2018-06-24
Oggi comincia la fine dell’Europa dei Macron
Il vertice Ue nasce inconcludente. E dimostra che l'attuale sistema è agli sgoccioli.Emmanuel Macron furioso: «In Italia pochi sbarchi, non è un'emergenza». Matteo Salvini: «Arrogante». E si prepara per la campagna di Libia. La nave Lifeline è ancora bloccata nel Mediterraneo. Il comandante provoca il ministro italiano: «Vuole arrestarmi? Lo aspetto». I porti maltesi rimangono chiusi: «Non è nostra responsabilità». E la Guardia costiera italiana avvisa le Ong: «Chiamate i libici».A leggere i veri dati, La Valletta sembra aver blindato le proprie coste da tempo.Lo speciale contiene quattro articoli. La rabbia sta infettando il cervello di Emmanuel Macron come lebbra. Solo così si spiegano gli attacchi stizzosi che il presidente francese rivolge al nostro Paese ormai da giorni. Anche ieri ha berciato di «estremisti che giocano sulle paure» (cioè i nostri attuali governanti); ha voluto ribadire che «l'Italia non sta vivendo una crisi migratoria»; ha ringhiato che lo sbarco dei migranti deve avvenire «nel porto sicuro più vicino» (ovvero, in buona sostanza, sulle nostre coste). Poi, non pago, ha minacciato: «Sanzioni per Paesi che non accolgono migranti» (e dire che il primo a chiudere le frontiere è proprio lui, forse dovrebbe sanzionarsi da solo...). La sua rabbia scaturisce da una consapevolezza: l'Unione europea così come la conosciamo, a partire da oggi, comincia a sgretolarsi. I Paesi membri non sono mai stati divisi come ora: ciascuno fa per sé, ciascuno cerca disperatamente un vicino disposto a sostenere una pur minima causa comune. Macron tenta di fare sponda con il premier spagnolo Pedro Sánchez, lisciandoli il pelo con ruffianeria. Lo spagnolo, tuttavia, ha già reso noto nei giorni che di migranti in più da accogliere non ne vuole sapere. Non li vogliono gli spagnoli, non li vogliono i francesi, e neppure i tedeschi, che su questo tema stanno rosolando Angela Merkel. Non li vuole l'Austria, e infatti ieri il cancelliere Sebastian Kurz ha dichiarato che rafforzerà i controlli alle frontiere se la Germania insisterà con l'idea di rispedire gli immigrati nei Paesi confinanti. «Faremo tutto il necessario per difendere i nostri confini», ha detto Kurz alla Bild. «Ciò significa proteggere la frontiera al Brennero e altrove». Ovviamente, gli stranieri non li vogliono vedere nemmeno in fotografia i Paesi del gruppo Visegrad, che oggi non si presenteranno nemmeno all'incontro consultivo europeo organizzato da Jean Claude Juncker. Un summit - lo sappiamo ormai da giorni - destinato a non concludere nulla. Ma che, però, funge da efficacissima cartina di tornasole dello stato dell'Europa: un'Unione a pezzi. Il caos migratorio, è evidente, è solo la parte superficiale di una faglia che è decisamente più profonda. La frattura è economica, geopolitica, riguarda l'intelligence, i rapporti con gli Stati Uniti e la Russia. Eppure è indicativo che il colosso di Bruxelles si sfarini a partire dalle migrazioni, un tema di enorme interesse popolare. Quella che sta franando è, appunto, l'Europa dei Macron, dei caporioni arroganti che fino ad oggi hanno deciso sopra le nostre teste, incuranti della volontà popolare, per altro contando sulla complicità di chi ci ha governato.Lo «schema chiaro» che Macron intende proporre oggi è la replica esatta del sistema attualmente in vigore, quello in base al quale l'Italia (magari con un contributo della Grecia) deve farsi carico di tutti i recuperi in mare e di gran parte dell'accoglienza. Un sistema che è stato sostenuto anche dal nostro Paese finché Paolo Gentiloni è rimasto in carica. Proprio Gentiloni, un paio di giorni fa, si è congratulato con il greco Alexis Tsipras, facendogli i complimenti perché «ha salvato il suo Paese scommettendo sull'Europa». Ecco, il dramma economico greco che ancora persiste mostra chiaramente gli effetti della sottomissione (la «scommessa» cui faceva cenno Gentiloni) all'Ue. Il caos migratorio italiano è un'altra faccia del medesimo disastro. Ora che alcuni dei «sottomessi» hanno alzato la testa su vari fronti, tutto il sistema vacilla. La Merkel in difficoltà cerca di rattopparlo, il tronfio Macron sputa veleno. Gli altri, nell'attesa, coltivano l'orticello dei propri affari. Cosa che, finalmente, abbiamo cominciato a fare anche noi.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem4" data-id="4" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ma-leuropa-degli-arroganti-da-oggi-comincia-a-cadere-a-pezzi-2580645221.html?rebelltitem=4#rebelltitem4" data-basename="parigi-insulta-ancora-e-vienna-si-blinda-dobbiamo-fare-da-soli" data-post-id="2580645221" data-published-at="1757654930" data-use-pagination="False"> Parigi insulta ancora e Vienna si blinda. Dobbiamo fare da soli Europa in alto mare. Il vertice di oggi sull'immigrazione, convocato dal presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, in vista del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno, si annuncia, nel migliore dei casi, interlocutorio, vale a dire inutile. Al tavolo ci saranno Germania, Francia, Italia, Spagna, Austria, Bulgaria, Malta, Grecia, Belgio, Olanda, Croazia, Slovenia, Lussemburgo, Finlandia, Danimarca e Svezia. Disertano il summit i quattro Stati del gruppo di Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia). L'Unione è a pezzi: ciascuno va per conto suo. Per il premier italiano, Giuseppe Conte, l'appuntamento è assai insidioso. Ieri, all'Eliseo, il presidente francese Emmanuel Macron ha incontrato il primo ministro spagnolo, Pedro Sánchez. «Francia e Spagna», ha detto Macron, «proporranno al vertice europeo uno schema chiaro: che lo sbarco di migranti rispetti le regole e i principi umanitari di soccorso e che avvenga nel porto sicuro più vicino. Proporremo l'istituzione di centri chiusi sul territorio europeo nei Paesi di primo sbarco. In Europa c'è una crisi politica scaturita da estremisti che giocano sulle paure. Paesi come l'Italia», ha aggiunto Macron, «non hanno gli stessi sbarchi dell'anno scorso perché grazie alla cooperazione europea li abbiamo diminuiti dell'80%». Macron ha annunciato anche un incontro sull'argomento, martedì prossimo, con papa Francesco. La sua strategia è chiara: spingere l'Italia verso il gruppo Visegrad, spostandola dalla posizione mediana che occupa attualmente. «Gli hotspot nei Paesi di primo sbarco», ha risposto il vicepremier Luigi Di Maio, «vorrebbe dire: Italia pensaci tu. Non esiste. I centri vanno realizzati nei Paesi di origine e transito e devono essere a guida europea. Questo è ciò che il M5s chiede da anni ed è ciò che chiederà il presidente Conte a Bruxelles. È l'ora della solidarietà europea. Macron», ha aggiunto Di Maio, «sta candidando il suo Paese a diventare il nemico numero uno dell'Italia su questa emergenza». «650.000 sbarchi in 4 anni», ha aggiunto l'altro vicepremier, Matteo Salvini, che domani sarà in Libia e incontrerà il premier Fayez al Sarraj, «430mila domande presentate in Italia, 170mila presunti profughi a oggi ospitati in alberghi, caserme e appartamenti per una spesa superiore a 5 miliardi di euro. Se per l'arrogante presidente Macron questo non è un problema, lo invitiamo a smetterla con gli insulti e a dimostrare la generosità con i fatti aprendo i tanti porti francesi e smettendo di respingere donne, bambini e uomini a Ventimiglia. Se l'arroganza francese pensa di trasformare l'Italia nel campo profughi di tutt'Europa, magari dando qualche euro di mancia», ha aggiunto Salvini, «ha totalmente sbagliato a capire. Abbiamo elaborato un dossier per l'incontro preparatorio di domenica (oggi, ndr), ma il presidente Conte non vola con un incarico a Bruxelles. Lui ha le mani libere, anche di dire no». Il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, ha annunciato che Vienna ripristinerà i controlli al Brennero se la Germania, come chiede il ministro dell'Interno tedesco, Horst Seehofer, dovesse chiudere le frontiere per impedire agli immigrati sbarcati in un'altra nazione di introdursi in Germania, respingendoli verso il paese di primo approdo. «Se il summit Ue», ha detto ieri Seehofer alla Sueddeutsche Zeitung «non riuscirà a fornire a soluzioni efficaci, i migranti già registrati in un altro Paese verranno respinti». La proposta dell'Austria è molto più vicina a quella italiana: «Chiediamo», ha detto ieri il ministro della Cultura austriaco, Gernot Bluemel, «controlli più stretti alle frontiere esterne e centri per i richiedenti asilo in Africa: è questa la nostra ricetta contro i flussi migratori illegali. Questi centri, dovrebbero usati per stabilire se i migranti abbiano o meno diritto di chiedere asilo in un paese Ue». Le risposte negative giunte dai Paesi africani (Tunisia, Niger) rispetto all'ipotesi di realizzare lì gli hotspot altro non sono, come è tradizione, che un tentativo di alzare il prezzo degli accordi. L'Europa, nel 2016, ha dato alla Turchia 3 miliardi di euro per bloccare il flusso dei profughi siriani. Quanto costerebbe «convincere» gli stati africani a fare lo stesso? «Potete mettere tutte le barriere che volete», ha detto ieri Saaodou Dillè, deputato di maggioranza del Niger, «ma la soluzione è creare occupazione per i giovani. Oggi, col cambiamento climatico, col ciclo delle piogge che cambia, stiamo perdendo molti raccolti. Abbiamo un grande progetto per cambiare modello, per fare una agricoltura irrigata, perché nel sottosuolo c'è molta acqua. Ma non abbiamo finanziamenti per le macchine». «Le politiche portate avanti dall'Europa», ha sottolineato Alain Lognon, deputato della Costa d'Avorio, «penso che incoraggino i Paesi africani a lasciare uscire le persone. Ci sono molti giovani qualificati da noi che non trovano lavoro per la semplice ragione che non ci sono investimenti». In sostanza: bloccare i migranti nei Paesi di partenza si può, basta mettersi d'accordo sul prezzo. La missione di Salvini a Tripoli assume un significato fondamentale, anche per recuperare il nostro ruolo in Libia, di recente oscurato dall'interventismo francese. Le tensioni tra Roma e Parigi si spiegano anche così. Carlo Tarallo <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ma-leuropa-degli-arroganti-da-oggi-comincia-a-cadere-a-pezzi-2580645221.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-pirati-sfidano-salvini-vieni-a-prenderci" data-post-id="2580645221" data-published-at="1757654930" data-use-pagination="False"> I pirati sfidano Salvini: «Vieni a prenderci» «Se Salvini vuole arrestarmi può venire personalmente». Klaus Peter, il comandante della nave Lifeline di Mission Lifeline, lo ha detto in una intervista a Radio Capital. È consapevole di tutte le violazioni che si è portato dietro nella rotta dalla Libia a Malta e cerca di buttarla in caciara. Determinato più che mai a portare in un porto italiano la sua nave, afferma: «Vorrei invitare Salvini a fare un viaggio con noi. Solo così si potrà rendere conto dello scenario drammatico in mare». E giù con la storia del volontariato e dei salvataggi di profughi con finalità umanitarie. Fatto sta che la nave pirata fabbricata 50 anni fa per la pesca ieri sera era ancora in mezzo al mare, in acque maltesi, senza rifornimenti e con 174 persone di sovraccarico rispetto ai 50 posti previsti, equipaggio incluso. Nonostante ciò, si è fermata a prestare soccorso anche alla nave cargo Alexander Maersk, con bandiera danese, sulla quale sono stati trasbordati 113 migranti, fatti salire prima sulla Lifeline per le maggiori facilità di accesso. Il mercantile Alexander Maersk, stando a quanto twittato dalla Ong Mission Lifeline, non era equipaggiato per i soccorsi in mare: per accedere alla nave, i naufraghi avrebbero dovuto arrampicarsi su una scala alta cinque metri. Da venerdì, non si sa per ordine di chi, la Maersk si è fermata davanti al porto di Pozzallo. E attende un attracco. «È di fronte a noi, a sole cinque miglia», afferma il sindaco del Comune siciliano Roberto Ammatuna, annunciando di essere pronto ad accogliere la nave qualora il porto ricevesse l'autorizzazione per lo sbarco. Ma il governo italiano ha scelto la linea dura: nessuno sbarco di navi straniere. Da Roma, ieri, è stato dato ordine alla motonave Dattilo della Guardia costiera di muoversi in direzione della nave pirata della Ong tedesca. E dalla Guardia costiera italiana è partito un avviso ai comandanti delle imbarcazioni incrociate in area di soccorso libica, che il quotidiano Repubbica ha interpretato così: «Non chiamateci più, rivolgetevi a Tripoli». Il testo della nota è chiaro: «Da questo momento, ai sensi della convenzione Solas (Safety of life at sea), i comandanti di nave (...) dovranno rivolgersi al Centro di Tripoli e alla Guardia costiera libica». Poco dopo, la Guardia costiera italiana ha diramato una nota per precisare che la precedente comunicazione non era un input politico del governo, ma un messaggio circolare di routine. Un messaggio di carattere tecnico operativo per tutte le navi che si trovano in zona libica nel momento in cui si verifica un evento di «distress (forma del termine stress usato nello sleng navale ndr)», spiegano dalla Guardia costiera. Equivoci a parte, la linea del governo è stata ribadita ieri dal ministro Salvini: «In questo momento le navi di due Ong (Open Arms, bandiera spagnola e Aquarius, bandiera di Gibilterra) sono nel Mediterraneo, in attesa di caricare immigrati. Le navi di altre tre Ong (Astral, bandiera Gran Bretagna, Sea Watch e Seefuchs, bandiere olandesi) sono ferme in porti maltesi. Che strano... La Lifeline, infine, nave fuorilegge con 239 immigrati a bordo, è in acque maltesi. Tutto questo per ribadire che queste navi si possono scordare di raggiungere l'Italia: voglio stroncare gli affari di scafisti e mafiosi». Un tema che è all'ordine del giorno a Bruxelles, dove oggi si terrà un summit su migranti e diritto d'asilo in vista del Consiglio europeo di 28 e 29 giugno. Per ora, però, le trattative internazionali sul caso Lifeline non hanno portato a una soluzione, anche se nelle ultime ore, stando a quanto riporta il quotidiano online Malta today, è comparsa l'ipotesi di una ripartizione dei migranti tra Italia, Malta, Spagna e Francia. «Lifeline ha violato le regole, ignorando le direttive dell'Italia in Libia. Dovrebbe spostarsi dalla posizione verso la destinazione originale, per evitare un'escalation. Pur non avendo alcuna responsabilità, Malta ha mandato forniture umanitarie e le forze armate hanno permesso a un medico di evacuare una persona (una donna all'ottavo mese di gravidanza che è stata trasferita all'ospedale di Modica, in provincia di Ragusa ndr)». Il premier di Malta Joseph Muscat rompe il silenzio. Ma non sblocca la situazione. Malta ritiene di essere incompetente. E a nulla è servito l'appello di Lifeline che, in mattinata, aveva avvertito: «Siamo a Sud di Malta, in acque internazionali. Alcune forniture sono esaurite, oggi abbiamo bisogno di fare un viaggio di approvvigionamento per la nave. Abbiamo bisogno di farmaci e coperte. Aiutateci». Gli aiuti vengono garantiti e anche i soccorsi. Ma il governo italiano ha annunciato di aver avviato una inchiesta sulla bandiera battuta dalla nave, che ha come finalità principale quella di capire se si tratti di una bandiera di comodo. Le prime risposte giunte dall'Olanda lasciano pensare che la Lifeline sia una nave pirata. Se al termine dell'indagine la nave dovesse risultare senza bandiera, scatterebbe il sequestro. C'è un precedente: a Catania qualche anno fa approdò una nave mercantile con a bordo 323 migranti siriani. Era partita da Istanbul con destinazione dichiarata Beirut. In realtà, scoprì l'autorità giudiziaria, il mercantile partì da Istanbul, si diresse ad Alessandria d'Egitto per fare infine rotta verso la Sicilia. La bandiera era moldava ma l'armatore era di nazionalità diversa. Nel corso della navigazione la nave si era presentata alle capitanerie di porto con più nomi. E al suo arrivo in Italia ha trovato un decreto di sequestro. Una storia che ora potrebbe ripetersi. Fabio Amendolara <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/ma-leuropa-degli-arroganti-da-oggi-comincia-a-cadere-a-pezzi-2580645221.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="ma-quale-isola-satura-di-immigrati-a-malta-nel-2017-sono-sbarcati-in-23" data-post-id="2580645221" data-published-at="1757654930" data-use-pagination="False"> Ma quale isola satura di immigrati. A Malta nel 2017 sono sbarcati in 23 Ma quanto è brava Malta, ma quanto è accogliente Malta, non possiamo chiedere ai fratelli maltesi ancora degli sforzi, hanno già fatto tanto, così piccolini di fronte a un'emergenza tanto grande. Quante volte abbiamo sentito questi luoghi comuni sulla stampa mainstream, sempre pronta a idolatrare chiunque non sia l'Italia dei populisti. Sembra quasi che tutti accolgano immigrati tranne noi, quando è vero esattamente il contrario. Il caso di Malta è eloquente, in questo senso. Certo, con i suoi 316 chilometri quadrati, l'isola ha risorse limitate. Ma, per favore, non veniteci a dire che persino loro sono un esempio di politica delle porte aperte. Basti pensare a un solo dato: nel 2017 sono sbarcate sull'isola appena 23 persone. Non è un errore: parliamo di meno di due dozzine di immigrati. Uno studio sulle politiche di accoglienza maltesi pubblicato sul sito True Numbers ha infatti mostrato come gli sbarchi a Malta siano di fatto crollati a partire dal 2013. Il numero massimo di persone arrivate sulle coste dell'isola si è avuto nel 2008 con 2.775. L'andamento tra 2004 e 2009 è stato piuttosto regolare, con un numero di arrivi tra i 1.300 e i 2.700 per ogni anno. Nel 2010 vi è stato un fortissimo calo a 47 casi per risalire poi agli stessi livelli degli anni precedenti fino al 2013. Cinque anni fa, però, è iniziata una parabola discendente che ha quasi azzerato gli arrivi: 568 nel 2014, 104 nel 2015, 25 nel 2016 e, appunto, solo 23 nel 2017. «Ciò significa che anche Malta, come alcuni altri Stati europei, ha chiuso le frontiere, ha “chiuso il mare", si potrebbe dire in questo caso», chiosa True Numbers. Negli ultimi anni sono anche diminuiti gli immigrati ammassati nei centri di raccolta in attesa di vedere la propria posizione giuridica esaminata dalle apposite commissioni. Nel 2017 vi si trovavano 907 persone, in crescita rispetto alle 673 del 2016, e alle 604 del 2015, ma in netto calo rispetto ai 1.499 del 2013, e ancora maggiore nei confronti dei 2.200 del 2010. Da dove arrivano questi immigrati, se negli ultimi anni sono sbarcate poche decine di persone? Nella maggior parte dei casi si tratta di persone non arrivate via mare, ma in altri modi o già presenti sull'isola. La percentuale di accettazione delle domande di protezione è alta, circa il 58,4%. Ma anche questo dato non deve essere letto come un indice di una volontà di accoglienza che, di fatto, a La Valletta non esiste. «Secondo l'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr)», scrive True Numbers, «dei 19.000 giunti via barca (che non sono tutti coloro che sono arrivati) dal 2002, comunque, solo il 30% si è trattenuto a Malta. Una parte, essendo irregolari, nessuno sa dove siano finiti, ed è presumibile che, se non sono stati rimpatriati, abbiano provato ad andare in Europa via mare come clandestini. Degli altri, di coloro che hanno goduto di uno status di protezione, spesso la maggioranza cerca di andarsene e infatti una buona parte è finita negli Stati Uniti. Sì, perché in base ad accordi tra i due governi 3.281 persone sono state ricollocate oltreoceano. Ogni anno gli Usa si sono presi centinaia di rifugiati da Malta, con un picco di 577 nel 2014». Si tratta di un accordo stipulato fra le autorità maltesi e il governo guidato all'epoca da George W. Bush, poi confermato da Barack Obama, ma che Donald Trump vorrebbe bloccare. Facile farsi belli con l'accoglienza degli americani, quindi. E anche la realtà degli immigrati accolti va esaminata con la lente d'ingrandimento, perché il trucco c'è, ma non si vede. Leggiamo ancora sul portale di data journalism: «Nel 2017 dei 460.297 residenti a Malta avevano cittadinanza maltese l'88,2%, ovvero 405.976 persone. Erano il 93,2% nel 2014. Vi è stato quindi un deciso aumento dell'immigrazione a Malta, tuttavia soprattutto da Paesi europei. Tra il 2014 e il 2017 gli europei sono quasi raddoppiati, passando da 13.810 a 24.073. In grandissima parte si tratta di inglesi». In pratica, hanno dato una casa a quelli che scappavano dalla Brexit. Adriano Scianca
Charlie Kirk (Getty Images)
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