2024-10-10
Ma quale crisi coniugale. L’arma segreta del tycoon è la «moderata» Melania
Melania Trump (Getty images)
L’ex modella scende in campo per il marito, smentendo di fatto i gossippari dem. E si candida come figura chiave per strappare a Kamala l’elettorato benestante.Tira aria di preoccupazione nel Partito democratico americano. Secondo quanto riferito ieri da The Hill, vari strateghi dem scorgono segnali negativi nei sondaggi e temono la debolezza di Kamala Harris tra l’elettorato maschile (non solo quello bianco). La candidata dem spera adesso di recuperare terreno, affidandosi a un tour elettorale che, in questi giorni, Barack Obama effettuerà in suo sostegno negli Stati chiave. Ma attenzione: perché anche Donald Trump ha un’«arma segreta»: sua moglie Melania. Approfittando dell’uscita del suo nuovo libro di memorie, l’ex first lady è sempre più presente nel dibattito politico statunitense. Martedì, intervenendo a Fox News, ha accusato i democratici di aver creato una «atmosfera tossica» contro suo marito. «Penso, sapete, quando lo definiscono una “minaccia per la democrazia” chiediamoci chi è davvero una minaccia per la democrazia. Stanno continuando con la guerra legale contro l’ex presidente, così come, sapete, stanno cercando di toglierlo dalle schede elettorali e di farlo tacere», ha dichiarato. «Ho sempre avuto paura di quello che potesse succedere», ha aggiunto.Non solo. Anche nel suo libro, l’ex first lady ha fatto delle dichiarazioni di carattere fondamentalmente politico. «Oggi, alcuni gruppi tentano di imporre le proprie ideologie a tutti, approfondendo le divisioni nella nostra società. Un esempio è il dibattito in corso sull’inclusione dei trans negli sport, in particolare quando atleti nati maschi che si identificano come donne competono contro donne», ha scritto, per poi aggiungere: «Sostengo pienamente la comunità Lgbtqia+. Ma dobbiamo anche garantire che le nostre atlete siano protette e rispettate». Tutto questo, mentre, a metà settembre, Melania, in un video per promuovere il suo libro, criticò il raid che l’Fbi aveva condotto nel 2022 nella residenza di Mar-a-Lago in Florida. «Non avrei mai immaginato che la mia privacy sarebbe stata invasa dal governo qui in America», disse. «Questa non è solo la mia storia, serve come monito per tutti gli americani, un promemoria che la nostra libertà e i nostri diritti devono essere rispettati», proseguì.Insomma, non è forse un caso che il libro di Melania sia stato fatto uscire a meno di un mese dal voto. Ed è anche assai verosimile che le sue recenti apparizioni televisive siano avvenute in coordinamento con la campagna del marito. Non si può quindi escludere che la pubblicazione del volume sia un’astuta (e legittima) operazione elettorale a ormai poche settimane dalle presidenziali. E questo con buona pace di chi, negli ultimi anni, ha costantemente ripetuto che il rapporto tra Trump e la moglie fosse in crisi. Quali che siano i loro (veri o presunti) problemi privati, Melania è evidentemente scesa in campo a sostegno del marito. Al di là delle critiche ai dem, l’ex first lady ha infatti battuto tasti molto cari al tycoon: dalla salvaguardia delle competizioni sportive femminili all’allarme sulla politicizzazione delle forze dell’ordine.Certo, qualcuno potrebbe sostenere che, in realtà, Melania si sia discostata dal consorte sull’aborto: nel suo libro, l’ex first lady ha infatti espresso delle posizioni pro choice in materia di interruzione di gravidanza. Tuttavia attenzione. A luglio, Trump, dopo 40 anni, ha fatto espungere dal programma del Partito repubblicano l’impegno ad approvare un divieto federale dell’aborto. Ha inoltre recentemente annunciato che, da presidente, porrebbe il veto su una simile iniziativa da parte del Congresso. Il tycoon sta d’altronde tenendo la posizione espressa dalla Corte suprema quando, nel 2022, cassò Roe v Wade, stabilendo che l’interruzione di gravidanza non è un diritto protetto dalla Costituzione e che si tratta quindi di una materia su cui devono legiferare i singoli parlamenti statali. Una linea che Trump sosteneva già nel 2016. Il tycoon è d’altronde convinto che, alle ultime elezioni di metà mandato, i repubblicani siano andati peggio del previsto in quanto percepiti come eccessivamente rigidi sull’interruzione di gravidanza. In questo senso, Melania è una figura che può rivelarsi attrattiva per quell’elettorato centrista che è, sì, pro choice, ma contemporaneamente ostile all’aborto tardivo: un tema, questo, rispetto a cui la Harris si è mostrata finora assai ambigua (quando a settembre le è stato chiesto se sia favorevole a delle limitazioni all’interruzione di gravidanza, la vicepresidente ha infatti glissato). In altre parole, Melania può aiutare il marito in quella aree dove, alle elezioni del 2020, si è trovato in notevole difficoltà: parliamo degli hinterland benestanti delle grandi città, soprattutto in Georgia, Arizona, North Carolina e Virginia. In queste zone, un tempo roccaforti repubblicane, l’elettorato femminile risulta piuttosto freddo nei confronti di posizioni ritenute troppo rigide in materia di interruzione di gravidanza. Ricordiamo che, se per Trump la Virginia resta ostica, North Carolina, Arizona e Georgia sono pienamente alla sua portata il prossimo novembre: tra l’altro, conquistare questi tre Stati lo aiuterebbe enormemente nella sua corsa verso la Casa Bianca. Non a caso, la Harris sta investendo moltissimo per attrarre il voto femminile negli hinterland del North Carolina. Al di là dell’aborto, Melania punta a rappresentare il volto centrista del trumpismo. Potrebbe quindi rivelarsi una figura chiave per contendere alla vicepresidente quell’elettorato moderato, tendenzialmente benestante, che magari Trump lo voterebbe pure per le questioni economiche, ma che non ne apprezza la retorica dura e la vis polemica. Il tycoon sta andando molto bene con i colletti blu ma sa di dover guadagnare più terreno possibile tra i colletti bianchi, soprattutto nella Sun Belt. È pur vero che qualche conservatore evangelico ha storto un po’ il naso su alcune delle posizioni espresse da Melania. Ma Trump scommette sul fatto che, quando sarà chiamata a scegliere tra lui e una candidata assai pro aborto come la Harris, la destra religiosa resterà saldamente nel campo repubblicano. Certo, il tycoon rischia. Ma sa benissimo che, se vuole vincere a novembre, deve diversificare il suo elettorato negli Stati chiave, sparigliando le carte e mettendo così in difficoltà i dem. Ecco, Melania potrebbe rivelarsi la carta giusta, per conseguire questo cruciale obiettivo.
Alberto Stefani (Imagoeconomica)
(Arma dei Carabinieri)
All'alba di oggi i Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Chieti, con il supporto operativo dei militari dei Comandi Provinciali di Pescara, L’Aquila e Teramo, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia de L’Aquila, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un quarantacinquenne bengalese ed hanno notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 19 persone, tutte gravemente indiziate dei delitti di associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie indeterminata di reati in materia di immigrazione clandestina, tentata estorsione e rapina.
I provvedimenti giudiziari sono stati emessi sulla base delle risultanze della complessa attività investigativa condotta dai militari del NIL di Chieti che, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno fatto luce su un sodalizio criminale operante fin dal 2022 a Pescara e in altre località abruzzesi, con proiezioni in Puglia e Campania che, utilizzando in maniera fraudolenta il Decreto flussi, sono riusciti a far entrare in Italia diverse centinaia di cittadini extracomunitari provenienti prevalentemente dal Bangladesh, confezionando false proposte di lavoro per ottenere il visto d’ingresso in Italia ovvero falsificando gli stessi visti. L’associazione, oggi disarticolata, era strutturata su più livelli e si avvaleva di imprenditori compiacenti, disponibili a predisporre contratti di lavoro fittizi o società create in vista dei “click day” oltre che di di professionisti che curavano la documentazione necessaria per far risultare regolari le richieste di ingresso tramite i decreti flussi. Si servivano di intermediari, anche operanti in Bangladesh, incaricati di reclutare cittadini stranieri e di organizzarne l’arrivo in Italia, spesso dietro pagamento e con sistemazioni di fortuna.
I profitti illeciti derivanti dalla gestione delle pratiche migratorie sono stimati in oltre 3 milioni di euro, considerando che ciascuno degli stranieri fatti entrare irregolarmente in Italia versava somme consistenti. Non a caso alcuni indagati definivano il sistema una vera e propria «miniera».
Nel corso delle indagini nel luglio 2024, i Carabinieri del NIL di Chieti hanno eseguito un intervento a Pescara sorprendendo due imprenditori mentre consegnavano a cittadini stranieri documentazione falsa per l’ingresso in Italia dietro pagamento.
Lo straniero destinatario del provvedimento cautelare svolgeva funzioni di organizzazione e raccordo con l’estero, effettuando anche trasferte per individuare connazionali disponibili a entrare in Italia. In un episodio, per recuperare somme pretese, ha inoltre minacciato e aggredito un connazionale. Considerata la gravità e l’attualità delle esigenze cautelari, è stata disposta la custodia in carcere presso la Casa Circondariale di Pescara.
Nei confronti degli altri 19 indagati, pur sussistendo gravi indizi di colpevolezza, non vi è l’attualità delle esigenze cautelari.
Il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, da anni, è impegnato nel fronteggiare su tutto il territorio nazionale il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, fenomeno strettamente collegato a quello dello sfruttamento lavorativo.
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