2021-11-12
Ora Lukashenko ci ricatta con il gas. E i papaveri Ue si spaccano sul muro
Alexander Lukashenko (Getty Images)
L'autocrate bielorusso usa i migranti come arma di pressione e alza il tiro: «Se vi tagliassimo le forniture?» Mentre continua la diplomazia a due Putin-Merkel, la Commissione smentisce Michel sul blocco dei confini.Polonia: nel pieno dell'escalation il Parlamento europeo condanna la legge che fissa paletti all'aborto. È solo l'ultima ingerenza sullo Stato sovrano dopo quelle su giustizia e diritti umani.Lo speciale contiene due articoli.La crisi migratoria in atto tra Minsk e Bruxelles si sta facendo sempre più grave. Ieri, il presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, ha infatti minacciato di tagliare le forniture di gas all'Ue in risposta alle nuove sanzioni con cui le alte sfere europee intendono colpire la Bielorussia. «Riforniamo l'Europa con il calore, eppure minacciano di chiudere il confine. E se chiudessimo il gas naturale lì? Pertanto, consiglierei alla leadership polacca, ai lituani e ad altri individui con la testa vuota di pensare prima di parlare», ha tuonato Lukashenko, riferendosi al gasdotto Yamal-Europe, che attraversa Russia, Bielorussia e Polonia, per arrivare infine alla stazione di compressione di Mallnow (in Germania). «Non dovremmo fermarci davanti a nulla per proteggere la nostra sovranità e indipendenza», ha proseguito il presidente bielorusso. Tali dichiarazioni, neanche a dirlo, hanno determinato ieri un incremento del prezzo del gas. Tutto questo, mentre - come sottolineato da Bloomberg News - circa il 20% dei flussi di gas russo diretti quest'anno verso l'Unione europea ha attraversato il territorio bielorusso, principalmente proprio tramite il gasdotto Yamal-Europe. Tra l'altro, le parole di Lukashenko sono arrivate mentre si registravano ulteriori problemi nella fornitura di gas proveniente dalla Norvegia. Parole che tuttavia, secondo la leader dell'opposizione bielorussa Svetlana Tikhanovskaya, celerebbero in realtà un bluff. Ricordiamo che, da lunedì scorso, ingenti flussi migratori stiano premendo dalla Bielorussia sui confini dell'Unione europea: l'altro ieri, alcuni migranti sono tra l'altro riusciti a sfondare le recinzioni difensive e ad entrare in territorio polacco, dove sono stati arrestati dai locali agenti di frontiera. Secondo Varsavia e Bruxelles tale crisi sarebbe stata strumentalmente creata dallo stesso Lukashenko (d'intesa col suo stretto alleato, Vladimir Putin) in risposta alle sanzioni che erano state imposte dall'Ue a Minsk nei mesi scorsi per violazione dei diritti umani. Sebbene Russia e Bielorussia abbiano respinto queste accuse, Deutsche Welle ha recentemente riferito di un sistema internazionale di traffico migratorio, messo appositamente in atto da Lukashenko con lo scopo di mettere l'Ue sotto pressione. Tra l'altro, il Cremlino continua a rivelarsi un attore centrale in questa crisi. Stando al Financial Times, Mosca ha inviato ieri per il secondo giorno consecutivo dei bombardieri con capacità nucleare nello spazio aereo bielorusso. Tutto questo, mentre - sempre ieri - Putin ha avuto una nuova telefonata con il cancelliere tedesco, Angela Merkel: nell'occasione, il presidente russo ha auspicato un «ripristino dei contatti» tra Bielorussia e Ue. È in questo complicato quadro che Bruxelles sta mettendo a punto delle nuove sanzioni. «Molto rapidamente all'inizio della prossima settimana ci sarà un ampliamento delle sanzioni contro la Bielorussia», ha dichiarato l'altro ieri il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che si era confrontata sul tema anche con il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. In particolare, l'Ue punta a mettere nel mirino alcune decine di funzionari ed entità bielorussi, tra cui il ministro degli Esteri, Vladimir Makei, e la compagnia aerea Belavia. In riferimento poi alle minacce sul gas, è intervenuto il commissario europeo per gli affari economici, Paolo Gentiloni, che ha dichiarato: «Certamente non ci facciamo intimidire dalle minacce di Lukashenko». Sta inoltre facendo discutere la recente apertura del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, al finanziamento di muri difensivi alle frontiere: ieri, la Commissione europea ha a tal proposito fatto sapere che la decisione di non sovvenzionare tali barriere «non è una posizione giuridica, ma una posizione politica che la Commissione europea ha assunto da tempo insieme al Parlamento europeo». I ministri della Difesa dei Paesi baltici hanno frattanto emesso un comunicato congiunto, in cui si condanna «inequivocabilmente la deliberata escalation dell'attacco ibrido in corso da parte del regime bielorusso» e si chiede anche un «sostegno pratico da parte dell'Ue per rafforzare la sicurezza delle sue frontiere esterne». Sempre ieri, in occasione della festa dell'indipendenza della Polonia, il premier polacco, Mateusz Morawiecki, ha affermato in un comunicato che Varsavia sia il bersaglio di «una guerra di nuovo tipo»: tutto questo, mentre - nella notte precedente - si erano registrati 468 tentativi di attraversamento della frontiera polacca. Nel frattempo, il ministro dell'Interno ucraino, Denys Monastyrskiy, ha annunciato il dispiegamento di altri 8.500 soldati e 15 elicotteri per presidiare la frontiera con la Bielorussia. Secondo Reuters, Kiev temerebbe infatti che Minsk possa spingere flussi migratori anche verso i suoi confini. Ricordiamo che, appena lunedì scorso, Ucraina e Polonia avessero ribadito la loro storica avversione al Nord Stream 2: gasdotto, di contro, fortemente auspicato proprio dalla Russia. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lukashenko-gas-europa-2655541418.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ma-leurotenaglia-stringe-varsavia" data-post-id="2655541418" data-published-at="1636715474" data-use-pagination="False"> Ma l’eurotenaglia stringe Varsavia Non si arresta la pressione europea sulla Polonia. Ieri, l'Europarlamento ha condannato le restrizioni all'interruzione di gravidanza vigenti nel Paese: la risoluzione è passata con 373 voti a favore, 124 contrari e 55 astenuti. Ricordiamo che, a seguito di una sentenza della Corte costituzionale, in Polonia l'aborto è consentito solo nei casi di stupro, incesto o rischio per la salute della donna: una situazione, questa, finita nel mirino dell'Europarlamento che, al di là della condanna, ha chiesto a Varsavia di rimuovere ogni restrizione, parlando poi di «politicizzazione della magistratura polacca e del collasso sistemico dello Stato di diritto in Polonia». Nel documento si fa inoltre riferimento al recente caso di una giovane donna incinta, morta di sepsi a Pszczyna: una morte che, secondo i suoi famigliari, sarebbe stata di fatto determinata dalla legge sull'aborto vigente nel Paese. Quello con l'Europarlamento, a ben vedere, si configura come l'ennesimo scontro tra Varsavia e le istituzioni europee. A fine ottobre, la Corte di giustizia europea aveva infatti inflitto alla Polonia una multa da un milione di euro al giorno, visto che il Paese non aveva ancora sospeso la camera disciplinare della propria Corte suprema: quella camera disciplinare che, secondo la Commissione europea, infrangerebbe l'indipendenza del potere giudiziario polacco, rappresentando conseguentemente una violazione dello Stato di diritto. Non solo: anche a settembre la Corte di giustizia europea aveva inflitto un'ammenda a Varsavia di 500.000 euro al giorno, dal momento che la Polonia non aveva ancora proceduto con la chiusura della miniera di Turow. Tutto questo, senza dimenticare le dure critiche arrivate da Bruxelles, lo scorso ottobre, alla sentenza della corte suprema polacca, secondo cui alcuni regolamenti europei non risulterebbero compatibili con la carta fondamentale del Paese, oltre al fuoco di fila contro le presunte restrizioni contro gli omosessuali. Insomma, niente di nuovo sotto il sole. Le istituzioni europee continuano le loro pesanti pressioni su Varsavia, in una sorta di manovra a tenaglia. La domanda da porsi è tuttavia se, dal punto di vista geopolitico, l'approccio duro di Bruxelles possa rivelarsi realmente positivo. Innanzitutto ricordiamo che, allo stato attuale, la Polonia si sta trovando a fronteggiare una grave crisi migratoria ai suoi confini orientali, innescata dalla Bielorussia: un problema non soltanto polacco, ma anche europeo. Ebbene, ha realmente senso, soprattutto in un momento come questo, caricare Varsavia di ulteriore pressione politica? In particolare quando è l'intera Ue a dover affrontare - principalmente tramite la stessa Polonia - le azioni ostili di Minsk? Non sarebbe forse più saggio che le istituzioni europee mirassero a incrementare la compattezza? In secondo luogo, si scorge un tema geopolitico anche più generale, che prescinde dalla crisi migratoria in atto ad Est. L'approccio così severo delle istituzioni europee rischia infatti di spingere alcuni Stati membri sempre più tra le braccia della Cina. Una situazione che, negli ultimi anni, si è già in parte concretizzata -seppure per ragioni differenti - con l'Ungheria e la Grecia. Ma che un domani potrebbe riguardare anche la Polonia. Certo: è pur vero che Varsavia sposi un atteggiamento guardingo nei confronti di Pechino. Ma è altrettanto vero che, negli ultimi tempi, i suoi rapporti con il Dragone si siano relativamente consolidati. Perché, alla fine, il problema è sempre lo stesso. Le istituzioni europee difettano di approccio geopolitico.
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