I dati di Terna smentiscono le ecobufale: calo di 0,3 gradi rispetto al 2022. Giù pure i consumi elettrici. Come già a giugno.
I dati di Terna smentiscono le ecobufale: calo di 0,3 gradi rispetto al 2022. Giù pure i consumi elettrici. Come già a giugno.L’apocalisse può attendere. Lo scorso luglio era stato battezzato come «il mese più caldo della storia» e Repubblica ci aveva regalato una prima pagina da incorniciare: «Il caldo come il Covid» (sabato 22 luglio). Un passaggio di testimone tra calamità, per continuare a sognare sempre nuove emergenze, tra esperimenti sociali e transizioni green a caro prezzo (ma con grandi affari per Lorsignori). Poi succede che arrivano i dati mensili sui consumi elettrici di Terna, la società che gestisce la rete di trasmissione nazionale gestita da Giuseppina Di Foggia, e si scopre che forse era l’ennesima botta di eco-ansia. A luglio, i consumi elettrici sono calati del 3,3% rispetto a un anno prima e la temperatura media non solo non è schizzata al rialzo, ma è addirittura calata di 0,3 gradi centigradi rispetto a luglio del 2022. I dati mensili forniti ieri da Terna non tengono conto delle mode e sono testardi, come i fatti. A luglio la domanda di elettricità in Italia è stata pari a 30,1 miliardi di kilowattora, con una flessione del 3,3% rispetto al medesimo periodo del 2022. L’indice che prende in esame i consumi industriali di circa mille imprese ad alti consumi registra una flessione dell’1,2%. E se luglio scorso ha avuto lo stesso numero di giorni lavorativi di un anno prima, la temperatura media è stata inferiore di 0,3 gradi. A parte il dato sulla temperatura, che si spiega da solo, i dati sulla domanda di energia in calo ci segnalano in sostanza tre cose: la congiuntura economica non è delle più brillanti (del resto il Pil del secondo trimestre è sceso dello 0,3% secondo l’Istat); imprese e famiglie hanno probabilmente imparato a gestire meglio i consumi di energia (visti i prezzi) e i condizionatori non saranno rimasti spenti ma non sono neanche andati a pieno regime a causa del caldo. Se si guardano gli altri numeri forniti da Terna, ci si rende conto che una certa narrazione dominante sugli allarmi climatici, al netto del riscaldamento globale che è certamente indubitabile ma forse non completamente addossabile all’uomo, è in buona parte smentita dai fatti. Già i dati di giugno avevano registrato un aumento del 44% della produzione idroelettrica, segno che aveva piovuto parecchio. Il fenomeno è continuato anche nel famoso «luglio più caldo di sempre», con un +32,4% di aumento della fonte idrica. Insomma, il Sahara è vicino ma non vicinissimo. In termini congiunturali, se si destagionalizzano i dati e si corregge l’effetto della temperatura, il dato generale della domanda di energia elettrica di luglio segna un aumento dell’1,2% rispetto a 12 mesi prima, mentre l’indice industriale cala del 2,6%. Cumulando i dati mensili, nei primi sette mesi di quest’anno abbiamo una richiesta di energia in flessione del 5% (-4% rettificato) e l’indice industriale cede il 5,7%.Tornando al mese scorso, quello che doveva essere da horror, la domanda è stata soddisfatta per l’85,6% dalla produzione elettrica nazionale e per il resto dalle importazioni. Ancora scorrendo il report mensile di Terna è interessante notare il ciclo virtuoso sulle rinnovabili: a luglio le fonti rinnovabili hanno assicurato nel complesso 11,6 miliardi di kilowattora, dando risposta al 38,4% della domanda elettrica, contro il 31,3% di un anno prima. E questa produzione green è così ripartita: 38,4% idrico, 33,6% fotovoltaico, 12,4% biomasse, 11,7% eolico, 3,9% geotermico. L’eolico, la fonte preferita dagli ambientalisti, è ripartito (+31,8% dopo un giugno deludente), ma pesa ancora poco sul totale. Se questi sono i numeri, a cominciare dal lieve calo delle temperature, vale la pena ricordare che nelle scorse settimane ci avevano ben terrorizzato. A parte quella prima pagina di Repubblica che teorizzava un’equazione tra Covid e caldo da farci temere il ritorno del green pass anche per andare al supermercato, un po’ tutti i giornali avevano frettolosamente consegnato il luglio 2023 alla storia delle calamità mondiali. Ancora il quotidiano degli Agnelli Elkann, il 27 scorso, titolava: «Luglio 2023 non è ancora finito ma è già il più caldo della storia». Fonte della notizia erano dati provvisori raccolti dal Wmo (Organizzazione meteorologica mondiale), dal sistema satellitare Copernicus e dall’Università di Lipsia. E naturalmente Repubblica offriva la soluzione: «Gli esperti: decarbonizzando siamo ancora in tempo per contenere le temperature». La notizia veniva data nuovamente, anche su vari siti e in tv, l’8 agosto. «Caldo record, a luglio le temperature più alte mai registrate sulla Terra», titolava Il Messaggero, riportando sempre «rilevazioni preliminari» di Copernicus. Chissà come è andata a finire. Qualche dubbio, a questo giornale, era venuto già guardando il report di Terna per il mese di giugno, che segnalava un calo della domanda elettrica del 9,2% sul giugno 2022, con temperature medie mensili in flessione di 2,3 gradi. Il 21 luglio ne avevamo dato conto, osservando che i dati mettevano a tacere i catastrofisti, con un articolo di Carlo Cambi e un editoriale di Maurizio Belpietro («Cassandre climatiche smentite dalla realtà»). Ora che sono arrivati i numeri di luglio, ci si attende che anche i giornaloni prendano atto che luglio 2023, se proprio dovrà entrare nella storia, lo farà per la quantità di eco-balle spacciate.
Leone XIV (Ansa)
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Dopo il doppio disastro nella corsa alle rinnovabili e lo stop al gas russo, la Commissione avvia consultazioni sulle regole per garantire l’approvvigionamento. È una mossa tardiva che non contempla nessuna autocritica.