
La Procura di Caltanissetta riapre un dossier legato alla morte di Paolo Borsellino.Una vicenda che sposta le lancette dell’orologio di parecchio indietro nel tempo, in un passato paludoso e maleodorante, riemerge dalla Procura di Caltanissetta e restituisce dignità a un impolverato dossier su mafia e appalti degli anni Novanta che sarebbe centrale nell’inestricabile enigma della morte del magistrato Paolo Borsellino ma che era stato definito carta straccia. Gioacchino Natoli, un ex toga del pool antimafia di Palermo, è indagato dai pm di di Caltanissetta per le ipotesi di favoreggiamento alla mafia e calunnia, e ha ricevuto un invito a comparire per l’interrogatorio. La ricostruzione degli inquirenti appare come un macigno per un ex magistrato: Natoli avrebbe insabbiato un’inchiesta che aveva avviato la Procura di Massa Carrara su infiltrazioni mafiose nelle cave toscane e che era poi confluita in un suo fascicolo a Palermo su mafia e appalti. E avrebbe agito in concorso con l’ex procuratore di Palermo Pietro Giammanco, nel frattempo deceduto, e con l’allora capitano della Guardia di finanza Stefano Screpanti. Giammanco, definito dagli investigatori come «l’istigatore», sembra essere stato il regista dell’intera operazione. La triade Natoli, Screpanti, Giammanco, stando all’accusa, avrebbe favorito mafiosi del calibro di Antonino Buscemi (un colletto bianco legato a Cosa Nostra che era entrato in società con la Calcestruzzi della Ferruzzi Gardini) e Francesco Bonura (colonnello di Bernardo Provenzano), oltre agli imprenditori Ernesto Di Fresco, Raul Gardini, Lorenzo Panzavolta e Giovanni Bini, gli ultimi tre ai vertici del Gruppo Ferruzzi, a eludere le indagini. Gli inquirenti di Caltanissetta, come aveva già svelato La Verità lo scorso novembre, hanno fatto le pulci a quell’inchiesta per verificare se si fosse inceppato il meccanismo giudiziario. E Natoli, secondo l’accusa, avrebbe condotto «un’indagine apparente» nel procedimento aperto a Palermo, richiedendo autorizzazioni per intercettazioni telefoniche di breve durata («meno di 40 giorni per quasi tutti i target», secondo l’accusa) e solo per alcune utenze. Un trucco, secondo la lettura dei pm di Caltanissetta.Inoltre, in accordo con Screpanti, Natoli avrebbe disposto che non venissero trascritte conversazioni cruciali, considerate oggi vere e proprie notizie di reato, tra cui la «messa a disposizione» di Di Fresco in favore di Bonura e una concreta ipotesi di «aggiustamento» di un processo per duplice omicidio a carico di Bonura.Natoli, poi, non avrebbe effettuato accertamenti sugli imprenditori Luciano Laghi e Claudio Scarafia, nonostante, ritengono oggi gli inquirenti, fossero completamente a disposizione di Bonura e dei suoi familiari. E avrebbe chiesto l’archiviazione senza approfondimenti, ignorando il materiale delle indagini di Massa Carrara. Per occultare tutto, infine, avrebbe ordinato la smagnetizzazione delle bobine (parte delle quali sono state recuperate e riascoltate degli investigatori) e la distruzione dei brogliacci delle intercettazioni.Ma è a questo punto che il quadro si fa più oscuro. Mario Mori, allora vicecomandante del Ros e regista dell’operazione che portò alla cattura di Totò Riina, durante le polemiche che seguiranno alla mancata perquisizione del covo, evocherà il rapporto «Mafia e appalti» come il motivo del conflitto con le toghe di Palermo. Di recente, l’avvocato Fabio Trizzino, legale della famiglia Borsellino, ha indicato il controverso dossier come quello in cui Borsellino credeva di più per risalire agli assassini e ai mandanti della strage in cui rimase ucciso Giovanni Falcone. Accuse che Natoli aveva già respinto durante un’audizione in Commissione antimafia, spiegando che «i testi delle intercettazioni» erano stati «tutti conservati». Per la presunta smagnetizzazione dei nastri Natoli, con delle «note di chiarimento», aveva tirato in ballo un addetto alla cancelleria. «Accuse false», secondo i pm di Caltanissetta, che l’hanno iscritto anche per calunnia.
Massimo Doris (Imagoeconomica)
Secondo la sinistra, Tajani sarebbe contrario alla tassa sulle banche perché Fininvest detiene il 30% del capitale della società. Ma Doris attacca: «Le critiche? Ridicole». Intanto l’utile netto cresce dell’8% nei primi nove mesi, si va verso un 2025 da record.
Nessun cortocircuito tra Forza Italia e Banca Mediolanum a proposito della tassa sugli extraprofitti. Massimo Doris, amministratore delegato del gruppo, coglie l’occasione dei conti al 30 settembre per fare chiarezza. «Le critiche sono ridicole», dice, parlando più ai mercati che alla politica. Seguendo l’esempio del padre Ennio si tiene lontano dal teatrino romano. Spiega: «L’anno scorso abbiamo pagato circa 740 milioni di dividendi complessivi, e Fininvest ha portato a casa quasi 240 milioni. Forza Italia terrebbe in piedi la polemica solo per evitare che la famiglia Berlusconi incassi qualche milione in meno? Ho qualche dubbio».
Giovanni Pitruzzella (Ansa)
Il giudice della Consulta Giovanni Pitruzzella: «Non c’è un popolo europeo: la politica democratica resta ancorata alla dimensione nazionale. L’Unione deve prendere sul serio i problemi urgenti, anche quando urtano il pensiero dominante».
Due anni fa il professor Giovanni Pitruzzella, già presidente dell’Autorià garante della concorrenza e del mercato e membro della Corte di giustizia dell’Unione europea, è stato designato giudice della Corte costituzionale dal presidente della Repubblica. Ha accettato questo lungo colloquio con La Verità a margine di una lezione tenuta al convegno annuale dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, dal titolo «Il problema della democrazia europea».
Ansa
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.
In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.
Henry Winkler (Getty Images)
In onda dal 9 novembre su History Channel, la serie condotta da Henry Winkler riscopre con ironia le stranezze e gli errori del passato: giochi pericolosi, pubblicità assurde e invenzioni folli che mostrano quanto poco, in fondo, l’uomo sia cambiato.
Il tono è lontano da quello accademico che, di norma, definisce il documentario. Non perché manchi una parte di divulgazione o il tentativo di informare chi stia seduto a guardare, ma perché Una storia pericolosa (in onda dalle 21.30 di domenica 9 novembre su History Channel, ai canali 118 e 409 di Sky) riesce a trovare una sua leggerezza: un'ironia sottile, che permetta di guardare al passato senza eccessivo spirito critico, solo con lo sguardo e il disincanto di chi, oggi, abbia consapevolezze che all'epoca non potevano esistere.






