2019-03-11
«L’Unione Europea mi ricorda molto il regime sovietico»
L'ex presidente della Repubblica ceca Václav Klaus: «I Paesi dell'Est oggi sono meno liberi che nell'Urss. Salvini? Sta difendendo l'Italia». Václav Klaus è stato l'ultimo primo ministro della Cecoslovacchia e il primo della Repubblica ceca. Presidente tra il 2003 e il 2004, ha promosso l'apertura del suo Paese al libero mercato, ma è sempre stato euroscettico. La Verità lo ha intervistato in occasione della sua partecipazione, sabato scorso a Roma, all'evento Europa sovranista, promosso dal think tank Nazione Futura. È vero che l'Unione europea è il seguito del processo di liberalizzazione che i Paesi dell'Europa orientale hanno intrapreso quando l'Unione Sovietica è crollata? «Al momento della caduta del comunismo, la Repubblica ceca voleva diventare un Paese europeo normale. Ma dopo ci siamo resi conto che non è possibile essere un Paese europeo normale senza entrare nell'Unione Europea. Ma la normalità e l'Unione Europea sono due cose diverse…». Non esageriamo. «No, sul serio. Per noi l'Unione Europea non è un simbolo di liberazione, di libertà e democrazia». E cos'è? «È un simbolo di postdemocrazia, di iper regolamentazione e di un'attitudine ostile al mercato». Direbbe che certe posizioni dell'Ue, sulla globalizzazione, sul desiderio di regolamentare anche le questioni etiche, siano simili a quelle dell'Urss? «Ci sono molte somiglianze con l'esperienza che noi cechi abbiamo vissuto 30, 40 anni fa, sotto il dominio sovietico». Ad esempio? «Non voglio apparire semplicistico o fare paragoni grossolani. Ma in entrambi in casi, quello dell'Urss e quello dell'Ue, i processi decisionali non si svolgono al livello dei singoli Stati nazionali. Le regole si stabiliscono da qualche parte lontana: un tempo a Mosca, oggi a Bruxelles». È per questo che nell'Est Europa soffia questo vento sovranista? «Indubbiamente, questo è un aspetto cui i Paesi ex sovietici sono particolarmente sensibili. D'altronde, l'istanza cruciale della rivoluzione di velluto, che portò alla dissoluzione del regime comunista cecoslovacco, era, come oggi, quella del recupero della sovranità». Siete diventati illiberali? «La gente da noi non è contraria al libero mercato e alla democrazia. Anzi, direi che è molto più favorevole a queste due cose che non in Europa occidentale. Però…». Però… «Non direi che oggi in Europa c'è un vero libero mercato. Noi lo volevamo e infatti avevamo avviato enormi piani di liberalizzazione. L'ho fatto anch'io. Ma quello che stiamo ottenendo oggi dall'Ue è un ritorno al vecchio sistema. Abbiamo meno libertà di 30 anni fa». Lei si è pentito delle liberalizzazioni? «No. Mi pento dell'ingresso nell'Unione Europea». Nell'Ue c'è un deficit di democrazia? «Sì. I politici europei sono lontani dagli elettori. E gli elettori non hanno alcuna opportunità di influenzare le decisioni che vengono prese a Bruxelles. Di nuovo: in tema di democrazia, si vede qualcosa di molto simile al passato…». Dicono che il ritorno dei nazionalismi metta in pericolo la pace. «Non sono affatto d'accordo con l'idea che il nazionalismo costituisca un problema e che l'Unione Europea sia l'istituzione che garantisce la pace». Non è così? «L'amore per la patria viene costantemente paragonato dai leader europei al nazismo. Non fanno altro che parlare di Adolf Hitler come simbolo del nazionalismo. Ma nessuno di noi sta evocando quel tipo di nazionalismo». Cosa chiedono allora i sovranisti? «Vogliamo conservare gli Stati nazionali. Non vogliamo essere governati da Bruxelles». L'immigrazione ha contribuito ad alimentare l'euroscetticismo in Europa orientale? «In alcune fette della popolazione, sicuramente sì. Nel caso di persone come me, che criticano da 30 anni l'Unione Europea, l'immigrazione è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso». Ma non crede che quello che sta succedendo in Paesi come l'Ungheria o la Polonia possa mettere in pericolo la democrazia, l'indipendenza del potere giudiziario, la libertà di stampa? «Questa è solo la tesi del compagno Jean Claude Juncker, del compagno Donald Tusk e di quell'altro belga… Come si chiama…». Guy Verhofstadt? «Sì, proprio lui». Anche lui le ricorda i dirigenti sovietici? «Sì: il compagno Verhofstadt». Le loro sono accuse infondate? «I Paesi che sono stati sotto il dominio comunista sono sensibili a queste cose, forse anche troppo. Ogni volta che sentiamo odore di violazioni della libertà e della democrazia, facciamo resistenza». L'Unione Europea però ha più volte evocato la procedura d'infrazione per punire Ungheria e Polonia per aver violato i principi fondamentali dell'Ue. «Io non penso che il compagno Juncker, il compagno Verhofstadt e il compagno Tusk siano i padroni o i custodi dei valori europei. Spero che le prossime elezioni ci aiutino a farli smettere». I Paesi dell'Est sono ingrati? Prendono i fondi dell'Ue ma non vogliono rispettarne le regole. «La Repubblica ceca non prende tutti questi soldi da Bruxelles. Non li vogliamo, non ne abbiamo bisogno. Sarei felice di non ricevere nemmeno un euro dall'Ue. I fondi sono solo fonte di corruzione». Fonte di corruzione? «Ha presente cosa è successo in Africa e in America Latina con gli aiuti, no? Alimentano la corruzione. Siamo contrari al concetto degli aiuti stranieri. Quindi, per favore, non ci date soldi. Ma mi lasci chiarire un'altra cosa». Prego. «La Repubblica ceca è il Paese più sviluppato in Europa centrale e orientale. Ha un Pil pro capite non di molto inferiore a quello italiano. E prende meno finanziamenti dei Paesi dell'Est meno sviluppati. Per favore, lo scriva». Scriviamo tutto. Cosa pensa dell'euro? «L'euro è un tragico errore». Un tragico errore? «Certo. Io sono un docente di economia, questa è la mia materia. È stato un errore aver cercato di omogeneizzare le diverse economie europee. Ovviamente, da questo processo alcuni sono usciti vincitori e altri perdenti». I vincitori parlano tedesco? «Tra chi ci ha guadagnato c'è sicuramente la Germania. E tra i perdenti c'è la Grecia al primo posto». E l'Italia? «L'Italia è uno dei Paesi che ci ha perso. Starebbe meglio se avesse ancora la lira». Allora i Paesi mediterranei dovrebbero lasciare l'eurozona? «Non voglio suggerire a nessuno di uscire dall'euro. Ma se mi chiede se i Paesi mediterranei ci hanno perso a stare nell'eurozona, beh, rispondo di sì». Che pensa del progetto di riforma dell'Unione Europea di Emmanuel Macron? «La scorsa settimana, con l'Istituto Václav Klaus, abbiamo pubblicato un comunicato radicale, davvero radicale, per rigettare totalmente le idee del signor Macron». Le rigettate totalmente? «Sono estremamente pericolose. Creerebbero un'Ue ancora più schiava delle regolamentazioni e della burocrazia, ancora più antidemocratica. Un mostro progressista». Questa Europa si può riformare o no? «Non è la domanda giusta...». E qual è la domanda giusta? «Se l'Unione Europea si possa riformare. Europa e Unione Europea sono due cose molto diverse… Giovedì prossimo terrò un discorso a Francoforte dal titolo: “L'Unione Europea non è l'Europa"». Cos'è l'Europa? «L'Europa ha una storia, una cultura, è fatta di città e nazioni molto antiche». L'Unione Europea invece? «È un artificio. Un'istituzione creata dall'uomo che ha avuto un inizio e avrà una fine». Quindi secondo lei è più probabile che l'Ue imploda, piuttosto che venga riformata? «Il mio auspicio è che imploda. Ma realisticamente credo che non imploderà né sarà riformata». Cosa succederà allora? «Temo che navigheranno a vista. Cercheranno di cavarsela alla meno peggio, continuando a fare gli stessi errori senza andare avanti di un passo». Secondo alcuni, una spinta verso una maggiore integrazione sarebbe quella di costruire un esercito europeo. «Sono assolutamente contrario. Dovremmo dare i nostri soldati a un generale tedesco?». Beh, per l'Unione Europea i Paesi dell'Est sono importanti come argine all'espansionismo russo. «A parte che la Repubblica ceca non è un Paese dell'Est, ma dell'Europa centrale. E poi voi ragionate ancora come durante la guerra fredda». Ostilità preconcetta alla Russia? «La Russia non è mai stata una nazione europea in senso stretto. E ovviamente Paesi come il mio hanno sofferto il dominio sovietico. Ma è pur vero che la Russia non va demonizzata. Dopo la fine del comunismo ci sono stati cambiamenti importanti. E la Russia merita di essere riconosciuta e rispettata». Il governo italiano sta discutendo una riforma della legittima difesa. Di recente, se non erro, in Repubblica ceca avete varato una riforma costituzionale per introdurre il diritto per ogni cittadino di detenere armi. «Noi non abbiamo fatto un bel niente di nostra iniziativa. È stata l'Unione Europea che ha cercato di introdurre restrizioni sulla vendita e sul possesso di armi. E noi abbiamo reagito respingendole. Punto e basta». Proporrebbe anche all'Italia il vostro modello? «Non vogliamo essere un modello. Semplicemente ci limitiamo a rifiutare i diktat dell'Ue sulle armi». Del governo italiano che ne pensa? «Confesso: non sono un esperto di politica italiana. E non è un modo di svicolare…». No? Allora ci dia un parere… «Credo che quello che sta facendo il signor Matteo Salvini, cioè chiudere i confini, difendere il vostro territorio, difendere il Paese, sia qualcosa di assolutamente razionale e necessario».
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