2019-01-28
Ma lo sai che lo stress ti può anche fare bene?
Siamo soliti considerarlo solo come negativo. Eppure, a piccole dosi, ci serve perché stimola le nostre risposte. È un tonico per il cervello e ne migliora le prestazioni. Ecco che cosa c'è da sapere su questo potenziale alleato. 3,6 milioni di italiani hanno fatto ricorso ad ansiolitici lo scorso anno (+8% sull'anno precedente). Il consiglio dell'esperta, Kelly McGonigal. Così diventa un complice che favorisce la crescita. La playlist: 5 canzoni anti ansie. Un aiuto inaspettato arriva dalla musica leggera. La ricetta: il risotto alla crema di scampi contribuisce a ridurre la pressione. Lo speciale comprende quattro articoli. Siamo abituati a concepire lo stress soltanto come una piaga. E certo che può esserlo. Ma lo stress non è «soltanto» negativo: è «la dose che fa il veleno» e, a piccole dosi, lo stress fa bene. Non solo: quando si presenta in grandi dosi, se e quanto può far male dipende da come lo affrontiamo. Quello di stress è un concetto utilizzato nelle scienze fisiche: fa riferimento alla capacità di un minerale di resistere alla pressione esterna, lo stress, appunto. Questa capacità si chiama resilienza. Dal punto di vista etimologico, l'inglese stress è collegato col latino strictus da cui l'italiano stretto e il francese antico estrece (strettezza, oppressione). Lo stress è, dunque, una metaforica pressione esterna che opprime l'essere umano come letteralmente fa con la pietra. Nel linguaggio medico, ci spiega il vocabolario Treccani, lo stress è anche la risposta funzionale con cui l'organismo reagisce a uno stimolo - più o meno violento e chiamato stressor - di qualsiasi natura (microbica, tossica, traumatica, termica, emozionale, ecc.). Attraverso il filtro del linguaggio specialistico psicologico, questo duplice concetto di stress è giunto fino al linguaggio comune. Indicando, appunto, da una parte l'attività psicofisica risultato della nostra risposta agli stressor, dall'altra il complesso degli stressor. È importante ricordare o riscoprire che lo stress non è soltanto l'agente negativo che ci invade: è pure la nostra risposta. Questo sposta la nostra consapevolezza: noi non siamo solo inerme e inerte oggetto di stress, ne siamo anche il soggetto e reagire agli stressor è positivo. Tornando alle scienze fisiche, sempre Treccani ci insegna che il minerale da stress è quello che ricristallizza durante un processo metamorfico in regime di pressioni orientate: ebbene, questa caratteristica è anche umana nel momento in cui reagiamo ad eventi stressanti con lucidità, accettazione e un pizzico di distacco. In questi casi, noi scegliamo di reagire allo stress gestendolo, ricristallizzando, e non di polverizzarci soccombendo. Quando al mattino suona la sveglia, noi reagiamo a quello stimolo acustico - che di fatto è uno stressor per l'udito e per il sonno - svegliandoci, alzandoci e tuffandoci nella giornata, non rimettendoci a dormire dopo aver distrutto la sveglia con un bazooka. La sveglia è uno stress, la nostra risposta funzionale è lo stress: ci siamo alzati dal letto perché abbiamo una vita da portare avanti e ci teniamo a farlo. Questo è solo un piccolo esempio di stress letto in maniera positiva, ma ce ne sono mille. Leggete qui: «Due amici in automobile stanno viaggiando verso una rinomata località marina per un fine settimana di relax. Improvvisamente un animale selvatico attraversa la strada e il conducente, nel tentativo di non travolgerlo, frena bruscamente facendo uscire la vettura fuori strada. I passeggeri a bordo del veicolo si feriscono, riportando entrambi la stessa frattura al braccio destro. Chi era alla guida vive questo episodio con rammarico, ma si focalizza sul pensiero di quanto sia stato fortunato ad essere ancora vivo e di avere riportato soltanto una semplice frattura. E questo è ciò che comunica a chi gli sta intorno. Certamente non potrà guidare per alcune settimane e dovrà farsi aiutare per portare a termine diverse incombenze, ma questi disagi non sono fonte di uno stato di stress così grande se paragonati al sollievo di poter ancora abbracciare i familiari e rincorrere i propri sogni. Al contrario, il passeggero legge in modo opposto quanto accaduto: “Che terribile sfortuna… mi sono rotto un braccio!". Così, inizia a pensare al suo passato lamentandosi di non avere compiuto scelte differenti, e guarda al futuro più prossimo con una negatività di fondo che andrà gradualmente a intaccare il modo di porsi in tutte le più importanti aree della sua esistenza». Questo brano è tratto dalla prefazione di Luca Mazzucchelli, vicepresidente dell'Ordine degli psicologi della lombardia, a un celebre libro di Kelly McGonigal intitolato Il lato positivo dello stress (edito da Giunti). «La scienza del “mindset"», continua Mazzucchelli, «ovvero la forma mentis che adottiamo davanti a quanto la realtà ci impone, teorizza che il nostro mondo sia composto per il 20% dai fatti che ci accadono, e per un buon 80% da come ci poniamo di fronte a essi. È così che, partendo dalla stessa esperienza, possiamo intraprendere un percorso che sfocerà in gioia o dolore, si tramuterà in crescita o paralisi, ci darà gratificazione oppure insoddisfazione. Se impariamo a coltivare idee anche leggermente diverse da quelle abituali, saremo anche indotti a mettere in campo azioni differenti dalle solite. [...] il modello proposto oggi dalla società prevede di “stare bene" sempre e a qualsiasi costo, di tenere alla larga i vissuti più scomodi e ingombranti e di cercare cure capaci di mettere a tacere dolori e sofferenze. Ma è davvero questa la strada che ci aiuterà a crescere?». Crescere: lo stress può aiutarci a farlo. Questa è la tesi del libro di Kelly McGonigal, il cui sottotitolo è Perché lo stress fa bene e come sfruttarlo al meglio. È una tesi sorprendente, ma è scientifica, non fuffa new age. «Sono una psicologa della salute», scrive la studiosa «e, nel corso di tutta la mia formazione, sia in psicologia sia in medicina, mi è stato trasmesso un messaggio forte e chiaro: lo stress è tossico. Per anni ho tenuto lezioni e seminari, ho condotto ricerche e scritto libri, facendo mio quel messaggio e portandolo con me. Ho detto alle persone che lo stress fa male; che aumenta il rischio di qualunque disturbo, dal comune raffreddore alle malattie cardiache, dalla depressione alla dipendenza; che uccide le cellule del cervello, danneggia il Dna e fa invecchiare più velocemente». Poi, qualcosa le ha fatto cambiare idea. «Nel 1998, negli Stati Uniti», continua la McGonigal, «alcuni ricercatori chiesero a 30.000 adulti di indicare quanto stress avessero sperimentato nel corso dell'anno precedente e di rispondere anche a questa domanda: “Credete che lo stress sia dannoso per la vostra salute?". Otto anni dopo, questi ricercatori setacciarono i registri pubblici per verificare chi, tra i 30.000 partecipanti allo studio, fosse deceduto. [...] Gli alti livelli di stress aumentavano il rischio di morte del 43%. Ma tale incremento riguardava solo chi riteneva che lo stress stesse danneggiando la propria salute. Le persone che avevano riportato elevati livelli di stress, ma che non lo consideravano dannoso, non avevano probabilità maggiori di morire. In realtà, la loro condizione si associava al rischio di morte più basso rispetto a qualunque altro individuo coinvolto nell'indagine, persino più basso di coloro che avevano riferito di aver sperimentato poco stress. I ricercatori conclusero che non era lo stress da solo a uccidere le persone, bensì la combinazione fra lo stress e la convinzione che si trattasse di un fenomeno nocivo». La tesi della McGonigal si basa anche su altri studi che, in contesti diversi, dimostrano che l'approccio mentale col quale filtriamo e affrontiamo la realtà influisce sulla realtà medesima: «Uno studio classico, condotto da ricercatori dell'Università di Yale», spiega la ricercatrice, «ha monitorato persone di mezza età per venti anni. Coloro che, all'inizio della ricerca, mostravano di avere un atteggiamento positivo verso l'invecchiamento erano vissuti, in media, 7.6 anni più a lungo di quelli che avevano una visione negativa. Per comprendere appieno il valore di questo risultato, considerate che molti di quelli che reputiamo fattori protettivi evidenti e importanti, come fare esercizio fisico regolare, non fumare e mantenere una pressione sanguigna e livelli di colesterolo adeguati, sono ritenuti responsabili di un prolungamento medio della vita inferiore ai 4 anni». Intendiamoci. Non si tratta di diventare attori di un ottimismo ottuso che fa perdere di vista la realtà. La realtà è, spesso, immutabile. Ma modificare in chiave ragionevolmente ottimistica lo sguardo con cui filtriamo le cose, determina la diminuzione della pressione che grava su di noi. Invecchiare, sperimentare una perdita, un capo insopportabile, un problema di salute, problemi economici e chi più ne ha più metta: se ci diciamo che sono la vita, ne relativizziamo un impatto che, se ci opponiamo, può essere devastante per la nostra salute prima psicologica e poi fisica. Se questo atteggiamento ci aiuta a trarre dalla nostra parte lo stress cronico ed evitarne le conseguenze pericolose per la salute, e già questo non è poco, anche piccoli episodi di stress acuto possono rivelarsi nostri complici anziché nostri nemici. Lo stress anche acuto, di breve durata, è una sorta di tonico per il cervello che migliora le prestazioni. La nostra prima reazione a un evento stressante è quella dell'allarme. Segue quella di scelta reattiva: attacco o fuga. Ipotalamo, ipofisi e sistema simpatico intervengono rilasciando nel sangue noradrenalina e adrenalina, il ritmo respiratorio e quello cardiaco aumentano proprio perché il corpo sia in grado di fronteggiare l'elemento stressante, la concentrazione è focalizzata su quanto sta accadendo e non altro. Uno studio dell'Università di Berkeley in California che si è soffermato sull'analisi delle conseguenze del rilascio dei cosiddetti «ormoni dello stress» (i glucocorticoidi), ha confermato che lo stress stimola il cervello. Dopo due settimane, gli animali sottoposti a eventi stressanti e intermittenti, aumentavano il livello delle proprie prestazioni mentali e facevano proliferare cellule staminali in nuove cellule nervose del cervello. Anche la memoria se ne giovava: lo stress acuto faceva proliferare nuove cellule cerebrali anche nell'ippocampo. Soprattutto se avete sempre reagito all'evento imprevisto in modalità negativa, concedetevi di provare a fare il contrario. Ne guadagnerete, letteralmente, in salute. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ma-sai-che-lo-stress-ti-puo-anche-fare-bene-2627254903.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="cosi-diventa-un-complice-che-favorisce-la-crescita" data-post-id="2627254903" data-published-at="1757886103" data-use-pagination="False"> Così diventa un complice che favorisce la crescita L'approccio di Kelly McGonigal, ottimamente illustrato nel suo libro che a sua volta si basa sul suo corso New Science of Stress, consiste in due azioni fondamentali: ripensare lo stress e trasformarlo da nemico a complice per crescere. Vogliamo disattivare il potenziale distruttivo dello stress? Iniziamo a dirci che non ne possiede. Fondamentale, poi, è emanciparsi dalla dicotomia «attacco o fuga». C'è una terza via: porsi in situazione di sfida. Scrive la McGonigal: «Cosa succede se scappate dalla vostra relazione, dai figli o dal lavoro ogni volta che le cose si fanno difficili? Non potete prendere a pugni la rata del mutuo né scomparire ogni volta che si verifica un conflitto in casa o sul posto di lavoro. Da questo punto di vista, la risposta allo stress è un istinto che dovreste sopprimere, tranne nelle condizioni in cui c'è una minaccia fisica, come fuggire da un edificio in fiamme o salvare un bambino che sta annegando. Nel corso di tutte le altre sfide, la risposta allo stress è uno spreco di energia». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ma-sai-che-lo-stress-ti-puo-anche-fare-bene-2627254903.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="un-aiuto-inaspettato-arriva-dalla-musica-leggera" data-post-id="2627254903" data-published-at="1757886103" data-use-pagination="False"> Un aiuto inaspettato arriva dalla musica leggera 1 Under pressure, Queen. Canzone dedicata alla «pressione che comprime come nessuno vorrebbe mai». La soluzione è, in linea con la McGonigal, ritrovare quell'«amore che ti sfida a prenderti cura della gente sull'orlo del baratro», che «sfida a cambiare il modo di avere cura di sé stessi». 2 Stati di agitazione, Cccp. Difficile trovare un brano più inquietante. Volete liberarvi di corteggiatori indesiderati? Mandatela fingendo che sia una dedica romantica, sarete evitati per l'eternità. Tuttavia, pure questa canzone straziante ammette: «Eppure sono vivo». Ecco: nel marasma più totale ricordatevi che a tutto c'è rimedio finché si è vivi. 3 Weightless, Marconi Union. Si tratta di un brano che sarebbe scientificamente in grado di abbassare il livello di ansia fino al 65%. Durante l'ascolto il battito del cuore è stimolato a rallentare gradualmente, fino a sincronizzarsi col ritmo della canzone.4 La società dei magnaccioni, Gabriella Ferri. Brano assai verace. Ma ricco di nobile saggezza. E teorizza un sacrosanto menefreghismo: «Ma che ce frega, ma che ce importa, / se l'oste ar vino c'ha messo l'acqua, / e noi je dimo, e noi je famo, / c'hai messo l'acqua, e nun te pagamo».5 Le tagliatelle di Nonna Pina, Piccolo coro dell'Antoniano. Brano per bimbi, ma insegna che nei momenti stressanti non dobbiamo smettere di prenderci cura di noi. «La situazione è grave / Ed anche i miei amici / Son tutti un po' stressati / Per il troppo lavorar / Il tempo pieno a scuola / Non lo vogliamo fare / Vogliamo star con mamma e papà [...] È veramente troppo / Io non ce la faccio più». Poi, il rimedio: «Mi serve una ricarica per tirarmi su / Ma un sistema rapido, infallibile e geniale / Fortunatamente io ce l'ho / Sono le tagliatelle di Nonna Pina». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ma-sai-che-lo-stress-ti-puo-anche-fare-bene-2627254903.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-risotto-alla-crema-di-scampi-contribuisce-a-ridurre-la-pressione" data-post-id="2627254903" data-published-at="1757886103" data-use-pagination="False"> Il risotto alla crema di scampi contribuisce a ridurre la pressione Cucinare è rilassante anche perché ci impone di concentrarci sulla preparazione. Il riso è un carboidrato più digeribile della pasta, gli scampi contengono proteine dell'elevato valore biologico e sodio e potassio che sostengono nei momenti impegnativi. Per 4 persone, lavare e pulire 800 gr di scampi eliminando il filo intestinale (da gettare) teste, gusci e chele (che risciacquerete). Versate un litro e mezzo d'acqua in un tegame, unitevi, dopo averli mondati, cipolla, carota, sedano, prezzemolo, il succo di un limone spremuto attraverso un colino, sale e gli scarti degli scampi, fate bollire per mezz'ora, filtrate. Rosolare in cinque cucchiai di olio evo due spicchi di aglio, gettarli via, aggiungere gli scampi e farli saltare qualche secondo, sfumare con 30 grammi di brandy, far evaporare, aggiungere 100 gr di salsa di pomodoro, sale, un pizzico di zucchero, abbassare la fiamma al minimo, coprire e far cuocere 10 minuti. Prelevare qualche scampo per decorare e frullare il resto, aggiungendo 125 gr di panna da cucina e sale. Appassire mezza cipolla a dadini in 20 grammi di burro, aggiungere 400 grammi di riso e tostarlo appena continuando a mescolare per poi cuocerlo. Dieci minuti prima della fine del tempo necessario per la cottura del riso, aggiungete la crema di scampi e continuate a mescolare. Impiattate.
Jose Mourinho (Getty Images)