
L'impianto fiscale del presidente francese scricchiola sempre più. Pronto a rinunciare anche alla tassa sulla fortuna immobiliare. The Donald ironizza sull'accordo sul clima e sulle tasse ecologiche: «Felice che lo abbia capito, anche se due anni dopo di me».La legge finanziaria francese per il 2019 sembra sempre di più a un groviera. Ogni giorno si forma un nuovo buco di bilancio, legato a minori entrate fiscali, dato che Emmanuel Macron è costretto a ritornare sui suoi passi sotto la pressione della collera popolare dei gilet gialli. Nel frattempo la Commissione europea tace. L'impianto fiscale della presidenza Macron è sempre più scricchiolante. Ma il leader francese sembra preferire giocare con il fuoco della collera dei gillet gialli, nonostante siano stati già presi in considerazione delle opzioni di ripiego. Le Figaro ha scritto ieri, sul proprio sito, di disporre di informazioni in grado di provare che il presidente francese avesse già previsto di annunciare la moratoria il 27 novembre, in occasione del discorso sulla transizione ecologica.Un altro segnale della «rassegnazione» del governo è arrivata dal portavoce del governo Benjamin Griveaux che, ospite della radio francese Rtl, ha detto che la tassa sulla fortuna immobiliare (Ifi) «potrebbe essere oggetto di valutazione nell'autunno 2019» e che «se non funziona, vi rinunceremo». Anche Marlène Schiappa, la pasionaria sottosegretaria all'uguaglianza tra donne e uomini, ha dichiarato di essere favorevole al ripristino dell'Isf se non ci fossero «abbastanza capitali ri-iniettati nell'economia francese». Per capire la portata dell'annuncio bisogna fare un passo indietro. L'imposta Ifi è nata dalla trasformazione dell'imposta sulla fortuna (Isf), che interessava i grandi patrimoni. Poco dopo la sua elezione, Emmanuel Macron aveva iniziato a spiegare che questa trasformazione era motivata dal voler incitare i contribuenti più ricchi a investire nelle imprese francesi. In cambio - come aveva promesso in campagna elettorale - sarebbe sparita l'Isf e sarebbe stata introdotta una flat tax per i redditi di capitale. Detto fatto. Nel frattempo l'inquilino dell'Eliseo, approvava le riduzioni di una serie di sussidi destinati ai redditi più bassi.Le parole dei due membri del governo sulla «valutazione dell'imposta sulla fortuna immobiliare», fissata tra circa un anno, però sembrano tanto uno spot elettorale o una mossa di comunicazione.Lo ha confermato una fonte governativa anonima a Le Monde. «L'idea della valutazione è completamente demagogica», ha spiegato la fonte, «non si può fare une valutazione seria a novembre di una misura che è stata attivata a giugno». Inoltre, come spiega a La Verità l'economista Maxime Sbaihi, direttore generale del think tank Génération libre: «Parlare di una nuova tassa nel mezzo di una rivolta fiscale come quella dei gilet gialli è significativo dell'atteggiamento dei politici francesi». «Certamente dobbiamo rispettare i criteri europei, non provocare la crescita del deficit, ma per questo bisogna che la Francia riduca la spesa pubblica evitando, ad esempio, operazioni come il salvataggio dell'Sncf», la compagnia ferroviaria, il cui risanamento ha appesantito le voci di spesa pubblica di 35 miliardi di euro. Una volta di più, i mirabolanti progetti di costruzione del «nuovo mondo» promossi da Emmanuel Macron si sgonfiano come un palloncino. Ma non solo i francesi a misurare la quantità d'aria fritta venduta dal loro presidente.Ieri lo ha fatto anche Donald Trump. In un tweet, il presidente americano ha ironizzato sulla fiscalità ecologica del suo omologo transalpino. «Sono felice che il mio amico Emmanuel Macron e i manifestanti di Parigi abbiano trovato un accordo sulla conclusione alla quale ero arrivato due anni fa». E poi l'affondo: «L'accordo di Parigi è fondamentalmente negativo perché provoca un aumento del costo dell'energia per i Paesi responsabili, mentre assolve i maggiori responsabili dell'inquinamento al mondo». L'inquilino della Casa Bianca ha anche precisato di voler «aria e acqua pulite» aggiungendo di aver fatto «grandi sforzi per migliorare l'ambiente in America. Ma i contribuenti - e i lavoratori - americani non dovrebbero pagare per ripulire l'inquinamento di altri Paesi». Tradotte in francese, queste parole avrebbero potuto essere quelle di uno dei migliaia di gilet gialli che, anche ieri, non hanno mollato i presidi.Non hanno sbaraccato nemmeno dopo il discorso del primo ministro, Edouard Philippe, davanti all'Assemblea nazionale. Un intervento che ricordava tanto un'autoassoluzione e promesse difficili da mantenere. Per esempio il premier si è detto favorevole ad accordare la defiscalizzazione sui premi che le aziende decidessero di offrire ai propri dipendenti. Nessun dettaglio ulteriore. Nel discorso di Philippe c'erano anche i timori relativi a nuove manifestazioni violente sabato 8 dicembre, giorno in cui anche il sindacato di polizia Vigi ha indetto uno sciopero illimitato: «È il momento di organizzarci legalmente e di essere solidali con loro (i gilet gialli, ndr) nell'interesse di tutti», hanno scritto in un comunicato. A questi si è aggiunto lo sciopero di indetto (con motivazioni essenzialmente interne alla categoria) da due sindacati degli autotrasportatori a partire dalle 22 di domenica 9 dicembre.
Roberto Crepaldi
La toga progressista: «Voterò no, ma sono in disaccordo con il Comitato e i suoi slogan. Separare le carriere non mi scandalizza. Il rischio sono i pubblici ministeri fuori controllo. Serviva un Csm diviso in due sezioni».
È un giudice, lo anticipiamo ai lettori, contrario alla riforma della giustizia approvata definitivamente dal Parlamento e voluta dal governo, ma lo è per motivi diametralmente opposti rispetto ai numerosi pm che in questo periodo stanno gridando al golpe. Roberto Crepaldi ritiene, infatti, che l’unico rischio della legge sia quello di dare troppo potere ai pubblici ministeri.
Magistrato dal 2014 (è nato nel 1985), è giudice per le indagini preliminari a Milano dal 2019. Professore a contratto all’Università degli studi di Milano e docente in numerosi master, è stato componente della Giunta di Milano dell’Associazione nazionale magistrati dal 2023 al 2025, dove è stato eletto come indipendente nella lista delle toghe progressiste di Area.
Antonella Sberna (Totaleu)
Lo ha dichiarato la vicepresidente del Parlamento Ue Antonella Sberna, in un'intervista a margine dell'evento «Facing the Talent Gap, creating the conditions for every talent to shine», in occasione della Gender Equality Week svoltasi al Parlamento europeo di Bruxelles.
Ansa
Mirko Mussetti («Limes»): «Trump ha smosso le acque, ma lo status quo conviene a tutti».
Le parole del presidente statunitense su un possibile intervento militare in Nigeria in difesa dei cristiani perseguitati, convertiti a forza, rapiti e uccisi dai gruppi fondamentalisti islamici che agiscono nel Paese africano hanno riportato l’attenzione del mondo su un problema spesso dimenticato. Le persecuzioni dei cristiani In Nigeria e negli Stati del Sahel vanno avanti ormai da molti anni e, stando ai dati raccolti dall’Associazione Open Doors, tra ottobre 2023 e settembre 2024 sono stati uccisi 3.300 cristiani nelle province settentrionali e centrali nigeriane a causa della loro fede. Tra il 2011 e il 2021 ben 41.152 cristiani hanno perso la vita per motivi legati alla fede, in Africa centrale un cristiano ha una probabilità 6,5 volte maggiore di essere ucciso e 5,1 volte maggiore di essere rapito rispetto a un musulmano.






