2020-03-30
L’urlo dei sindaci: ci prendono in giro
Un incontro del 27 novembre 2019 a Palazzo Chigi tra Giuseppe Conte, Roberto Gualtieri e una delegazione dell'Anci (Ansa)
Il blocco delle attività riduce le entrate degli enti locali e ne accresce le spese sociali. Il governo prima li ha completamente ignorati e poi se l'è cavata con una mancetta.Una mancetta. Ai Comuni Giuseppe Conte e il suo governo riservano pochi soldi che suonano come una beffa. Sì, una presa in giro, perché i 4,3 miliardi previsti dal decreto firmato sabato sera dal presidente del Consiglio non rappresentano affatto risorse aggiuntive. Non sono altro che un'anticipazione del Fondo di solidarietà comunale: cioè soldi dovuti ai Comuni, previsti per maggio e semplicemente erogati un mese prima. Quindi somme già inserite nella contabilità degli enti e nei bilanci di previsione approvati nel 2019. I 400 milioni di euro aggiuntivi per i bonus cibo sono briciole: in media, meno di 7 euro per ogni cittadino. Il decreto assegna anche un'incombenza in più ai sindaci, come se non ne avessero abbastanza. Dovranno gestire la distribuzione ai cittadini più bisognosi di questi 400 milioni di euro. Ai sindaci dunque spetterà il compito, o meglio l'onere, di stabilire a quali famiglie andrà questa sorta di tessera annonaria. Ci sarà il solito balletto di aspettative e delusioni, contestazioni e rivendicazioni, complicati da una burocrazia di cui Conte ha promesso una semplificazione di cui, finora, non c'è traccia. Un caos già visto quando, dopo il sisma del 2016, si trattò di assegnare le prime casette.domande senza rispostaIl governo continua a procedere a tentoni e lascia ancora senza risposta il grande problema che affligge i sindaci: il buco in bilancio dovuto al mancato gettito delle tasse locali su imprese e attività commerciali costrette a fermarsi per la crisi. In gioco ci sono entrate per oltre 3 miliardi tra tassa di soggiorno, tassa di occupazione del suolo pubblico, sulla pubblicità, rette degli asili nido e multe da infrazioni automobilistiche. A queste voci va aggiunta la Tari, l'imposta sui rifiuti che vale 10 miliardi di gettito l'anno, e l'Imu sugli immobili commerciali, che garantisce 20 miliardi. Complessivamente la crisi rischia di compromettere un gettito che annualmente supera i 30 miliardi di euro.La tassa di soggiorno, vero polmone di ossigeno soprattutto per i Comuni in disavanzo, porta ogni anno circa 450 milioni di euro. Dal 12 marzo però i rubinetti si sono chiusi. Alberghi, case vacanza, strutture ricettive di qualsiasi tipo, dalle pensioni agli agriturismi, hanno interrotto l'attività. Anche quando riapriranno, e su questo non ci sono date certe, dovranno fare i conti con un flusso turistico azzerato. Il turismo porta 60 milioni di presenze l'anno e attiva il 13% del Pil nazionale.Ristoranti, bar, mercati, punti di ristoro che hanno tavolini all'aperto pagano la tassa di occupazione del suolo pubblico che lo scorso anno ha portato 842 milioni di euro. I Comuni traggono risorse anche dalle affissioni pubblicitarie, ma difficilmente le aziende che resteranno ferme per chissà tanto ancora vorranno continuare a investire su questa voce. Sono circa 420 milioni incassati nel 2019 che quest'anno ballano.trasporti fermiLe misure di restrizione hanno ridotto gli spostamenti in auto e di conseguenza c'è stato un crollo delle multe. Prematuro fare una valutazione per questa voce, ma per avere un'idea dell'importanza che riveste per il bilancio di un Comune basti dire che l'anno scorso ha fruttato 1,4 miliardi di euro. Rischia di essere compromesso l'incasso dell'addizionale Irpef, legata ai redditi delle persone fisiche, che frutta circa 4,5 miliardi.Va messo in conto poi il calo degli introiti dal trasporto pubblico. Le restrizioni alla mobilità e le precauzioni sanitarie hanno quasi azzerato l'utilizzo dei mezzi, bus, tram e metropolitane, e i mancati incassi dai biglietti non potranno di sicuro essere compensati dalla riduzione delle corse. La romana Atac ricava dalla bigliettazione 265 milioni di euro mentre l'omologa milanese, l'Atm, ben 412 milioni all'anno. Il minor gettito interesserà pure la galassia delle partecipate comunali.Per far fronte al prosciugamento degli incassi, i Comuni stanno riprogrammando le attività. Pensate a Parma che ha dovuto spostare a settembre il Cibus, il Salone internazionale dell'alimentazione, un evento di riferimento dell'estate che l'anno scorso ha portato 82.000 visitatori, il 20% provenienti dall'estero. La città, inoltre, ha dovuto bloccare i progetti legati a Parma capitale italiana della Cultura. Altri rinvii eccellenti sono il Salone del mobile a Milano e il Vinitaly a Verona, eventi di rango internazionale che movimentano un grande giro d'affari cancellati per il 2020. Questo effetto collaterale del coronavirus impatta su situazioni contabili già difficili, soprattutto nel Mezzogiorno. Su 8.000 Comuni circa il 6% si trova in una situazione di conclamato dissesto o pre-dissesto, cioè sono sottoposti a misure stringenti di spesa o hanno avviato un piano di rientro dalla crisi finanziaria. Secondo la banca dati sugli enti in difficoltà finanziaria messa a punto dal ministero dell'Interno e dall'università Ca' Foscari di Venezia, sono 66 i Comuni attualmente in dissesto e circa 100 ci sono passati e ne sono usciti ma vivono ancora in equilibrio precario. Altri 300 hanno avviato le procedure di riequilibrio previste dal Testo unico degli enti locali, modificato nel 2012 dal governo Monti per consentire alle amministrazioni di correre ai ripari quando emerge un disavanzo eccessivo.non un euro in piùAlcuni enti hanno deciso il rinvio del pagamento delle imposte per agevolare le imprese ma in questo modo le entrate si stanno riducendo mettendo a dura prova anche quelle amministrazioni virtuose dotate di risparmi. Se la Tari viene sospesa, il servizio di raccolta dei rifiuti deve essere comunque garantito. I sindaci in questi giorni sono impegnati su due fronti; quello legato all'emergenza sanitaria con gli interventi di sanificazione degli edifici pubblici e delle strade, la predisposizione di presidi di sicurezza dal virus, l'allestimento di piattaforme online per continuare a svolgere l'attività e l'assistenza domiciliare agli anziani e ai disabili. E quello amministrativo che impone la riscrittura dei bilanci di previsione.C'è anche un'altra possibile conseguenza di questa situazione che preoccupa i sindaci. Ed è l'aumento dell'evasione dovuta sia all'impossibilità concreta di far fronte alle scadenze del fisco, per mancanza di incassi, sia alle attese, che si sviluppano ad ogni emergenza, di una sanatoria o comunque di un sostanzioso sconto. Nell'incertezza, anche chi può, è tentato di non pagare.Al momento non sono state prese misure di compensazione del mancato gettito anche se dall'Anci, l'associazione che rappresenta i comuni, il problema è stato rappresentato al governo in modo pressante. Il presidente dell'Ifel, fondazione Anci per la finanza locale, Guido Castelli, lancia il sasso: «Il decreto Cura Italia si limita a qualche misura di superficie: differimenti di termini, sospensione di scadenze, flessibilità per il personale e qualche facilitazione burocratica. Ci aspettavamo altro in tutta onestà. Soprattutto risorse e liquidità per provvedere ai servizi essenziali che vengono comunque erogati dalle amministrazioni del territorio, vittime di una tensione finanziaria che rischierà di portare molti Enti in prossimità del default». Castelli sottolinea che «quando verrà il momento di pagare Imu e Tari, bisognerà mettere in conto una cospicua perdita di gettito, perché molte famiglie non saranno in grado di pagare».