2023-07-11
Macron sottomesso agli stranieri violenti: niente tagli ai sussidi ai parenti dei teppisti
Il ministro Pap Ndiaye: «Non c’è legame tra immigrazione e rivolte, il pericolo è la destra». Ma il 60% dei cittadini sta con la polizia.Nonostante la Francia sia stata devastata da orde di orde di vandali venuti dalle banlieue, con il pretesto di reclamare giustizia, il governo di Parigi sembra voler fare come se niente fosse. Elisabeth Borne e i suoi ministri non riescono (o forse non vogliono) ammettere che le sommosse della scorsa settimana siano anche il frutto di quarant’anni di politiche migratorie insensate adottate da Parigi, nonché di un lassismo giudiziario pluridecennale. Questa strategia si declina poi in una serie di prese di posizione di vari responsabili marconisti che, almeno all’apparenza, sembrano non voler disturbare gli autori dei disordini. In questo senso, ieri il presidente dell’associazione dei sindaci francesi, David Lisnard, ha rivelato su Twitter che il governo avrebbe «indicato alla polizia municipale» di non intervenire «ad eccezione di fatti gravi» per «evitare nuove fiammate (di violenza, ndr) prima della notte del 14 luglio».Tra coloro che non vogliono svegliare il cane che dorme nelle banlieue c’è il ministro dell’Educazione Pap Ndiaye, già noto per le sue opinioni vagamente wokiste. Ai microfoni di Radio J - la principale radio ebraica d’Oltralpe - il ministro si è detto fermamente contrario alla soppressione dei sussidi versati alle famiglie di giovani che hanno partecipato alle sommosse, approvando invece delle sanzioni. L’idea di colpire le famiglie dei teppisti in erba era venuta al leader de Les Républicains (Lr), Eric Ciotti. Lo stesso Emmanuel Macron, la scorsa settimana, mentre prendeva una birra con alcuni poliziotti parigini in un’operazione di comunicazione, aveva detto che «bisognerebbe riuscire a sanzionare finanziariamente e facilmente le famiglie già alla prima infrazione», in modo da creare «una sorta di tariffa minima già alla prima ca**ata». Di questa uscita presidenziale da ganassa, fatta al bancone di un bar, Ndiaye sembra non averne avuto notizia. E infatti durante la sua intervista a Radio J ha aggiunto che è «anormale, ingiusto e menzognero» il voler instaurare «un legame tra immigrazione e sommosse». Poi, probabilmente perché rimasto a corto di argomenti, Ndiaye ne ha approfittato anche per attaccare i media del gruppo Bolloré definiti «di estrema destra» e capaci di fare «del male alla democrazia». Come se la situazione caotica in cui vive la Francia fosse colpa dei media di Vincent Bolloré. Prima del titolare dell’Educazione nazionale, ci aveva pensato il ministro dell’Interno Gérald Darmanin a tentare di relativizzare l’impatto dell’immigrazione sulle violenze dei giorni scorsi. Settimana scorsa in un’audizione al Senato, il titolare del Viminale francese si era cimentato in un numero da contorsionista che puntava a smentire certi luoghi comuni. Parlando dei profili dei giovani fermati durante le notti di guerriglia, Darmanin ha affermato che «sì, c’è della gente che apparentemente potrebbe avere un’origine immigrata» per poi aggiungere che comunque «ci sono anche tanti Kevin e Matteo». Nell’immaginario collettivo transalpino questi due nomi maschili sono associati a gente povera e poco istruita. Citando i «Kevin e Matteo», Darmanin ha inviato un segnale ben preciso. È come se avesse detto «vedete ? Non ci sono solo giovani con nomi di origine nordafricana o araba tra i teppisti, ma anche dei francesi delle classi popolari». Eppure, lo stesso Darmanin, in un tweet del 29 giugno scorso aveva dato l’impressione di averne abbastanza delle «violenze insopportabili contro i simboli della Repubblica». Nelle notti successive aveva disposto la mobilitazione di 40.000 agenti. Ma poi, come detto, ha preferito relativizzare. Anche il primo ministro Borne, dopo il picco degli scontri, non ha dato grandi prove di coraggio. Intervenendo nell’aula del Senato, la scorsa settimana, la premier aveva affermato: «Dobbiamo considerare le cause profonde di questa crisi. Dovremo prendere la misura della complessità della realtà, senza procrastinare». Come se le scene di guerriglia urbana che hanno devastato varie città d’Oltralpe, non fossero un elemento sufficiente a lasciare intravedere le cause di questa crisi. D’altra parte, non va dimenticato che, prima ancora che i giudici decidessero se aprire un’indagine a carico del poliziotto che ha sparato a Nahel M. durante il controllo stradale, Macron aveva definito la morte del giovane «inspiegabile» e «senza scuse». Borne aveva invece dichiarato che l’intervento della polizia «non sembra manifestamente essere conforme alle regole».Ma se il governo ha scelto l’approccio sottomesso nei confronti dei responsabili degli scontri, i francesi sembrano avere le idee chiare sulla situazione. Un sondaggio di venerdì, realizzato da Ifop per Sud Radio rivela che il 60% dei transalpini prova un «sentimento positivo nei confronti della polizia». Un sondaggio di Odoxa del 9 luglio, mostra invece che il 64% dei francesi sono in «disaccordo» con il tweet di Kylian Mbappé che definiva Nahel M. un «piccolo Angelo». Mentre il 67% ritiene che il calciatore sia andato oltre il proprio ruolo.
Jeffrey Epstein e Donald Trump (Ansa)
L'ad di SIMEST Regina Corradini D'Arienzo
La società del Gruppo Cdp rafforza il proprio impegno sui temi Esg e conferma anche la certificazione sulla parità di genere per il 2025.
SIMEST, la società del Gruppo Cassa depositi e prestiti che sostiene l’internazionalizzazione delle imprese italiane, ha ottenuto l’attestazione internazionale Human Resource Management Diversity and Inclusion – ISO 30415, riconoscimento che certifica l’impegno dell’azienda nella promozione di un ambiente di lavoro fondato sui principi di diversità, equità e inclusione.
Il riconoscimento, rilasciato da Bureau Veritas Italia, arriva al termine di un percorso volto a integrare i valori DE&I nei processi aziendali e nella cultura organizzativa. La valutazione ha riguardato l’intera gestione delle risorse umane — dal reclutamento alla formazione — includendo aspetti come benessere, accessibilità, pari opportunità e trasparenza nei percorsi di crescita. Sono stati inoltre esaminati altri ambiti, tra cui la gestione degli acquisti, l’erogazione dei servizi e la relazione con gli stakeholder.
L’attestazione ISO 30415 rappresenta un passo ulteriore nel percorso di sostenibilità e responsabilità sociale di SIMEST, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite, in particolare quelli relativi alla parità di genere e alla promozione di condizioni di lavoro eque e dignitose.
A questo traguardo si affianca la conferma, anche per il 2025, della certificazione UNI/PdR 125:2022, che attesta l’efficacia delle politiche aziendali in tema di parità di genere, con riferimento a governance, crescita professionale, equilibrio vita-lavoro e tutela della genitorialità.
Valeria Borrelli, direttrice Persone e organizzazione di SIMEST, ha dichiarato: «Crediamo fortemente che le persone siano la nostra più grande risorsa e che la pluralità di esperienze e competenze sia la chiave per generare valore e innovazione. Questi riconoscimenti confermano l’impegno quotidiano della nostra comunità aziendale nel promuovere un ambiente inclusivo, rispettoso e aperto alle diversità. Ma il nostro percorso non si ferma: continueremo a coltivare una cultura fondata sull’ascolto e sull’apertura, affinché ciascuno possa contribuire alla crescita dell’organizzazione con la propria unicità».
Con questo risultato, SIMEST consolida il proprio posizionamento tra le aziende italiane più attive sui temi Esg, confermando una strategia orientata a una cultura del lavoro sostenibile, equa e inclusiva.
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