2025-04-19
Macron stizzito: gli resta il pantano ucraino
Parigi voleva lo scontro sui dazi e borbotta per i successi di Roma, che oggi ospita il vertice sull’Iran (cruciale per il Medio Oriente) e lavora a un ruolo chiave in Africa. Se Washington mollasse i negoziati coi russi, toccherebbe ai «volenterosi» sobbarcarsi Kiev...«Non abbiamo bisogno dei suoi complimenti per agire e sapere cosa è giusto». Nella reazione del governatore della Banca di Francia ai commenti di Donald Trump, che aveva lodato la Bce per il taglio dei tassi, c’è di sicuro lo spirito di corpo: un banchiere centrale che ne difende un altro, l’americano Jerome Powell, messo sulla graticola dal presidente Usa. La stizza di François Villeroy de Galhau, però, tradisce anche l’invidia dei transalpini per il successo diplomatico incassato a Washington da Giorgia Meloni. Tanto più che la linea di Emmanuel Macron sui dazi era l’opposto di quella di Roma e mirava alla rappresaglia su Big tech. Anche la stampa francese ha minimizzato la prestazione del presidente del Consiglio: «La tanto attesa visita di Giorgia Meloni al suo “alleato” americano», ha scritto Le Monde, «ha portato a risultati ambigui, in un’atmosfera» che il quotidiano progressista ha sorprendentemente considerato «un po’ tesa». Persino il giornale di centrodestra, Le Figaro, che alla vigilia del viaggio Oltreoceano parlava di «missione impossibile», non ha riportato con gran trasporto gli esiti del confronto nello Studio ovale, limitandosi a una cronaca fredda e concisa.In realtà, al di là delle parole del tycoon, che ha detto di considerare l’Italia una nazione amica «finché sarà lei il primo ministro», la leader di Fdi ha segnato punti pesanti: la dichiarazione congiunta Usa-Italia di ieri consacra il nostro Paese quale mediatore nella trattativa con Bruxelles, con l’obiettivo di assicurare che «il commercio tra Stati Uniti ed Europa sia per entrambi vantaggioso, giusto e reciproco»; in più J.D. Vance, arrivato nella Capitale e ricevuto a Palazzo Chigi, ha confermato che avrebbe discusso con la Meloni anche dei rapporti con l’Ue. Così Macron, il primo a volare alla Casa Bianca, sperando di convincere Trump a sostenere l’Ucraina, è tornato in secondo piano, nel giorno in cui Roma ospita i cruciali colloqui tra statunitensi e iraniani sul nucleare.È vero: giovedì, a Parigi si sono visti i pezzi grossi dell’amministrazione a stelle e strisce e il consigliere di Volodymyr Zelensky, alla presenza dei rappresentanti di Regno Unito e Germania. E il segretario di Stato Usa, Marco Rubio, ha ammesso che i tre Paesi europei potrebbero «contribuire a far progredire le cose e ad avvicinarci alla risoluzione» del conflitto a Est. Sembrerebbe un’investitura bella e buona per monsieur le président, inventore della «coalizione dei volenterosi». Ma si dovrà vedere se Washington non abbia smesso di snobbare gli alleati del Vecchio continente al solo scopo di impelagarli.È noto che Trump inizi a essere infastidito dal logorante attendismo dei russi, giustificato da Mosca con l’esigenza di risolvere «alla radice» i problemi tra Russia e Usa, «vera causa» della guerra. Ieri, Rubio ha comunicato tutta l’insofferenza della parte americana, sottolineando che «gli Stati Uniti hanno altre priorità» e che, «se non è possibile» arrivare a un accordo e la pace non è «fattibile», «dobbiamo andare avanti», «voltare pagina». «Non è la nostra guerra», ha proseguito. «Non l’abbiamo iniziata noi». Poco dopo lo ha ripetuto The Donald, che al solito tira le orecchie sia allo zar sia a Zelensky: «Se una delle due parti si comporta da stupida, siamo pronti ad andarcene dal tavolo dei negoziati. Ma spero che non accada». Secondo Bloomberg, lui e l’inviato speciale Steve Witkoff avrebbero manifestato la volontà di arrivare a un cessate il fuoco completo entro poche settimane. L’irritazione è tale che il Cremlino, dopo che il suo ambasciatore all’Onu aveva definito irrealistica una tregua, ha voluto mandare un segnale di disponibilità, confermando che vi sono «già alcuni progressi» con gli interlocutori, benché rimangano «molte difficili discussioni da affrontare». Al Wall Street Journal, intanto, Witkoff ha spiegato che la Federazione «potrebbe ottenere alcune regioni» russofone, di cui «all’Ucraina potrebbe importare di meno», ma non tutte quelle che rivendica Vladimir Putin. In compenso, ha riferito ancora Bloomberg, in base al piano presentato a Parigi, verrebbero ridotte le sanzioni.Ecco: Macron, l’inglese Keir Starmer e Berlino si trovano in mezzo a questo tira e molla. E se davvero Trump facesse saltare il banco, i «volenterosi» si troverebbero in una posizione molto scomoda, costretti a scegliere se battere in ritirata insieme a lui, oppure sobbarcarsi il peso della prosecuzione delle ostilità. Con ogni probabilità, senza l’imprescindibile sostegno americano.Per questo motivo la prudenza della Meloni potrebbe pagare. Le prime parole del comunicato ufficiale Usa-Italia sono dedicate proprio alla questione ucraina e all’impegno per garantire «una pace giusta e duratura». Ma adesso Roma si sta concentrando su una partita che riguarda più direttamente i suoi interessi geopolitici. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, l’aveva anticipato un mese fa: ormai «preoccupa più ciò che potrebbe succedere in Medio Oriente». Perciò è tanto importante aver offerto un campo neutro ad America e Iran. Al contempo, l’intento condiviso con Washington e Bruxelles di limitare l’immigrazione illegale è in grado di dare ulteriore impulso al Piano Mattei, il cui «potenziale» è stato citato nella nota di ieri, a proposito della cooperazione «su progetti infrastrutturali cruciali», sulla traccia degli Accordi di Abramo. A noi un ruolo da protagonisti nel Mediterraneo, a Macron e ai suoi accoliti il pantano russo-ucraino? All’Eliseo, l’uovo di Pasqua potrebbe riservare cattive sorprese.