte in quel momento.I poliziotti spiegano che durante le indagini «è stato individuato un sodalizio di nazionalità nigeriana strutturato e organizzato per la cessione sulla piazza di Trento e Rovereto di cocaina, eroina e marijuana».Il documento riferisce che le indagini «hanno permesso di individuare una pletora più ampia di spacciatori nigeriani, non strettamente legata e affiliata al sodalizio organizzato (mafioso, ndr), che hanno instaurato una capillare rete di vendita».Al vertice proprio il trentottenne nigeriano Enina Agho, detto Papa T. Per gli investigatori si era «trovato di fatto a gestire gli affari della famiglia, assieme ai connazionali Kelvin Ajayi e Kelly Idemudia». Dall’ascolto delle intercettazioni si è compreso che il gruppo si approvvigionava da connazionali attivi nelle zone intorno a Verona, Vicenza e L’Aquila. I promotori, a questo punto, si erano affidati a due gruppi di spaccio, uno più operativo su Trento e un altro su Rovereto. Di quest’ultimo faceva parte il presunto omicida Nweke. I poliziotti nell’informativa descrivono tutti i sequestri effettuati nei confronti degli 11 indagati, di cui sette arrestati in flagranza. Tal Lucky Josua è stato pizzicato in quattro mesi quattro volte e l’ultima è stato arrestato (insieme con una connazionale) con addosso circa 122 grammi di eroina contenuti in 11 ovuli. Il ghanese Ernest Amponsah, dopo essere stato beccato due volte, è finito in manette alla terza, per una cessione di eroina a un minorenne. Altri due sono stati beccati rispettivamente con 72 e 30 grammi di brown sugar. A Uwa James sono stati trovati, invece, 412 grammi di hashish. A Nweke, come detto, 56 dosi di eroina e due confezioni di hashish.Secondo i poliziotti dall’attività di indagine emergeva, anche grazie alle intercettazioni, che il trentasettenne nigeriano si occupasse in prima persona dell’attività di spaccio nella città di Rovereto e che prelevava la droga, di solito eroina, dal coindagato Uwa, classe 1990. Per gli investigatori il presunto assassino si recava quindi a Rovereto nei giardini presso la stazione e nei suoi dintorni per spacciare.Ricapitolando: nel 2018 Nweke viene arrestato per reati vari, nel 2020 finisce in una delicata inchiesta su una rete di spaccio legata alla mafia nigeriana, nel 2021 viene riarrestato per il suo ruolo di pusher, nel 2022 la polizia termina le indagini sull’associazione criminale e invia le proprie conclusioni alla Procura di Trento; nel frattempo, l’uomo finisce di nuovo in prigione e dopo pochi mesi viene liberato, mentre il fascicolo per droga che lo riguarda langue in Procura e le auspicate ordinanze di custodia cautelare sono ferme ai box. Risultato? Il 5 agosto con ogni probabilità uccide di botte una sessantenne senza colpe. Se non è questa la cronaca di una morte annunciata.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.