2018-10-03
L’umanità può mantenere l’equilibrio solo se la natura non viene rinnegata
Secondo il neurofisiologo Paul Donald Mac Lean, abbiamo tre cervelli. Il più antico è quello rettiliano, fondamentale per la nostra sopravvivenza perché vuole vivere e riprodursi sempre. Gli altri due cervelli sono il limbico e la corteccia cerebrale, dove c'è la sede della conoscenza. Ma se questa non è in armonia con il cervello più arcaico, ogni ipotesi di equilibrio viene frantumata. Perché noi non siamo puri spiriti: siamo incarnati. Perché noi siamo natura e cultura, e la natura non può essere rinnegata, anche se a volte può tingersi di aggressività e diventare feroce.Secondo il neurofisiologo Paul Donald Mac Lean, sono riconoscibili tre livelli nel nostro cervello. La parte più antica è il cervello rettiliano, quello fondamentale alla nostra sopravvivenza. Nel cervello rettiliano ci sono il centro del respiro, quello della sete e quello della fame. È il cervello più arcaico. È il cervello più forte. È cieco e sordo, non comunica con nessuno, non gliene importa un fico di niente, salvo che della sopravvivenza dell'individuo, sopravvivenza che preserva con la percezione del dolore. Come un antico idolo scolpito nella pietra, senza sguardo né sorriso, il cervello rettiliano custodisce la nostra vita. Non è possibile suicidarci smettendo di respirare. Anche davanti alla sofferenza più atroce, alla morte più orrenda, non possiamo suicidarci smettendo di respirare. Non appena il tasso dell'anidride carbonica sale, il cervello rettiliano reinserisce il respiro. Senza questo meccanismo di difesa potremmo evitare di bruciare vivi o morire sotto tortura, è vero, ma senza questo meccanismo ci suicideremmo tutti, per dispetto, magari a 5 anni, perché non ci hanno comprato il gelato o a 16 perché ci hanno bocciato. Il cervello rettiliano odia la fame, la odia con tutta la sua arcaica potenza ed è lui il maledetto che fa fallire le diete, perché quando ne ha abbastanza di 80 grammi di fesa di tacchino scondita e 100 grammi di zucchini innesta il meccanismo dell'abbuffata, termine tecnico con cui si indica l'ingestione di grandissime quantità di cibo in tempi minimi, che avviene in uno stato alterato di coscienza, quasi di trance: il cervello rettiliano ha staccato la spina ai cervelli superiori, la forza di volontà è disinserita, non può più intervenire. Chiunque abbia mai cercato di seguire una dieta lo maledice, in realtà è lui che ha salvato la vita, ha impedito l'anoressia mortale, la morte di inedia.Il cervello rettiliano vuole vivere sempre e vuole riprodursi sempre. Il suicidio e l'aborto, che sono una forma di suicidio differito, sono sempre frutto di una volontà parziale, una parte dell'individuo la vuole. La volontà non è mai totale. Quando rispettiamo la volontà di una persona di suicidarsi e abortire, essendo l'aborto il suicidio della discendenza, appoggiamo la violenza di una parte dell'io su un'altra parte.Il cervello rettiliano custodisce anche l'istinto sessuale e qui vale la pena di fermarsi a considerare che cosa è la sessualità: la sessualità è un modo della biologia per creare la generazione successiva mediante l'unione di due gameti complementari , maschile e femminile. Dove non c'è l'incontro di maschile e femminile, il cervello rettiliano è fuori dai giochi ed è fuori dai giochi anche la sessualità, termine che non dovrebbe essere più usato. Quando non c'è incontro tra maschile e femminile abbiamo l'erotismo. La masturbazione è autoerotismo, lo scambio di effusioni erotiche con persone dello stesso sesso è omoerotismo. Questo è l'unico termine biologicamente corretto. Omosessualità è biologicamente un ossimoro, una contraddizione in termini.Il cervello limbico lo abbiamo in comune con gli altri mammiferi, e poi c'è la corteccia cerebrale, che non abbiamo solo noi, ma noi ce l'abbiamo in una maniera straordinaria e lì c'è la sede della conoscenza, certo, e della coscienza anche, del nostro essere uomini, della nostra incredibile ferocia e della nostra incredibile compassione, ma il cervello corticale deve essere in armonia con i cervelli arcaici, perché noi non siamo puri spiriti, siamo incarnati, perché noi siamo natura e cultura e la natura non può essere rinnegata, altrimenti ogni ipotesi di equilibrio è frantumata..La maternità è l'emozione più antica. La prima creatura in cui compare l'istinto della maternità è l'alligatore. Contrariamente alla tartaruga che depone le uova e se ne va per i fatti suoi, e quando nascono i piccoli, che si arrangino, l'alligatore madre si occupa della sua prole. Le madri alligatori sono semplici e brutali: se qualcuno tocca il loro piccolo lo fanno a pezzi. Il sistema comporta due vantaggi: il piccolo sopravvive e i brandelli del mancato aggressore sono immediatamente riconvertiti in merenda. Forte di idee lodevolmente poche quanto lodevolmente chiare, di artigli e zanne micidiali e di una mandibola che è la più` potente in natura, l'alligatore mamma si candida trionfalmente al posto di madre ideale. Disperso in giri e giri di circonvoluzioni cerebrali di un cervello enorme, prodigiosamente potente e con prodigiose possibilità di disfunzione, l'istinto materno umano, l'accudimento, periodicamente deraglia.A questo si aggiunge l'ambivalenza: l'amore assoluto può essere autentico e al contempo tingersi di aggressività. L'ambivalenza è un fenomeno impalpabile e sottile, che può essere presente anche dove le madri siano agiate, i salotti luminosi e i bambini ferocemente voluti e amati. Con la sua prepotente presenza, la sua costante necessità di attenzione, il bambino riempie tutta la vita della madre, che può ritrovarsi ad avere una nostalgia inconfessabile e spasmodica per una conversazione adulta, per la discoteca, il viaggio in moto, due capitoli di qualche cosa letti senza che nessuno venga a interrompere 20 volte. In più la ridicola e risibile pretesa della pedagogia contemporanea che le madri siano sempre sorridenti, felici, attente, capiscano sempre perché il neonato piange e che non sbaglino mai, ha spaventosamente aumentato la pressione. Che mamma possa essere cattiva, una carogna, una vera iena, è un segreto che tutti conservano gelosamente chiuso nel loro cuore. Nelle fiabe, quindi, la mamma cattiva, che tutti almeno una volta si sono trovati sulla strada, viene nascosta nella matrigna, così che possa finalmente essere raccontata, possa essere messa in scena, continuamente sotto i riflettori, mentre contemporaneamente si può continuare a far finta di non averla mai vista né conosciuta.Noi madri umane, contrariamente a mamma alligatore, sappiano raccontare la fiabe. Uno a zero per noi.
Charlie Kirk (Getty Images)
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