
Se gli italiani s'infuriano è a causa dell'accoglienza che genera mostri. Come lo straniero che ieri si aggirava per Milano con la spada in pugno.Sul profilo Twitter della giornalista del Tgr Rai di Firenze, Giulia Baldi, l'ultimo retweet riporta una presa di posizione forte contro i fatti di Torre Maura: «Hanno vinto loro, i fascisti che hanno aizzato il lumpenproletariat contro l'odiata etnia rom. Razzisti, xenofobi. Hanno ceduto le istituzioni, il Campidoglio a 5 stelle, e quelli che sono indifferenti. “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari..."». Poche ore dopo, i rom sono andati a prendere lei e la collaboratrice Daniela Pecar, aggredite ieri mattina al cimitero di Paperino, alla periferia di Prato, da alcuni abitanti di un campo nomadi in cui le due croniste stavano facendo un servizio. Secondo quanto ricostruito, a scagliarsi contro le giornaliste sarebbero state tre donne, tutte residenti nel vicino campo nomadi che le hanno prima minacciate, poi aggredite e percosse, cercando di impossessarsi delle attrezzature mentre stavano realizzando un servizio sul sequestro di una discarica abusiva. Immediata la solidarietà di Matteo Salvini, che si è impegnato a «essere presto a Prato per fare lo sgombero e mettere ordine». E così, per ironia della sorte, la giornalista antirazzista sarà probabilmente causa indiretta di uno sgombero. Basterebbe questo caso da manuale per smentire la vulgata sul conte Arthur De Gobineau che si reincarna nella borgata di Torre Maura e inocula nel quartiere le sue tesi sulla diseguaglianza delle razze umane. Il razzismo è un'ideologia e, come tutte le ideologie, è qualcosa che piega la realtà ai suoi schemi. Ma in Italia, nel 2019, è esattamente il contrario che sta succedendo: è la realtà che porta tanta gente a vedere le cose in un certo modo. «Io nun so' de sinistra né de destra», ha spiegato Giuseppe, un residente di Torre Maura intervistato da Carlo Bonini su Repubblica. Che aggiunge: «Me so solo rotto er cazzo de sto' schifo. C'avemo avuto i negri pe' cinque anni. E se semo tassati cinque euro al mese ciascuno pe' compraje er manzo perché nun mangnaveno maiale. Mo' so' arivati questi e manco c'hanno avvertito. Io i zingari li conosco. C'ho pure amici zingari pesanti, co' i sordi. E nun c'è gnente da fa'. So' zingari. È la natura loro, rubano». Sarà vero che è «la natura loro»? Ovviamente non esiste nulla di simile a un «gene del furto» che sarebbe più ricorrente nella popolazione rom, ma questo conta davvero qualcosa nella periferia abbandonata a sé stessa, dove le delicatezze della cultura nomade si palesano sotto forma di degrado e delinquenza? Non è il razzismo che genera la rabbia, ma la rabbia reale, fondata sull'esperienza quotidiana, a poter degenerare senza una risposta politica degna di questo nome. È del resto uscito dalla realtà e non dalla penna di qualche novellista völkisch l'extracomunitario, già noto alle forze dell'ordine, che ieri girava per le vie di Milano, zona Corvetto, brandendo una katana, cioè una spada giapponese? Per neutralizzarlo sono dovute intervenire le fiamme gialle. Non senza fatica, perché l'immigrato ha prima tentato di nascondere la spada sotto un'auto, poi si è scagliato contro i finanzieri brandendo un coltello. L'uomo è stato infine immobilizzato e condotto in carcere in attesa del processo per direttissima.Il tutto nella città di Adam Kabobo, il ghanese di 36 anni che l'11 maggio 2013 seminò il terrore nel quartiere Niguarda di Milano, ammazzando tre passanti a colpi di piccone. La stessa città in cui, il 23 gennaio 2018, un camerunense di 32 anni senza alcuna ragione, ha preso a sprangate un serbo di 31 anni in strada, mentre questi stava aspettando il tram, causandogli la perdita dell'udito all'orecchio destro e compromettendogli gravemente il senso del gusto e la mobilità del braccio sinistro. Il tutto, anche, nel Paese in cui un italiano di origine senegalese ha appena cercato di bruciare viva una scolaresca per protestare contro le politiche del governo e in cui un altro italiano di origine marocchina ha sgozzato un passante a caso per il solo fatto che era un bianco. Tutto questo si può esorcizzare mediaticamente con la ricerca affannosa di sempre nuovi divi del politicamente corretto, da Rami al giovane Simone di Torre Maura, ma si tratta di un meccanismo tutto mediatico, un cantarsela e suonaserla dei giornaloni. Che però non basta a cambiare la percezione popolare di un dato di fatto e cioè che l'immigrazione è un problema vero, che pesa per lo più sulle spalle dei «deplorevoli» delle periferie, gli umiliati e offesi dalla narrazione liberal. Non è razzismo, è quella cosa sporca, spigolosa e refrattaria agli alibi progressisti chiamata realtà.
Donald Trump (Ansa)
Trump, anche lui vittima di un attentato, sottolinea la matrice politica dell’attacco che ha ucciso l’attivista. «La violenza arriva da chi ogni giorno demonizza e ostracizza coloro che la pensano diversamente».
Charlie Kirk (Getty Images)
L’assassinio negli Usa del giovane attivista conservatore mostra che certa cultura progressista, mentre lancia allarmi sulla tenuta della democrazia, è la prima a minarla. E intona il coretto del «se l’è cercata».
Alan Friedman, Cathy Latorre e Stephen King (Ansa)
Per alcuni è colpa delle armi, per altri delle sue posizioni: nessuno menziona l’ideologia dietro il delitto. «Cambiare rotta» senza ipocrisie: foto a testa in giù e scritta «-1». Meloni replica: «Non ci facciamo intimidire». Metsola nega il minuto di silenzio a Strasburgo.