
Gli stop alle centrali nucleari francesi, da cui dipendiamo, sono uno dei fattori chiave dei rincari su gas e luce che scatteranno lunedì. Per ogni famiglia si parla di circa 109 euro in più all'anno. Allarme di Coldiretti: «Colpito in particolare il settore agroalimentare».Centonove euro. È la cifra stimata dall'Unione nazionale consumatori a cui rischiano di ammontare i rincari delle tariffe per elettricità e gas che scatteranno domani. L'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) ha infatti stabilito che a partire dal 1° ottobre la luce costerà il 7,6% in più, mentre il metano salirà del 6,1%. Una «stangata», l'ha definita l'Unione nazionale consumatori: per una famiglia media si tratta di un aumento di 32 euro sul cosiddetto «anno scorrevole» (dal 1° gennaio al 31 dicembre 2018) per la bolletta dell'elettricità e di 61 euro per quella del metano. Vale a dire che la spesa media del 2018 sarà pari a 552 euro a famiglia per la luce e 1.096 euro per il gas. Secondo l'Unione nazionale consumatori, invece, per una famiglia tipo le nuove tariffe significano «pagare, su base annua (non, quindi, secondo l'anno scorrevole, ma dal 1° ottobre 2018 al 1° ottobre 2019), 42 euro per la luce e 67 euro per il gas. Una maggior spesa complessiva pari a 109 euro».L'aumento preoccupa anche la Coldiretti, che in una nota ha sottolineato un doppio effetto negativo: non solo riduce il potere di acquisto dei cittadini, ma aumenta anche i costi delle imprese, in particolare del settore agroalimentare visto l'arrivo dell'autunno. «Il costo dell'energia», spiega l'associazione, «si riflette infatti in tutta la filiera e riguarda sia le attività agricole sia la trasformazione e la distribuzione».L'Arera ha deciso però, per far fronte ai forti aumenti dei prezzi delle materie prime energetiche e delle quotazioni all'ingrosso dell'energia elettrica e del gas «che hanno raggiunto in Italia e in Europa livelli record», di rinnovare il blocco degli oneri generali di sistema: con questa manovra l'autorità «utilizza nella misura massima possibile la sua azione di “scudo" ottenendo «il contenimento della spesa» per circa 1 miliardo.Quattro le ragioni individuate dall'Arera dietro i rincari: l'aumento dei prezzi di riferimento per l'Europa del gas naturale e del carbone (+13% e +12% nel trimestre in corso rispetto al secondo trimestre 2018); il gas europeo divenuto più caro visto l'aumento dei prezzi del gas trasportato via mare sui mercati asiatici (+22% rispetto al secondo trimestre 2018); la crescita «senza precedenti» del prezzo dei permessi di emissione di anidride carbonica, cioè dei titoli che i produttori di energia devono acquistare per compensare la Co2 immessa nell'atmosfera; e infine il fattore francese, ovvero le limitazioni e l'incertezza legate allo stop totale o parziale di 22 reattori nucleari su 58 in Francia, per manutenzione o limitazioni nell'uso dell'acqua per la refrigerazione degli impianti a causa delle elevate temperature estive. Secondo l'ultima relazione annuale dell'autorità, l'Italia importa dall'estero ben il 92,1% del suo consumo. E molto passa dalla Francia, in cui sei centrali nucleari lavorano solo per dare energia elettrica a noi.Erano i primi di agosto quando l'Edf (Électricité de France, l'azienda di energia del Paese di cui il governo possiede l'85% delle azioni) chiuse temporaneamente, a causa della canicola, quattro reattori nucleari in Francia. A causa delle alte temperature di quei giorni, l'Edf scelse di ridurre la produzione di un'unità della centrale nucleare di Fessenheim, nell'Alto Reno, e di bloccare quattro reattori nel Sud Est: uno a Fessenheim, un altro nella centrale elettrica di Saint-Alban (Isère) e altri due in quella di Bugey (Ain). Un evento simile era accaduto nell'ottobre 2016, quando i rincari per gli italiani furono causati dalla decisione della Francia di fermare, in parte per normale manutenzione e in parte per controlli straordinari, oltre un terzo del suo parco nucleare: 21 reattori su 58. Tutti nelle mani dell'Edf che, mentre continua a espandersi nel mondo (i progetti più recenti sono in Inghilterra e Brasile), dimentica di fare manutenzione alle centrali del suo Paese. E le conseguenze colpiscono soprattutto i consumatori italiani, visto l'alto tasso di dipendenza dell'Italia dall'export francese.Soltanto un mese fa il presidente francese Emmanuel Macron ha dovuto subire un colpo basso dal suo ministro dell'Ambiente, Nicolas Hulot, uno dei membri più popolari del governo. Il sessantaduenne Hulot, una specie di Piero Angela transalpino visto il suo passato di celebre conduttore televisivo, ha lasciato l'esecutivo già in crisi di consensi spiegando di essersi sentito «completamente solo» sulle questioni ambientali. In particolare, Hulot è rimasto deluso dalla marcia indietro del governo sull'obiettivo di ridurre il parco del nucleare al 50% entro il 2025. Al suo posto Macron ha chiamato un fedelissimo, François de Rugy, che, come ha spiegato il giornale economico La Tribune, contrariamente al suo predecessore, «non ha mai opposto il liberalismo all'ecologia».
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